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07/07/12

COLLABORAZIONE CON NATURARISPETTIAMOLA.BLOGSPOT

E' da qualche giorno che il nostro blog ha iniziato la collaborazione con il blog: naturarispettiamola.blogspot.com con il quale abbiamo iniziato a scrivere articoli per loro, è proprio uno degli ultimi articoli il nostro, quello a proposito dei pannelli solari insegnati agli anziani. Buona Visione! 

06/07/12

Città fantasma per sperimentare le nuove tecnologie? Esiste davvero!


Tutte le tecnologie più innovative sulle rinnovabili, sulla domotica, sulla sostenibilità delle infrastrutture da oggi possono essere sperimentate in una città creata apposta e – solo -per questo. Esiste già e si chiama Cite, è stata costruita nel New Mexico, è sorta su 20 km di deserto ed è costata 1 miliardo di dollari.
Prima nel suo genere, Cite servirà a testare e a verificare funzionalità e progetti di nuove tecnologie.
 
Lo scopo è quello di ricostruire una città in tutti i suoi elementi caratteristici, perfino prevedendo i quartieri suburbani e la lavanderie a gettone: il modello è quello di una media cittadina americana.
I clienti avranno modo di vedere da vicino le possibilità concrete delle tecnologie da acquistare. Ovviamente la città elabora dati 24 ore su 24 con gli scenari simulati. I dati vengono inviati al vicino campus di ricerca dove i risultati vengono ‘trattati’ e studiati.
Anche se non ci abita nessuno, si simulerà la presenza di abitanti secondo i dati demografici medi di una città di quella grandezza. Cite è un investimento importante e ha creato 350 posti di lavoro. La sua costruzione ha sollevato un’ampia polemica e un dibattito circa la convenienza economica di riprodurre interamente una città invece di crearla, a questo punto, realmente.
Chi gestisce Cite assicura che le aziende private e gli enti governativi avranno un vantaggio che fa la differenza  nell’avere a disposizione delle simulazioni così attendibili, proprio come in una vera città.

05/07/12

Navi cargo ecologiche si muovono con il vento



B9 Ship
Il commercio di merci via mare potrebbe, in un futuro non troppo remoto, tornare a essere pienamente ecologico. Dopo gli incidenti e i disastri ambientali degli ultimi tempi – si pensi alla Rena in Nuova Zelanda o alla Costa Concordia al largo dell’Isola del Giglio – si stanno cercando alternative per evitare che, qualora una nave affondasse, le acque possano essere contaminate da petrolio e altre sostanze inquinanti. Torna così in voga la navigazione a vela anche per i cargo: l’unica energia necessaria allo spostamento è quella completamente rinnovabile del vento.
A riportare in auge le vele è la società irlandese B9 Shipping, controllata di B9 Energy Group. Un team di esperti è già all’opera per la realizzazione di una nave da trasporto caratterizzata da altissime vele verticali, stato dell’arte della tecnologia e capaci di garantire velocità di crociera che nulla hanno da invidiare alle controparti tradizionali a motore.
Ispirata allo yacht Maltese Falcon di Perini Navi e ai concept Dynaship degli anni ’60, che hanno permesso proprio al Maltese Falcon di raggiungere velocità pari a 24,9 nodi, la futura B9 si pone l’obiettivo di ridurre al minimo l’ausilio di motori a combustibile. Accanto all’energia del vento, che dovrebbe garantire oltre il 60% della navigazione, è al vaglio un sistema ausiliario a biogasche possa sostenere il cargo in caso di condizioni atmosferiche avverse.
David Surplus, managing director di B9 Energy Group, ha commentato con entusiasmo questa iniziativa:
«A prima vista questo progetto sembra campato in aria, ma con l’aumento del prezzo dei carburanti, una soluzione alternativa che si basi sul vento potrebbe invece dare il via a una nuova era di tecnologie a energie rinnovabili in un’epoca critica per l’industria navale. [...] Per ora queste navi potrebbero limitarsi solo a brevi tragitti lungo i corridoi ventosi dell’oceano, ma se il concept si rivelasse vincente si potrebbe estendere anche ad altre necessità.»


