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14/11/12

Le multinazionali più cattive del mondo


Le multinazionali più cattive del mondo Multinazionali ufficialmente Boicottate

McDonald's - Ristorazione I dipendenti sono sottopagati. Gli animali che forniscono la carne degli hamburger sono costretti a continue gravidanze e vengono imbottiti di antibiotici e farmaci. L'intera "politica pubblicitaria" della multinazionale mira a coinvolgere e convincere i bambini (con regali, promozioni e gadgets). E, ovviamente, quando il bambino rompe i coglioni perché vuole andare da McDonald's, ci va tutta la famiglia. Tre piccioni con un cheesburger. La campagna contro questa multinazionale dura ormai da più di una decina d'anni. La McDonald's è finita più volte sotto processo. Ha pagato diversi milioni di dollari di risarcimento danni ai consumatori. Negli ultimi sei mesi il fatturato è sceso del 13%.

Nestlé - Alimentari La campagna di boicottaggio della Nestlé è nata soprattutto dalla politica della società nella vendita del latte in polvere (qui l'azienda controlla più del % del mercato mondiale). La multinazionale avrebbe provocato la morte di 1,5 milioni di bambini per malnutrizione. La Nestlè incoraggia e pubblicizza l'alimentazione dal biberon fornendo informazioni distorte sull'opportunità dell'allattamento artificiale e dando campioni gratuiti di latte agli ospedali (in particolare negli ospedali del Terzo mondo), o "dimenticando" di riscuotere i pagamenti. Oltre a questo la Nestlè è considerata una delle multinazionali più potenti e più pericolose del mondo. E' criticata per frodi e illeciti finanziari, abusi di potere, inciuci politici, appoggio e sostegno di regimi dittatoriali. Ultimamente è stata presa di mira per l'utilizzo di organismi geneticamente modificati nella pasta (Buitoni), nei latticini, dolci e merendine. Intere aree di foresta vengono distrutte per far posto alle sue piantagioni di cacao e di caffè, dove si utilizzano pesticidi molto pericolosi (alcuni proibiti nei paesi industrializzati). Ecco una lista completa dei marchi di proprietà Nestlè: Acque minerali e Bevande: Claudia, Giara, Giulia, Levissima, Limpia, Lora Recoaro, Panna, Pejo, Perrier, Pra Castello, San Bernardo, San Pellegrino, Sandalia, Tione, Ulmeta, Vera, Acqua Brillante Recoaro, Batik, Beltè, Chinò, Gingerino Recoaro, Mirage, Nestea, One-o-one, San Pellegrino, Sanbitter. Dolci, gelati, merendine: Le ore liete, Cheerios, Chocapic, Fibre 1, Fitness, Kix, Nesquik, Trio, Kit Kat, Lion, Motta, Alemagna, Baci, Cioccoblocco, Galak, Perugina, Smarties, Antica Gelateria del Corso Cacao, caffè e derivati: Cacao Perugina, Nescafè, Malto Kneipp, Orzoro. Carne e pesce: Vismara, Mare fresco, Surgela, Frutta e Verdure (anche sottolio e sottaceto): Condipasta, Condiriso, Berni, la Valle degli Orti Latticini e yogurt: Formaggi Mio, Fruit joy, Fruttolo, Lc1. Olio e derivati: Sasso, Sassonaise, Maggi, Latte in polvere: Guigoz, Mio, Nidina, Nestum.

Philip Morris - Sigarette e alimentari E' la maggior industria del tabacco del mondo. Si stima che solo le Marlboro uccidano più di 75mila americani all'anno. In america è famosa per essere una delle maggiori finanziatrici di politici che intraprendono battaglie per l'abolizione dei limiti e divieti di fumo. Fino al 1998 finanziava gli scienziati perché effettuassero studi da cui risultava che il fumo passivo non era nocivo. Solo nel 1999 ha ammesso che il fumo fa male. Nel 1997 ha accettato, insieme ad altre multinazionale del tabacco di pagare 206 milioni di dollari (in 25 anni) per risarcire lo stato delle spese sostenute per curare i malati "di fumo". La Kraft è stata segnalata perché usa organismi geneticamente modificati nei suoi prodotti. La Philip Morris controlla il marchio Kraft, Fattorie Osella, Mozary, Invernizzi, Invernizzina, Jocca, Linderberg, Lunchables, Maman Louise, Jacobs caffè e Hag, Simmenthal, Spuntì, Lila Pause, Milka Tender, Terry's, Caramba, Faemino, Splendid, Cote d'Or, Baika, Dover, Gim, Philadelphia, Sottilette, Susanna, Leggereste, Mato-Mato.

Unilever - Alimentare e chimica Molte associazioni animaliste come Animal Aid hanno lanciato una campagna contro la Unilever per lo sfruttamento degli animali durante gli esperimenti. E' boicottata anche per i salari e le condizioni di lavoro nelle sue piantagioni in India (dove possiede il 98% del mercato del tè). La Unilever controlla i marchi: Lipton Ice Tea, Coccolino, Bio presto, Omo, Surf, Svelto,Cif, Lysoform, Vim, Algida, Carte d'Or, Eldorado, Magnum, Solero, Sorbetteria di Ranieri, Findus, Genepesca, Igloo, Mikana, Vive la vie, Calvè, Mayò, Top-down, Foglia d'oro, Gradina, Maya, Rama, Bertolli, Dante, Rocca dell'uliveto, San Giorgio, Friol, Axe, Clear, Denim, Dimension, Durban's, Mentadent, Pepsodent, Rexona,

Chiquita - Alimentari E' coinvolta in tutto. Intrighi internazionali, scioperi repressi nel sangue, corruzione, scandali e colpi di stato. Utilizza massicce quantità di pesticidi, erbicidi e insetticidi. Approfitta della sua posizione di potere per imporre prezzi molto bassi delle aziende agricole da cui si rifornisce. Nel 1994 il sindacato SITRAP ha denunciato l'esistenza di squadre armate all'interno delle piantagioni in Centro America e in Ecuador. I lavoratori sono sottopagati, senza alcuna assistenza medica. Le attività sindacali sono represse talvolta con la forza.

Procter & Gamble - Detersivi - Cosmesi e Alimentari Questa multinazionale statunitense (fatturato annuale 76mila miliardi di lire) ufficialmente è boicottata dalle associazioni animaliste (Buav, Peta e Uncaged) perché testa i suoi prodotti sugli animali. Ultimamente però la Procter & G è tornata alla ribalta con le patatine Pringles. Contengono organismi geneticamente modificati. Per quanto riguarda l'ambiente, nonostante le politiche di riduzione degli imballaggi e dei componenti inquinanti, l'azienda rimane una delle maggiori fonti di rifiuti del mondo: i pannolini. In America sono il 2% della spazzatura totale del paese. E' nota anche per appoggiare associazioni "ambientaliste" che difendono le politiche delle aziende e delle grandi industrie. Nel 1997 aveva messo a punto un prodotto di sintesi, battezzato Olestra, da utilizzarsi come sostituto dell'olio. Dopo lunghe pressioni sulla Food and Drug Administrator il prodotto era stato autorizzato all'impiego. E' stato accertato che provoca diarrea e impedisce l'assorbimento di vitamine liposubili. La P&G controla i marchi: Intervallo, Lines, Tampax, Bounty (carta assorbente), Tempo, Senz'acqua Lines, Dignity, Linidor, Pampers, Lenor, Ariel, Bolt, Dash, Tide, Nelsen, Ace, Ace Gentile, Baleno, Febreze, Mastro Lindo, Mister Verde, Spic&Span, Tuono, Viakal, Pringles, Infasil, Heald&Shoulders, Keramine H, Oil of Olaz, AZ, Topexan, Infasil, Dove, Panni Swiffer,

Novartis - Chimica e Alimentari Leader, insieme alla Monsanto nel settore delle biotecnologie. Specializzata nella produzione di mais geneticamente modificato. Distribuisce con i marchi: Isostad, Vigoplus (bevande dietetiche), Novo Sal, Ovomaltine, Cereal, Piz Buin (crema protettiva)

Esso (Exxon Mobil) I Verdi del Parlamento Europeo hanno lanciato una campagna di boicottaggio perché la Exxon, l'industria più ricca del mondo, ha sostenuto fortemente l'abbandono del protocollo di Kyoto per la difesa ambientale da parte degli Stati Uniti.

Multinazionali non ufficialmente boicottare, ma da cui è meglio stare alla larga

Monsanto - Agrochimica gruppo Pharmacia Metà del suo fatturato annuale (34mila miliardi di lire) proviene dalla produzione di erbicidi, di ormoni di sintesi e di sementi geneticamente modificate. Il resto proviene dalle attività farmaceutiche. E' il terzo produttore del mondo di pesticidi e controlla il 10% del mercato mondiale. E' una delle maggiori aziende del mondo nella produzione di sementi geneticamente modificati (capaci di resistere agli stessi erbicidi prodotti dalla stessa Monsanto). Nel 1997, negli Stati Uniti, ha pagato una multa di 50mila dollari per pubblicità ingannevole. Aveva definito l'erbicida Roundup un prodotto "biodegradabile ed ecologico". Ancora nel 1997, in occasione della conferenza sul clima di Kyoto, la multinazionale ha fatto pressioni affinché la conferenza non inserisse gli HFC (idro fluoro carburi, sostanze pericolose perché contribuiscono in misura notevole all'effetto serra) fra i gas da ridurre. Nel 1999 è stata denunciata per abuso di posizione dominante nel settore delle biotecnologie. Sempre nel 1999 è stata denunciata perché testava i suoi prodotti sugli animali. Controlla i marchi: Mivida Misura

Burger King In Gran Bretagna è stata al centro dell'attenzione perché stipulava contratti denominati "a zero-ore". I dipendenti non venivano pagati quando ad esempio il negozio era vuoto e quindi non stavano facendo niente.

Kodak Nel 1990 è stata condannata a pagare una multa di 2 milioni di dollari per essere una delle 10 maggiori produttrici di sostanze inquinanti e cancerogene (è il maggior "emettitore" di metilene cloride degli USA).

Mitsubishi E' coinvolta nell'importazione illegale di legname in Giappone. Sarebbe legata anche al commercio di armi e all'industria nucleare.

Coca Cola Recentemente alcune associazioni di difesa dei lavoratori colombiani hanno deciso di intentare una causa contro la Coca cola per l'omicidio di alcuni sindacalisti. Secondo i portavoce delle associazioni la multinazionale usa vere e proprie squadre della morte per "minacciare" i dirigenti sindacali che intraprendono battaglie per i diritti dei lavoratori. Nei primi sei mesi del 2001 sarebbero stati uccisi 50 dirigenti sindacali, 128 lo scorso anno, piu' di 1500 negli ultimi dieci anni.

Pepsi cola Al centro della campagna contro la Pepsi il fatto che la multinazionale appoggia e sostiene paesi con regimi dittatoriali (Birmania, Messico, Filippine). La Pepsico utilizza inoltre animali nei suoi studi ed esperimenti.

Shell E' accusata di aver ucciso 80 persone e distrutto più di 500 abitazioni durante una manifestazione di protesta in Nigeria nel 1990. Nel gennaio 1993 ha represso con la forza una seconda manifestazione organizzata dagli Ogoni. La repressione fu violentissima: 27 villaggi completamente distrutti, 2mila morti. La multinazionale nega ogni coinvolgimento in queste repressioni violente.

Sun Diamond E' un consorzio di cooperative statunitensi. In Italia distribuisce con il marchio Noberasco. Secondo la sezione sindacale americana Teamstars Local Union usa pesticidi pericolosi. E' stata accusata di licenziare gli scioperanti e dare salari molto bassi. Nel 1985, in un momento di difficoltà finanziaria, la multinazionale ottenne dai lavoratori un'autoriduzione dei salari del 30-40% e un maggior sforzo lavorativo. Nel giro di poco tempo l'azienda recupero' e i profitti aumentarono del 40%. Nel 1991 i lavoratori chiesero di far tornare i salari ai livelli originari, ma invece di accogliere la richiesta, la Sun Diamond licenzio' i 500 dipendenti in sciopero rimpiazzandoli con nuovi braccianti. Controlla i marchi: Diamond, Sunsweet

Walt Disney Ad Haiti possiede una delle maggiori industrie del mondo di abbigliamento. Migliaia di lavoratori poco più che quindicenni, pagati 450 lire all'ora. Lavorano dalle 10 alle 12 ore al giorno. Il rumore all'interno degli stabilimenti è assordante, non si può andare in bagno più di due volte al giorno e la pausa pranzo dura 10 minuti. Si calcola che per guadagnare la cifra che l'amministratore delegato della Disney guadagna in un ora, un'operaia haitiana dovrebbe lavorare 101 anni, per 10 ore tutti i giorni!

Totalfina-Elf Appoggia il regime oppressivo in Birmania. Recentemente è stata al centro del disastro naturale causato dall'affondamento del piattaforma petrolifera Erika.

Industrie farmaceutiche Molte sono le multinazionali farmaceutiche boicottate perché sfruttano gli animali negli esperimenti. Fra i nomi importanti: Bayer, Henkel, Johnson & Johnson, L'Oreal Colgate-Palmolive, Reckitt Banck e Johnson Wax. Nel caso della Bayer citiamo poi il caso Lipobay. 52 persone decedute. Recentemente è stata inoltre aperta un'inchiesta contro la Glaxo per un farmaco antidepressivo, lo Seroxat. Segnaliamo invece come buona notizia la concessione della Roche al governo brasiliano di ridurre del 40% il prezzo di un farmaco anti-aids.

Danone Per aumentare gli utili dell'anno 2000 la Danone, uno dei maggiori produttori e distributori di acque minerali del mondo, decise di licenziare 1800 persone. A Calais 500 famiglie si unirono in una campagna di boicottaggio. Grazie all'intervento di alcune associazioni per la tutela dei consumatori la campagna ha superato le Alpi arrivando anche in Italia (dove la Danone distribuisce con i marchi Saiwa, Galbani e Ferrarelle).

Benetton In Patagonia tutte le terre di Rio Negro sono di proprietà Benetton. Le molte popolazioni tribali che le abitavano sono state segregate in piccole strisce di terra e vengono utilizzati come manodopera. Sotto pagati (200 dollari al mese), ritmi di lavoro estenuanti (10-12 ore), nessuna assistenza medica, nessuna possibilità di riunirsi in sindacati. In estate, alle popolazioni locali è vietato attingere dai fiumi (in alcuni tratti per impedire l'accesso utilizzano il filo spinato e la corrente elettrica), per molti unica risorsa di vita.

Del Monte Ufficialmente la campagna di boicottaggio della Del Monte è finita, con ottimi risultati. Il vecchio direttore delle piantagioni in Kenya è stato licenziato e la multinazionale ha firmato una serie di accordi che prevedono la regolarizzazione delle assunzioni, l'aumento dei salari minimi in modo da coprire i bisogni fondamentali per tutta la famiglia, la garanzia della libertà e delle attività sindacali, la salvaguardia della salute dei lavoratori e la difesa dell'ambiente. L'azienda si è inoltre impegnata in un progetto di monitoraggio e controllo da parte delle associazioni sindacali e del Comitato nazionale di solidarietà.