04/07/12

Greenfreeze: la tecnologia del freddo che salverà il clima


Frigoriferi, condizionatori, sistemi di refrigerazione a impatto climatico zero. Per scongiurare un brusco innalzamento delle emissioni di gas effetto serra provenienti dal comparto della refrigerazione, rilanciamo la tecnologia Greenfreeze: un sistema di refrigerazione che, al posto dei più impattanti gas refrigeranti HCFC e HFC, utilizza refrigeranti naturali a bassissimo impatto ambientale.
giovedì 28 giugno 2012
Greenfreeze production line in Kelon factory © Greenpeace / Alan Hindle
Tra i più potenti gas effetto serra, gli HCFC e HFC (idrofluorocarburi) sono stati introdotti dall'industria della refrigerazione dopo che, nel 1987, il Protocollo di Montreal stabilì il divieto d'utilizzo dei CFC (clorofluorocarburi), responsabili dell'assottigliamento della fascia d'ozono in atmosfera. Per risolvere il problema del buco dell'ozono, il comparto del freddo ha aggravato quello del riscaldamento globale. Con conseguenze allarmanti.  

Si stima che se l'industria dei condizionatori continuerà a usare solo HFC, questi gas peseranno per il 27 per cento sul riscaldamento globale al 2050.

Leggi il briefing "Greenfreeze una tecnologia verde che ha cambiato il mercato globale della refrigerazione".

03/07/12

Meno imballaggi e mobilità più “eco”: la ricetta sostenibile di Tnt


tnt corriere green

Il settore dei trasporti è responsabile per il 18%delle emissioni globali di CO2. Un peso notevole che può essere ridotto grazie a una migliore gestione della “logistica dell’ultimo miglio” e all’incentivazione della mobilità sostenibile nei centri urbani.
Utilizzo di veicoli basso impatto ambientale, riprogettazione dei processi operativi e dei propri prodotti sono gli strumenti con cui affrontare – e superare – le sfide del futuro. Di questo è convinta TNT Express: «La responsabilità sociale è un elemento imprescindibile dell’approccio di TNT Express al business – ha detto Paolo Cominone, sales, marketing & special services director di TNT Express Italy – Nel mondo di oggi è ormai un imperativo, e lo è a maggior ragione considerato il periodo economico in cui i clienti hanno bisogno di un servizio di efficacia sempre maggiore».
E proprio TNT ha deciso di agire a più livelli, innanzitutto diminuendo gli imballaggi e utilizzando meno inchiostro per un packaging più sostenibile e per ridurre i costi. Buste, cartelle e scatole sono più semplici, sicure e facili da usare. Il materiale è standardizzato a livello globale, è resistente contro i danneggiamenti ed è più “green”. «Questo nuovo packaging dimostra quanto la sostenibilità sia divenuta parte integrante dei nostri processi globali e quanti benefici apporti sia alla nostra azienda sia ai nostri clienti – ha dichiarato  Stefania Lallai, communication & cr manager di TNT Express Italy – Con la nuova linea abbiamo ottimizzato le nostre risorse perché utilizza meno materiali e per questo incide in misura inferiore sui costi. Il nuovo packaging è solo uno degli esempi della nostra strategia che mira ad incorporare la responsabilità sociale in ogni nostra attività».
Un altro punto è l’utilizzo di una flotta di mezzi “green”: a metano, bimodale gasolio/elettrico, benzina/gpl, benzina/metano ed elettrico. Tra l’altro TNT dal 2011 ha introdotto i tricicli a pedalata assistita per effettuare ritiri e consegne nei centri di alcune città test (Padova e Torino).
Un'altra novità è BentoBox, un contenitore modulare self service che permette di ritirare la propria merce quando si vuole senza dover attendere il corriere o doversi recare in un suo punto d’appoggio. La merce depositata nella BentoBox è totalmente protetta: nel momento in cui TNT deposita il pacco nella BentoBox, il cliente riceve un SMS di avviso e può procedere quindi al ritiro. Grazie a questo particolare prodotto si elimina la fase della consegna porta a porta e si riduce la percorrenza dei mezzi del corriere in città, riducendo l’impatto sull’ambiente e sul traffico.