Fonte: http://www.mediterre.net/brindisisocialforum/multinazionali_pi%C3%B9_cattive.htm

09/11/12

Per Natale, via il foie gras dagli scaffali


Come in California, anche in Italia è bando al foie gras, almeno per quanto riguarda la catena di supermercati con più punti vendita nel nostro Pese: Coop. Per molti è un piatto ricercato e apprezzato, per altri il modo con cui si ottiene, una vera tortura nei confronti di oche e anatre. Seguendo anche il volere della maggioranza dei suoi soci (7.7 milioni), Coop ha deciso lo stop alla vendita del foie gras in nome del benessere animale, eliminando completamente dai propri scaffali il prodotto che ”viene ottenuto tramite l’alimentazione forzata di oche e anatre. Pratica illegale in quasi tutti i Paesi europei – spiegano in Coop – perchè considerata lesiva del benessere di questi animali (rischi di lesioni, patologie al fegato, mortalità), eccezion fatta per quei Paesi come Francia, Bulgaria e Ungheria, dove esiste una specifica tradizione culinaria”.
Gli ordini per questo prodotto sono stati già sospesi dalla nota catena e che “si andrà solo all’esaurimento delle scorte presenti nei magazzini”. Questa non è tra l’altro la prima iniziativa del genere: nell’ottobre del 2011 Coop ha ricevuto il premio ‘Good Chicken 2011‘ da Compassion in World Farming (la maggiore organizzazione internazionale per il benessere degli animali da allevamento), assegnato per i metodi di allevamento delle carni avicole a marchio Coop (prima ancora era stata la volta del premio Good Egg 2010). L’impegno prosegue anche sul fronte ambientale, dove tre dei prodotti a marchio del distributore stanno partecipando al progetto voluto dal ministero dell’Ambiente per l’analisi del carbon footprint (ovvero la quantità di CO2 emessa per realizzare un bene). A cui si aggiungono la linea di prodotti biologici, la linea di cosmetici non testati sugli animali e il premio Leader Europeo 2012 per l’impegno per il miglioramento continuo delle condizioni di vita degli animali. Per il prossimo Natale dunque, menù più salutare per tutti e più benessere per tante anatre..

08/11/12

Coop, Barilla e Amadori vincono 3 premi europei per il benessere animale


Sono tre le aziende italiane che hanno ricevuto quest’anno il Premio Europeo Benessere Animale promosso da Compassion in world farming, l’associazione inglese nata per tutelare la qualità di vita degli animali di allevamento e assegnato due giorni fa a Londra. Con questa iniziativa – da cui traggono beneficio ogni anno oltre 270 milioni di galline, polli, mucche da latte, vitelli e maiali – il gruppo vuole offrire un riconoscimento alle aziende che hanno autonomamente scelto di adottare standard più elevati di quelli imposti per legge. Quest’anno tra i premiati ci sono tre aziende italiane: Barilla, premio Good Egg 2012 per aver scelto di utilizzare uova di galline allevate a terra per tutta la propria pasta all’uovo e in tutta Europa; Amadori, premio Good Chicken 2012 per aver migliorato la qualità di vita dei polli “10+” garantendo loro maggior libertà di movimento e l’uso della luce solare, di trespoli e balle di paglia per favorire comportamenti naturali. Infine Coop Italia è stata premiata come leader europeo categoria supermercati per aver dimostrato di essere la catena di supermercati italiana che in questi anni ha contribuito maggiormente al benessere degli animali da allevamento. «Migliorare le condizioni di allevamento - ha commentato Claudio Mazzini, Responsabile Sostenibilità, innovazione e valori di Coop Italia, - significa non solo garantire agli animali allevati una vita degna di essere vissuta, ma anche migliorare la loro salute con conseguente innalzamento della qualità del prodotto, sia dal punto di vista della sicurezza, sia della qualità organolettica e nutrizionale».
Proprio oggi Coop Italia ha confermato il proprio interesse per il benessere animale annunciando la decisione di non vendere più foie gras ottenuto attraverso l’alimentazione forzata di oche e anitre. Si tratta di metodiche dolorose che la FAO già da dieci anni ha condannato come “una pratica non consentita”. In Italia, come in molti altri paesi europei, è già stata vietata la produzione, ma non la vendita, di questo prodotto e dei suoi derivati. Anche in questo caso quindi Coop Italia – che ha già smesso di ordinare il foie gras e lo sta eliminando dai propri scaffali - ha preceduto i legislatori: al Parlamento di Strasburgo è infatti in discussione la proposta di vietare la produzione del fegato grasso con gli attuali sistemi su tutto il territorio europeo. Nell’attesa, commentano in dirigenti di Compassion in World Farming, non c’è che da augurarsi che le altre catene di distribuzione, italiane e non, seguano l’esempio di Coop Italia. «Le grandi aziende italiane che abbiamo premiato, - ha concluso Annamaria Pisapia, Direttrice Italia di Compassion in world farming, - hanno dimostrato che, a dispetto della crisi, è possibile portare avanti un impegno coerente per il miglioramento delle condizioni di vita degli animali allevati per produrre cibo. Animali che ancora troppo spesso nel nostro paese vengono allevati in condizioni inenarrabili» Tra gli altri premiati del 2012, la catena Pret a manger, il famoso cuoco Jamie Oliver, Burger King UK, Macdonald Hotels&Resorts e il supermercato Sainsbury’s.

07/11/12

Quando i vecchi aerei si trasformano in Hotel


Quale può essere il destino dei vecchi aeroplani non più in funzione e di conseguenza non più utilizzati? Alcuni di essi possono essere trasformati in veri e propri hotel, come è già accaduto in Costa Rica e nei Paesi Bassi. All'interno degli aeroplani è infatti possibile realizzare degli alloggi dedicati ai turisti che appaiono molto più confortevoli di quanto si possa immaginare.
Per quanto riguarda la Costa Rica, con particolare riferimento alla località di Quepos, nei pressi del Manuel Antonio National Park, a partire da un Boeing 727 del 1965 è stata realizzata la suite di un hotel facente parte del Costa Verde Resort. Nella sua vita precedente, l'aereo trasportava i viaggiatori per le compagnie South Africa Air e Avianca Airlines.
Ora l'aeroplano contiene al proprio interno una suite per due persone che si affaccia sulla spiaggia e sull'oceano. L'aeroplano è stato trasportato sul posto pezzo dopo pezzo dall'aeroporto di San Josè ed è stato in seguito rimontato e adattato per la realizzazione di una camera d'albergo con gli interni in legno e dalla vista mozzafiato sul panorama naturale che caratterizza questa località.
Qualcosa di simile è avvenuto nei Paesi Bassi, dove un aeroplano risalente all'epoca della guerra fredda e appartenente a quei tempi alla Germania Est, è stato trasformato in n vero e proprio hotel di lusso con ogni comfort. Esso è situato accanto al Teuge Airport e comprende una suite per due persone con vista sulla pista di decollo e di atterraggio dell'aeroporto.
Al suo interno non mancano una sauna, una vasca idromassaggio e dispositivi ad alta tecnologia. La singolare stanza d'albergo viene inoltre resa disponibile per le riunioni d'affari.
Per 22 anni l'aeroplano era stato utilizzato per trasportare i passeggeri verso Cuba, Russia, Cina e Vietnam ed era stato largamente impiegato nel corso della Guerra Fredda. Prima di trasformarsi in un hotel, esso era stato rinnovato e utilizzato come ristorante per ben 15 anni.

05/11/12

Lavori "verdi": crescono gli assunti


Per uscire dalla crisi si punta sull'ambiente: e' la prassi per quasi un'impresa italiana su quattro. Lo afferma il rapporto "Green Italy 2012" di Unioncamere e Fondazione Symbola, realizzato con il patrocinio dei ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo economico: secondo i dati raccolti, il 38,2% delle assunzioni nel nostro Paese riguardano i settori "verdi" dell'economia. Si tratta, secondo il documento, di una vera e propria rivoluzione che interessa tutto il Paese: in testa c'? la Lombardia con 69.000 eco-imprese, al secondo posto il Veneto con quasi 34.000, al terzo il Lazio con 33.000. Seguono Emilia-Romagna, Campania, Toscana, Piemonte, Sicilia, Puglia e Marche. Nella ricerca si legge che sul totale di 631.000 assunzioni complessive programmate nel 2012, 241.000 provengono da imprese che hanno politiche "eco". Inoltre, delle 358.000 aziende che hanno investito negli ultimi tre anni in tecnologie sostenibili, il 20% prevede assunzioni entro il 2012.

02/11/12

Bottiglie di plastica, la proposta del sottosegretario all'ambiente Fanelli a Genova


Applicare una cauzione sulle bottiglie di plastica per incentivare la raccolta differenziata. Questa la proposta avanzata dal sottosegretario all’Ambiente Tullio Fanelli al Festival della Scienza di Genova durante il convegno “Non sprecare”. L’importo da versare è stato individuato in 25 centesimi, che verranno restituiti al momento della restituzione della bottiglia.

Un incentivo alla raccolta differenziata della plastica che ricorda l’analogo provvedimento al vaglio del governo di Berlino, con un occhio in particolare rivolto verso l’obiettivo percentuale di riciclo a cui l’Italia ha stabilito di arrivare. Come ha riferito lo stesso Fanelli:

Il governo vuole fare come in Germania: quando le bottiglie verranno restituite, i 25 centesimi verranno ridati. Così si incentivano i cittadini a riciclare e si potrà raggiungere l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata sul territorio nazionale.

Incentivare la raccolta differenziata nel caso delle bottiglie di plastica potrebbe però fare la differenza in Italia più che in altri Paesi dell’Unione Europea. A dimostrarlo i dati 2011 sul consumo di acqua in bottiglia, per il quale gli italiani si confermano al vertice della classifica con 196 litri per abitante (primo posto in Europa e terzo nel mondo) a fronte di circa 6 miliardi di contenitori utilizzati.

31/10/12

Pesticidi nel piatto, ecco il rapporto di Legambiente


C’è la faccia rassicurante della medaglia: il numero, stabile rispetto allo scorso anno, dei campioni di frutta e verdura fuorilegge (fermi allo 0,6%) e di quelli legali contaminati da un solo residuo chimico (18,3%). E c’è la faccia preoccupante: complessivamente un terzo (il 36%) dei campioni di frutta e verdura analizzati (dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e uffici pubblici regionali competenti) presenta residui di fitofarmaci, e aumentano i campioni da record, con tanti, fino a nove, principi attivi presenti contemporaneamente. Ecco, in sintesi il risultato di Pesticidi nel piatto 2012, il rapporto annuale di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia (scaricabile in fondo alla pagina cliccando sul link). CLICCA QUI PER SCARICARTI L'INTERESSANTE RAPPORTO DI LEGAMBIENTE

30/10/12

Sosteniamo Manduvirà e la costruzione di uno zuccherificio in Paraguay


Campagna di raccolta fondi in favore della Cooperativa Manduvirà, Paraguay

Parte ad ottobre 2012, nelle Botteghe aderenti, una campagna di raccolta fondi che aiuterà la costruzione del primo zuccherificio di proprietà dei produttori in Paraguay

Per la prima volta nella storia del Paraguay i coltivatori saranno anche proprietari dell’azienda che trasforma la canna da zucchero. Altromercato ha fortemente sostenuto questo progetto, ma mancano circa 80.000 euro per vederlo finalmente realizzato.

Puoi aiutarci a portare a termine questo progetto acquistando nelle Botteghe Altromercato che aderiscono alla raccolta fondi lo zucchero Altromercato, il calendario 2013 che sarà disponibile da ottobre nei negozi oppure attraverso una donazione.

Maggiori informazioni CLICCANDO QUI

29/10/12

Legno ecologico dagli scarti delle banane

Gli scarti dei banani possono tornare a nuova vita. Come? Diventando legno a basso impatto ambientale. Non è utopia ma un progetto già immesso sul mercato dall'azienda Beleaf con un processo innovativo analizzato dal Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC), in collaborazione con WWF Italia.

Com'è nata l'idea di trasformare gli scarti del banano in legno? Questo materiale viene solitamente sminuzzato e interrato dai coltivatori delle piantagioni delle zone tropicali, perché è un ottimo fertilizzante naturale. Ma in superficie è usato anche per contenere la crescita delle erbe infestanti e mantenere il giusto grado di umidità del terreno. Proprio a partire dall’acquisizione di queste conoscenze locali, Beleaf ha puntato sul potenziale riciclo dei fusti di banano.

La nuova materia realizzata grazie agli scarti della coltivazione delle banane presenti nelle aree tropicali potrebbe arrivare a sostituire il legno di pannelli e impiallacciature riducendo gli impatti ambientali del 90%. In sostituzione del classico legno proveniente dalle foreste, l'uso della sola biomassa vegetale, uno scarto, un rifiuto se vogliamo, potrebbe evitare l’uso di risorse primarie forestali, riducendo la deforestazione e l’occupazione di suolo nel caso di impianti fortemente inquinanti.

Oltre a salvare le foreste, il legno prodotto dal banano non necessita di colle e sostanze chimiche inquinanti grazie alla presenza delle resine naturali della pianta. Ma non solo: azzera anche l’impiego di risorse idriche nella catena produttiva perché nel banano è presente un'elevata percentuale d'acqua. Una miniera di salute per l'uomo e l'ambiente. Con un risvolto sociale. Il processo produttivo impiegato da Beleaf per il trattamento del legno ha coinvolto nella fase di raccolta della materia prima (scarti del banano) i piccoli proprietari terrieri a conduzione agricola familiare, escludendo i terreni gestiti da multinazionali. I benefici riguardano dunque l'occupazione in aree del mondo svantaggiate.

Quanto fa bene all'ambiente il nuovo legno? Solo considerando la realizzazioni dei prodotti principali come pannelli e piallacci, vengono rispettivamente risparmiati il 32% e il 58% di emissioni di gas serra, rispetto al processo convenzionale di produzione di impiallacciature di legno. Senza contare i vantaggi legati ad un rallentamento della deforestazione. “Con un minimo sforzo la catena produttiva promossa da Beleaf, che usa materiali di scarto, ha coniugato in questo suo prodotto innovazione di mercato e bassi impatti ambientali, sviluppando un modello replicabile a tutti i Paesi attivi in questa produzione” – ha detto in una nota Massimiliano Rocco, Responsabile Foreste WWF Italia - Oggi più che mai bisogna diminuire la pressione dall’uso massiccio e illegale del legname proveniente dalle foreste tropicali e fare del riciclo un imperativo di vita. Questo nuovo prodotto raggiunge entrambi questi obiettivi, contribuendo alla sfida che noi tutti dobbiamo cogliere di rendere sostenibile la nostra presenza per questo pianeta, che è l’unico che abbiamo.”

27/10/12

La catastrofe certificata, campagna abiti puliti in Pakistan

Le organizzazioni di difesa dei diritti dei lavoratori invitano la Social Accountability International (SAI) a rilasciare informazioni sui buyers della fabbrica e le relazioni degli audit di ispezione - Alle vittime del tragico incendio avvenuto in Pakistan sono negate informazioni cruciali per rivolgersi ai buyer coinvolti - SAI e SAAS si rifiutano di cooperare per individuare i buyers internazionali della fabbrica o di rilasciare le conclusioni dei revisori accreditati - La certificazione SA8000 ha attestato la buona salute della fabbrica Ali Enterprises che è andata a fuoco ed è costata la vita a quasi 300 lavoratori tessili La Clean Clothes Campaign (CCC), il Worker Rights Consortium (WRC), il Maquila Solidarity Network (MSN), l’International Labor Rights Forum (ILRF) e ilNational Trade Union Federation Pakistan (NTUF) richiedono alla Social Accountability International (SAI) con sede a New York e la collegata struttura Social Accountability Accreditation Services (SAAS) a rilasciare tutte le informazioni in loro possesso riguardo la fabbrica tessile Ali Enterprises, dove circa 300 lavoratori hanno perso la vita nell’incendio del mese scorso. Solo un mese prima, la Ali Enterprises aveva ricevuto la certificazione SA8000 dal Registro Italiano Navale Group (RINA), società di ispezione accreditata dal SAAS (Social Accountability Accreditation Services).

La SA8000 è uno strumento che dovrebbe certificare il comportamento eticamente corretto delle imprese e della filiera di produzione verso i lavoratori attraverso il possesso di alcuni requisiti standard, tra cui il rispetto dei diritti umani, il rispetto dei diritti dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro.

L’ 11 Settembre scorso quasi 300 lavoratori sono stati uccisi da un incendio divampato nella fabbrica che produceva jeans per l'esportazione. La fabbrica non era legalmente registrata presso il governo del Pakistan e non aveva assunto la maggior parte dei lavoratori con contratti di lavoro regolari. L’enorme bilancio delle vittime è il risultato di inadeguate uscite di sicurezza, scale bloccate e finestre sbarrate, che hanno impedito la fuga di molti lavoratori dall'incendio.

Nasir Mansoor dalla National Trade Union Federation in Pakistan ha dichiarato: “È incredibile che importanti aziende di abbigliamento e gli enti di accreditamento nascondano il loro coinvolgimento nella fabbrica Ali Enterprises o neghino la loro responsabilità nell’incendio. Le famiglie dei lavoratori deceduti e feriti meritano piena trasparenza in merito al ruolo delle organizzazioni di controllo, che hanno dato un certificato di buona salute per la sicurezza della fabbrica, e dei marchi che sono stati in grado di fare profitti a discapito della sicurezza dei lavoratori.”

In una risposta a una lettera della coalizione dei gruppi internazionali per i diritti dei lavoratori, SAI e SAAS hanno negato ogni responsabilità per l’incendio, opponendo un vincolo alla segretezza come ragione per la quale né loro né la società di revisione italiana, RINA, possono condividere tutte le informazioni di cui dispongono sulla fabbrica . Essi sostengono che sia RINA che SAAS stanno compiendo delle indagini, ma si rifiutano di condividere le loro informazioni con i rappresentanti dei lavoratori in Pakistan.

“I terribili eventi dell'11 settembre mettono in evidenza le debolezze del sistema di certificazione SAI, che ha gravemente deluso chi avrebbe dovuto proteggere”, ha detto Deborah Lucchetti della Clean Clothes Campaign italiana. “Se SAI vuole mantenere un minimo di credibilità deve far cadere il velo della segretezza dietro cui si è attualmente nascosta e iniziare a cooperare con quei soggetti che chiedono giustizia per le vittime dell’incendio alla Ali Enterprises”.

La Clean Clothes Campaign (CCC), il Worker Rights Consortium (WRC), il Maquila Solidarity Network (MSN) e l’International Labor Rights Forum (ILRF) hanno invitato tutti i buyers della fabbrica Ali Enterprises a farsi avanti e a garantire che le vittime del rogo siano pienamente ricompensate, che ai lavoratori vengano pagati i loro stipendi in questo periodo di chiusura della fabbrica, e che misure credibili vengano messe in campo per prevenire che una simile tragedia accada di nuovo. Finora, l'unica azienda che ha ammesso di rifornirsi dalla fabbrica, la KiK, lo ha fatto solo a fronte di prove pubbliche a testimonianza della relazione commerciale con l’azienda pakistana. Nessuno degli altri acquirenti è stato ancora identificato.

Dal 9 al 11 ottobre SAI sta tenendo una riunione del suo Advisory Board a Bologna. Gli attivisti chiedono che il Consiglio si impegni a cooperare con i gruppi di lavoro per garantire la giustizia per questi lavoratori, ad adottare misure per far luce sugli eventi che hanno portato a questa terribile tragedia e a contribuire a garantire che le vittime ottengano l'assistenza di cui hanno bisogno e meritano. Ciò include la pubblicazione delle relazioni degli audit e la comunicazione di informazioni sui buyers dalla fabbrica.

Consiglio di lettura sull'argomento:

I vestiti nuovi del consumatore di Deborah Lucchetti, Altreconomia euro 4,50

Guida ai vestiti solidali, biologici, recuperati: per conciliare estetica ed etica nel proprio guardaroba

È l’ora del cambio di stagione. Questo libro è un prezioso vademecum per rinnovare il guardaroba, coniugando lo stile con il rispetto per l’ambiente e le persone. Una trama che prima svela l’iniquo sistema delle multinazionali tessili e poi spiega i criteri per fare la rivoluzione nel proprio armadio. Per passare dal dire all’indossare trovate qui indirizzi di 100 realtà -produttori, negozi e siti web- con abiti e accessori equi e solidali, biologici e naturali, riciclati o riusati in modo creativo. CLICCA QUI PER ACQUISTARE

Levi's Waste Less: jeans dalle bottiglie di plastica riciclate

Il mondo della moda e dell'abbigliamento sembra iniziare a compiere dei passi importanti per quanto concerne il rispetto dell'ambiente, anche dal punto di vista delle grandi aziende. Un nuovo esempio è giunto negli scorsi giorni da parte di Levi's, marchio di abbigliamento ben noto per la produzione di tessuto in denim e jeans. Levi's fin dal 2008 ha deciso di vietare l'utilizzo di cotone proveniente dall'Uzbekistan in ognuna delle proprie linee produttive, evitando in questo modo di attingere per le proprie materie prime alla zona del mondo maggiormente sfruttata per quanto riguarda la produzione del cotone, che richiede, nella modalità convenzionale non biologica, che è la più diffusa, un largo impiego di pesticidi. In Uzbekistan all'impiego di sostanza chimiche inquinanti per la coltivazione di cotone si uniscono gli esigui salari destinati ai lavoratori e lo sfruttamento minorile. E' anche a causa delle problematiche legate alla produzione di cotone a livello mondiale che l'azienda ha deciso di ricorrere ad una materia di partenza alternativa per la produzione dei propri jeans. Si tratta della plastica riciclata, dalla quale è possibile ricavare una fibra sintetica adatta ad essere utilizzata nell'ambito dell'abbigliamento. E' nata in questo modo la linea Waste Less di Levi's, che comprende jeans e giacche in denim, la cui composizione è costituita per almeno il 20% da materiale riciclato.
Il nuovo materiale impiegato non compromette la morbidezza dei tessuti o la vestibilità degli abiti e contribuisce a veicolare un messaggio positivo di attenzione all'ambiente e di rispetto per l'ecosistema. Recuperare la plastica per realizzare dei tessuti significa alleggerire il loro accumulo nelle discariche o negli inceneritori, quando essi non possono essere riciclati in altro modo. Dal riciclo di bottiglie e di vassoi di plastica è stata ottenuta una fibra in poliestere. Essa viene unita alle fibre in cotone per ricavare un filato adatto ad essere utilizzato per la realizzazione degli indumenti. Tra i modelli interessati dalla novità, che arriverà nei negozi a partire da gennaio 2013, vi sono i jeans da uomo del modello Levi's 511 Skinny e i jeans da donna denominati Levi's Boyfriend Skinny. Della nuova linea farà parte anche la giacca del modello Trucker Jacket. La stessa azienda è fin da ora coinvolta in una campagna promozionale volta a sensibilizzare i consumatori contro gli sprechi legati al mondo dell'abbigliamento. Non tutti hanno infatti la sensibilità di riutilizzare il materiale proveniente dai vecchi jeans che ormai non vengono più indossati da anni per realizzare indumenti o accessori, e non tutti sono soliti regalare o donare in beneficenza i propri vecchi abiti, che vengono così gettati con noncuranza tra i rifiuti.
Ecco allora che per qualcuno di voi potrebbe essere utile sapere che per ogni vecchio paio di jeans riconsegnato nei negozi di abbigliamento inclusi tra i rivenditori autorizzati Levi's sarà riconosciuto un buono sconto di 25 euro per l'acquisto di un nuovo paio di jeans di questo marchio. La campagna per la rottamazione dei jeans ha preso il via il 22 ottobre e chiuderà il prossimo 22 novembre. Per saperne di più clicca qui

26/10/12

Le bustine di te' sono davvero compostabili?

Ci siamo mai chiesti da quali materiali sono composte le bustine di tè e se esse sono davvero completamente compostabili? La risposta potrebbe essere molto meno ovvia rispetto a quanto ci aspettiamo. Le bustine di tè possono essere avvolte in involucri cartacei, da destinare alla raccolta differenziata, ma allo stesso tempo possono contenere inaspettate materie plastiche. Le foglie di tè al loro interno, una volta preparato l'infuso che desideriamo, possono essere gettate nel bidone dell'umido o nella compostiera, oppure riutilizzate creativamente in caso di necessità, come vi avevamo spiegato in un articolo riguardante gli usi alternativi del tè (avanzi di bevanda, bustine e foglie comprese).
Le reali difficoltà sorgono al momento di doversi occupare di smaltire la bustina vera e propria. Le bustine di tè sembrano, all'apparenza, composte unicamente di tessuto, ma in molte di esse possono essere presente delle materie plastiche, come è emerso a seguito di un sondaggio condotto da parte della rivista britannica "Which? Gardening" nel 2010. Da esso è emerso come la maggior parte delle bustine di tè contengano delle materie plastiche, con particolare riferimento al polipropilene (denominato anche come polypropylene), un componente termoplastico spesso utilizzato nella produzione delle bustine di tè. Come avviene dunque la loro realizzazione industriale e quali materiali vengono impiegati? Le bustine di tè vengono prodotte solitamente utilizzando fibra di canapa naturale (Canapa di Manila), alla quale vengono unite delle fibre termoplastiche, come il polipropilene, che sono ritenute necessarie al fine di sigillare il tutto. Le bustine di tè appaiono in questo modo molto resistenti. Dall'unione dei due materiali si ottiene il tessuto che noi conosciamo, molto resistente e ricco di forellini adatti a permettere il contatto tra l'acqua bollente e le foglie di tè, senza che queste ultime possano fuoriuscire dal proprio involucro. I bordi delle bustine vengono in seguito sigillati termicamente. Con il calore, i materiali termoplastici utilizzati si sciolgono, permettendo che esse risultino ben sigillate. I dubbi sulla reale compostabilità delle bustine di tè sono sorti tra diversi lettori della rivista "Which? Gardening" che si sono resi conto di come, una volta sistemate le bustine consumate all'interno dei contenitori per il compost domestico, esse sembravano non scomparire mai completamente tra gli scarti alimentari accumulati. Questo proprio per la presenza al loro interno di materiali termoplastici non biodegradabili.
Interrogata dalla rivista, Whitney Kakos, manager di Teadirect, ha confermato che le bustine di tè della propria azienda sono compostabili solo al 70% e che l'utilizzo di polipropilene è una pratica largamente diffusa tra le aziende di produzione del tè. Il suggerimento di alcune aziende britanniche consiste nel gettare comunque le bustine di tè nel compost e di prelevarle al momento del suo utilizzo, se alcune parti di esse fossero ancora visibili. Secondo tali case produttrici di tè, infatti, pur contenendo materie termoplastiche, le bustine in questione devono essere considerate come completamente compostabili e biodegradabili. Dall'indagine britannica è emerso come anche gran parte delle bustine di tè biologico o proveniente dal commercio equo e solidale contengano materie termoplastiche impiegate nel processo della loro fabbricazione. Oltre al grado di compostabilità delle bustine di tè, la nostra preoccupazione riguarda il contatto tra materie plastiche ed alimenti. Secondo alcuni studi condotti nel 2008, il polipropilene potrebbe provocare il rilascio di BPA, ormai noto interferente endocrino considerato potenzialmente in grado di provocare problemi relativi ad infertilità e corretto sviluppo fisiologico del feto e del neonato.
Quale potrebbe essere dunque la soluzione per evitare di acquistare bustine di tè completamente prive di polipropilene? Ci si potrebbe informare presso le aziende produttrici, sperando nella loro sincerità e chiedendo loro con quali metodi di fabbricazione vengano composte le bustine di tè in vendita. Alcune di esse, specie quelle che presentano una chiusura effettuata con un etichetta cartacea o con un punto metallico, senza altri tipi di saldatura, potrebbero essere prive di polipropilene. Si potrebbe anche decidere di non acquistare del tè in bustine, ma unicamente del tè sfuso, confezionato in contenitori completamente biodegradabili, oppure facilmente riutilizzabili. Una volta acquistato del tè sfuso, sarà sufficiente munirsi di un colino o di altri appositi contenitori forati, per la preparazione della bevanda. Infine, si potrebbe decidere di preparare da sé le proprie bustine di tè partendo dalle foglie sfuse e da garzine bucherellate o tessuti leggeri come quelli utilizzati per le bomboniere, da impiegare per avvolgere le foglie di tè e da chiudere utilizzando del filo di cotone.

25/10/12

In Inghilterra arriva il semaforo sull'etichetta: i nuovi simboli aiuterranno i consumatori a fare scelte più sane

L’Inghilterra ha deciso che dal prossimo anno sulle etichette dei prodotti alimentari ci dovrà essere un semaforo per consentire ai consumatori di fare scelte più consapevoli e rapide. Il dipartimento della salute del governo britannico, dopo aver discusso con i rappresentanti dei produttori e delle catene di supermercati, ha invitato la GDO, entro la prima metà del 2013, ad utilizzare i colori del semaforo per le indicazioni nutrizionali. Il sistema scelto è una forma ibrida, perché oltre al colore rosso, giallo o verde, devono essere indicate anche le quantità giornaliere consigliate. C'è di più, le porzioni dovranno indicare il valore di calorie e di nutrienti riferiti al fabbisogno giornaliero oltre alle quantità assolute di ciascun ingrediente. Per alcuni prodotti accanto ai numeri sono previste parole come "alto", "medio" e "basso" per segnalare in modo intuitivo se un cibo è ricco di grassi e sale. Da anni in Gran Bretagna si discute di etichettatura degli alimenti e della necessità di aiutare i consumatori a compiere scelte più consapevoli per diminuire la quantità di grassi, sale e zuccheri. Alcune aziende di distribuzione come Tesco e Sainsbury's (vedi foto a destra) hanno già adottato sistemi analoghi a quello dei semafori, imitate da numerose catene di ristoranti (soprattutto nei grandi gruppi alberghieri). Ma l'iniziativa, ancorché sostenuta dai diversi governi negli ultimi anni, finora era stata lasciata alla discrezione delle aziende, con risultati poco soddisfacenti.
Per questo motivo, seguendo le norme consigliate specificamente dal National Health Service, si è deciso di passare a un'indicazione ufficiale unica, per rendere omogenea la raffigurazione delle qualità nutrizionali. Anche le catene di hard discount come Lidl, Aldi e Morrisons, che in un primo momento avevano rifiutato la proposta, adesso aderiscono alle nuove norme. Resiste, ma probabilmente per poco, la catena Iceland, che dovrà comunque mettere in vendita sempre più prodotti con il semaforo, se non vuole vedere i suoi scaffali via via svuotarsi. L'iniziativa è stata salutata con entusiasmo da Charlie Powell, direttore della Children's Food Campaign, che ha commentato così la decisione: «Finalmente non bisognerà più essere dei geni della matematica per scegliere cibi più sani».
Anche Anna Soubry, Ministro della salute, è intervenuta spiegando che: «la Gran Bretagna detiene già il primato europeo per numero di alimenti che riportano, sulla facciata principale, un'etichetta nutrizionale, ma molte ricerche hanno mostrato che ciononostante il consumatore si sente spesso confuso quando prova a leggere scritte troppo specialistiche, e fatica a capire quanto indicato, anche perché trova un gran numero di etichette troppo diverse tra loro. Speriamo che d’ora in avanti il sistema sia più chiaro e che tutti riescano a capire che cosa c'è dentro le confezioni. Questo contribuirà alla lotta contro l'obesità, che ci costa ogni anno miliardi di sterline e potrebbe essere validamente contrastata anche con piccoli gesti quotidiani come una scelta più oculata al supermercato».

21/10/12

La Nuova Pagina: La TV Degli ANIMALI

Da oggi iniziamo una nuova pagina (in alto a sx) chiamata: La TV degli ANIMALI dove aggiungeremo pian piano una raccolta di video sugli animali, sulle condizioni di vita etc. presi per la maggior parte dalla raccolta video di TV ANIMALISTA Sono documentari, inchieste e molto altro, piuttosto interessanti e sulle quali riflettere! Questa idea ci è venuta dal momento che stiamo leggendo un libro che ci ha colpito in modo particolare: Vegan si nasce o si diventa? (Clicca QUI per vederlo ed eventualmente acquistarlo) * Ne Consiglio assolutamente la lettura! Buona Visione!

19/10/12

Feltrinelli e le borse in cotone Fairtrade

Anche Librerie Feltrinelli aderisce alla campagna di promozione del commercio equo certificato “Spesa Giusta” promossa da Fairtrade Italia. In tutti i punti vendita Feltrinelli del territorio nazionale si potranno trovare le nuove borse in cotone certificato Fairtrade dai forti messaggi: “Eco generation”, “Equo. Se non ora quando” e “Il razzismo è una brutta storia”. Le borse arrivano in Italia attraverso l’importatore italiano Altraqualità. Grazie all’appartenenza al circuito Fairtrade i produttori di cotone hanno ricevuto un prezzo equo e stabile per il loro lavoro e un margine di guadagno aggiuntivo da investire in progetti di sviluppo a favore delle comunità. Inoltre si organizzano in gruppi più ampi e stabiliscono relazioni commerciali di lungo periodo.

16/10/12

Alce Nero Caffè, La sostenibilità a Bologna!


Vi segnaliamo a Bologna l’Alce Nero Caffè Bio che è sia negozio che caffè e ristorante biologico, dove potrete trovare menù bio a cominciare dalla colazione, a pranzo, aperitivo e brunch, oltre che una vasta gamma di  prodotti biologici da acquistare.
L’ Alce Nero è certificato certificazione “Spreco Zero” di Last Minute Market, spin-off dell’Università di Bologna grazie alle politiche messe in atto per la tutela dell’ambiente ed il risparmio energetico: differenziazione dei rifiuti, riduzione di sprechi e  completo utilizzo del cibo con anche recupero degli alimenti in eccedenza, ceduti gratuitamente alla mensa di Santa Cecilia a Bologna.
ALCE NERO CAFFE BIO
ALCE NERO CAFFE BIO
Per maggiori informazioni e prenotazioni:
Alce Nero – Caffè BIO
  • Via Petroni 9/b
  • 40126 Bologna
  • 0512759196

15/10/12

EcoATM: il bancomat che dispensa denaro in cambio dei vecchi cellulari


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Smaltire il cellulare e guadagnarci. È possibile grazie a EcoATM il primo e unico bancomat automatico che, utilizzando elettronica, tecnologie avanzate e intelligenza artificiale, valuta gratuitamente tutti i vecchi dispositivi elettronici, che i consumatori possono inserire al suo interno ricevendo in cambio denaro.
Da quando ve ne abbiamo parlato la prima volta, il dispositivo amico dell'ambiente (e delle tasche dei consumatori) ha fatto passi da gigante. Attualmente, infatti, è in grado di riconoscere oltre 4.000 diversi device e classificarli in base a 8 diverse condizioni. Il tutto in maniera semplice e in pochi minuti. Una volta riconosciuto il modello l'EcoATM fornisce un connettore per collegare il dispositivo e ricavarne tutte le informazioni utili a formulare l'offerta. A questo punto il consumatore può decidere se accettarla o meno.
Per non trasformare l'EcoATM in una sorta di "ricettatore robotico", inoltre, viene richiesto anche di inserire documenti personali e l'impronta digitale del pollice. Con oltre 150 bancomat installati in giro per gli Stati Uniti e l'intenzione di farli diventare 300 entro la fine del 2012, EcoATM sfrutta l'uscita del nuovo gioiello Apple, l'iPhone5, per puntare i riflettori sui RAEE e sensibilizzare i consumatori sul loro corretto smaltimento, pagando i modelli più recenti fino a 300 dollari e donando la consapevolezza che i materiali verranno riciclati o smaltiti in modo responsabile.
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"Ci saranno milioni di persone che comprano il nuovo iPhone 5 -aveva detto infatti Tom Tullie, presidente e amministratore delegato di ecoATM in una nota - Quando lo faranno, noi vogliamo che ci sia vicino un EcoATM per raccogliere o riciclare i loro vecchi telefoni".  Insomma, non c'è più bisogno di lasciare chiusi nei cassetti i vecchi device, che possono anche valere soldi contanti. L'ambiente e le tasche degli americani ringraziano.

11/10/12

Illuminazione: quando inizierà finalmente la rivoluzione dei LED?


LED Illuminazione: quando inizierà finalmente la rivoluzione dei LED?Volenti o nolenti, quando una lampadina si fulmina siamo ormai tutti obbligati a sostituire le vecchie lampadine a incandescenza fuori commercio con le lampade a risparmio energetico. Queste, a fronte di un costo leggermente più alto, sono mene energivore (fino al 70% in meno per i costi di illuminazione) e durano più a lungo. In effetti, per le lampade che si tengono accese più a lungo converrebbe una sostituzione immediata, anche senza attendere che la vecchia lampadina si bruci.
Tra le lampade a risparmio energetico vi sono quelle allo xenon (che si suddividono nella versione simile alle alogene e in quella “a incandescenza migliorata”, con ottima dura grazie a un apposito rivestimento a infrarossi) e le CFL (fluorescenti compatte, dall’involucro opaco e con una durata fino a 15000 ore).
E poi ci sono i LED (diodi a emissione luminosa), dei cui vantaggi abbiamo parlato qui e che si possono riassumere rapidamente così: i LED sono duraturi, non scaldano, sono resistenti ed efficienti; inoltre non contengono mercurio.
Ogni logica farebbe pensare che i LED dovrebbero presto sostituire ogni altro tipo di lampada, poiché, a parità di illuminazione resa permettono di risparmiare una percentuale tra il 50 e il 70% di energia elettrica. Se fossero adottate dovunque i risparmi sarebbero cospicui per tutti i livelli della società: privato e pubblico. Basti pensare che la Cina ha in programma di impiegare in futuro ben un milione di operai nell’industria dei LED e ha già stabilito che più di 20 città potranno essere illuminate soltanto in questo modo.

20/09/12

Re-Make: utensili in Ecoallene e altro materiale riciclato per le pulizie di casa


re make Re Make: utensili in Ecoallene e altro materiale riciclato per le pulizie di casaLe iniziative che vanno in direzione green devono essere segnalate, per principio, senza ritorno economico. Ad esempio, l’azienda italiana CSC proponeRe-Make, una linea di utensili ecosostenibili per la pulizia della casa.
Per la produzione di questi accessori sono infatti stati impiegati materiali riciclati al 95%. La linea prevede scopepalette e lororicambi. Oggetti che vengono usati tutti i giorni in tutte le case e che ogni tanto devono essere sostituiti: in questo caso, consigliamo di optare sempre per articoli amici dell’ambiente.
Nella linea Re-Make CSC ha utilizzato l’Ecoallene (una combinazione di polietilene e alluminio ricavato dalle confezioni di Tetra Pak), per le parti in plastica dei prodotti.  Le bottiglie in plastica PET sono invece state riutilizzate per produrre il filato delle scope. Nella linea Re-Make, nulla è lasciato al caso, anche gli imballaggi sono infatti prodotti con carta e cartone riciclato.
Per quanto riguarda i manici delle scope, il legno è certificato dal marchio FSC (Forest Stewardship Council), che ne garantisce la provenienza da foreste gestite in modo responsabile.
Qualche cifra interessante a livello ambientale: 1 tonnellata di Tetra Pak riutilizzato per la produzione di Ecoallene, comporta un risparmio di ben 900 kg di emissioni di CO2s. Con 100 confezioni di cartoni per bevande si può ricavare 1 chilogrammo di Ecoallene.
Questo fa comprendere come sia facile poter dare il nostro contributo per diminuire  l’enorme massa di rifiuti che produciamo, scegliendo prodotti che riutilizzano materiali riciclabili.
Inoltre, questa linea nel catalogo di CSC dimostra come non sia necessario stravolgere la nostra vita e abitudini per inquinare di meno e che nei nostri gesti quotidiani possiamo davvero fare la differenza semplicemente con una scelta oculata, in perfetto stile think global act local.

02/09/12

Pop-corn: quelli cotti al microonde fanno male alla salute


popcorn microonde
Che cosa sarebbe un film senza i pop-corn? Il duo inossidabile si è formato più di un secolo fa, con la nascita quasi in contemporanea delle prime pellicole cinematografiche e di uno degli snack salati più amati. La produzione dei pop-corn su larga scala si è evoluta nel corso del tempo, giungendo in anni recenti alla realizzazioni di confezioni di pop-corn da cuocere al microonde in pochi minuti. I pop-corn preparati secondo tale modalità sono davvero sicuri?
Trascurando per un attimo il fatto che la preparazione di pop-corn al microonde non garantisca un reale risparmio di tempo – nel caso si miri ad esso – dal momento che la loropreparazione  in padella a partire dai chicchi di mais e con l'utilizzo di un semplice filo d'olio risulta altrettanto rapida, appare fondamentale domandarsi quale sia il reale contenuto delle confezioni di pop-corn studiate per la cottura al microonde e se il loro consumo sia da considerarsi salutare.
E' sufficiente provare ad approfondire la questione per rendersi conto della possibile presenza di additivi indesiderati all'interno delle confezioni di pop-corn, tra gli ingredienti o nel loro involucro, come purtroppo non di rado avviene nel caso di alcuni alimenti confezionati di produzione industriale.
Il diacetile ("dyacetil" nella denominazione inglese) è stato utilizzato per anni – e lo è ancora – come aromatizzante per conferire l' "aroma al burro" a pop-corn confezionati destinati alla cottura al microonde e ad altri alimenti, come i biscotti. Il diacetile può essere derivato dalla fermentazione alcolica e può costituire un sottoprodotto della produzione di birre e vini.
A riaccendere i riflettori su tale sostanza è una recente ricerca condotta presso l'Università del Minnesota, pubblicata sulle pagine della rivista scientifica "Chemical Research in Toxicology", tramite la quale è stato messo in luce come il diacetile presenti una struttura analoga a quelle di altre sostanze considerate responsabili della formazione delle placche cerebrali che conducono all'insorgere del morbo di Alzheimer.
La presenza di diacetile nell'alimento in questione e negli stablimenti in cui ne avviene la produzione ha purtroppo già causato l'insorgere di un ulteriore disturbo, denominato"bronchiolitis obliterans", dal quale negli Stati Uniti sono stati colpiti sia consumatori abituali di popcorn sia numerosi addetti alla loro produzione. Alcuni stablimenti statunitensi avrebbero dunque deciso di sostituire il diacetile con altri additivi aromatizzanti, sulla cui reale salubrità ci si interrogherebbe tuttora, tanto che la Food and Drug Administration li considererebbe "innocenti fino a prova contraria".
Un altro problema relativo ai pop-corn destinati alla cottura al microonde appare legato alla lorobusta di confezionamento. Alcune confezioni dei suddetti pop-corn sarebbero infatti fabbricate con l'impiego di PFOA, un additivo chimico che è stato correlato all'insorgere del cancromediante studi effettuati sugli animali. Esso è inoltre stato associato di recente ad una ridotta risposta dei bambini ai vaccini, eventualità che li metterebbe maggiormente a rischio di fronte alle infezioni.
Sebbene tale componente non sia stato ancora dichiarato cancerogeno per l'uomo, la sua presenza sarebbe stata individuata nel sangue del 95% degli americani. Appare dunque come una scelta più che opportuna quella di rinunciare preventivamente al consumo di pop-corn al microonde, ritornando alla loro preparazione tradizionale che è in grado di renderli ancora più gustosi e meno dannosi per la salute.

01/09/12

Nord est spreco zero: l’impegno di 100 sindaci contro lo spreco alimentare


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A pochi mesi dalla firma da parte del Parlamento Europeo, avvenuta il 19 gennaio 2012, della “Risoluzione Europea contro lo Spreco alimentare: strategia per migliorare l'efficienza della catena alimentare nell'Ue” nasce la prima campagna di sensibilizzazione che tenta di applicare sul territorio le indicazioni sottoscritte sulla carta.
A promuoverla è un gruppo composto da100 sindaci provenienti dall’area del Nord-Est e dell’Euroregione il cui capolista è il sindaco della città di Trieste Roberto Cosolini, affiancato dai governatori della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo e della Regione Veneto Luca Zaia. L’obiettivo è fare della lotta allo spreco una strategia con cui fare rete e rendere efficiente il consumo e la redistribuzione del cibo, ma anche dell’ energia, dei rifiuti e della mobilità.
Nord est Spreco zero”, questo il nome dell’iniziativa, è un decalogo che gli amministratori friulani e veneti sottoscriveranno il 29 settembre nell’ambito diTriestenext, il Salone Europeo dell’Innovazione e della Ricerca Scientifica. L’occasione è quella della prima Giornata Contro lo Spreco promossa da Last Minute Market, lo spin off nato dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna che da anni conduce la battaglia, a colpi di studi e numeri, per affermare una nuova policy a livello internazionale capace di migliorare la rete di gestione e distribuzione delle risorse. Alla sua guida sta, solido, Andrea Segrè, il docente di Politica Agraria Internazionale e Comparata che in questi ultimi anni ha dedicato passione e impegno alla divulgazione delle verità nascoste attorno al problema del consumo e degli sprechi.
Un terzo del cibo che viene prodotto nel mondo va sprecato (149 kg pro capite in Italia): nei campi, lungo la catena di trasformazione, di distribuzione e infine sulle nostre tavole. Si calcola che se si riuscisse a recuperare quella parte di cibo che finisce immotivatamente nelle discariche potrebbero essere sfamate, secondo i dati diffusi dalla FAO, tante persone quante ne vivono nell’Africa sub-sahariana.
"La crisi globale, paradossalmente, può offrire un'occasione di cambiamento e in questo senso la società civile può dare un indirizzo importante alle forze politiche ed economiche" spiega l'agroeconomista Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market. "Le nostre azioni, anche se piccole, possono veramente portare a un mondo nuovo".
Nordest Spreco Zero è un documento nato sulla base di una dichiarazione congiunta di cittadini, esperti e operatori che i pubblici amministratori dovranno adottare e far diventare buona prassi quotidiana per i cittadiniE’ costituito da dieci semplici buone pratiche che dovranno trovare applicazione in ambito locale. Lo scopo politico e sociale è riuscire a dimezzare lo spreco alimentare entro il 2025 (come indicato dalla risoluzione europea).
A partire dalla sottoscrizione, gli amministratori si dovranno impegnare a sostenere tutte le organizzazioni pubbliche e private che recuperano, a livello locale, i prodotti invenduti e scartati lungo la catena agroalimentare per ridistribuirli gratuitamente ai cittadini al di sotto del reddito minimo. Dovranno inoltre prevedere la modifica delle regole che disciplinano gli appalti pubblici per i servizi di ristorazione e di ospitalità alberghiera, privilegiando le imprese che garantiscono la ridistribuzione gratuita a favore dei cittadini meno abbienti, che promuovano azioni di riduzione degli sprechi e l'utilizzo di prodotti locali. Infine, dovranno garantire l'istituzione di programmi e corsi di educazione alimentare di economia ed ecologia domestica per rendere il consumatore consapevole degli sprechi di cibo, acqua ed energia.
Dalla teoria alla pratica, la palla passa ai cittadini del Nord Est che dovranno dimostrare un approccio esemplare. Il resto del mondo, quello povero e affamato così come quello opulento e smarrito, li osserva.