02/07/12

Opel AMPERA, l'auto elettrica più venduta


opelampera
Opel Ampera, l'auto elettrica ha sbancato anche in Europa dove secondo i dati di vendita del maggio 2012 forniti dalla casa tedesca, il veicolo ha staccato del 20% le concorrenti. Soprattutto nei Paesi Bassi, in Germania e in Svizzera.
Nei Paesi Bassi, a maggio, la Opel Ampera che negli Stati Uniti si chiama Chevrolet Volt, ha nettamente dominato il settore delle auto elettriche, con una percentuale superiore al 77%, e con un ampio distacco rispetto a tutte le concorrenti, che si sono attestate a percentuali inferiori al 10%. Qui, la quota di mercato cumulata nel 2012 di Ampera è stata superiore al 50%, rendendola di fatto uno dei modelli più amati del paese.
Risultati positivi anche in Germania, dove l'Ampera è stata l'auto elettrica più venduta con una quota superiore a un terzo. Bene anche in Svizzera, dove tale cifra si è attestata addirittura attorno al 44%.
Non sono state solo le vendite a premiare l'Ampera, che ha finora ottenuto oltre 50 premi nazionali e internazionali, tra cui il riconoscimento di “Auto dell’Anno 2012” e il “World Green Car of the Year 2011”. Ha inoltre ricevuto numerosi riconoscimenti per la sicurezza, tra cui le prestigiose 5 stelle Euro NCAP, il punteggio massimo conseguibile.
Ma quali sono le principali caratteristiche? La batteria agli ioni di litio da 16 kWh che alimenta l’unità di trazione elettrica dell'Ampera da 111 kW/150 cv. In modalità di autonomia estesa, il motore a benzina 1.4 l da 63 kW/86 cv aziona un generatore che alimenta l’unità di trazione elettrica. In questo modo, il dispositivo di estensione dell’autonomia permette di raggiungere un raggio d’azione di oltre 500 chilometri. Infine, con una sola carica della batteria è possibile percorrere tra 40 e 80 km a emissioni zero, in base allo stile di guida.
"Siamo orgogliosi di essere al numero uno in Europa. I dati di vendita e il riscontro dei nostri clienti confermano che con Ampera abbiamo sicuramente imboccato la strada giusta", ha dichiaratoEnno Fuchs, responsabile e-mobility Opel. "Siamo andati molto bene soprattutto nei mercati dove sono in vigore gli incentivi statali, come i Paesi Bassi".
Cifre da capogiro, nonostante il prezzo, anch'esso da record. Un mercato che in Italia stenta a decollare, non solo per la mancanza delle adeguate infrastrutture ma anche per via degli incentivi, ancora lontani. Di recente però, il testo unificato di recente adottato dalle commissioni Trasporti e Attività Produttive della Camera ha previsto l'introduzione di bonus per le auto ecologiche, elettriche, GPL e metano, da un massimo di 5000 a 1200 euro. Secondo tale regime, l'Opel Ampera, con tecnologia ibrida ad autonomia estesa costerà tra i 38.350 e 40.500 euro.
I prezzi in questo caso scenderanno a 38.350 e 40.500 euro.

01/07/12

BIOLOGICO SI, MA LE MULTINAZIONALI?


biologico e multinazionali 150x150 Biologico si, ma le multinazionali?Quante  volte  facendo spesa al supermercato ci soffermiamo sulla provenienza degli alimenti che  comperiamo? Io personalmente, molto spesso. E molto spesso non acquisto cose non prodotte in Italia, per tutta una serie di motivi che i più sensibili intuiranno facilmente. Il “ si global” incondizionato ci ha portato ad un modello di sviluppo da rivedere e correggere,  a modelli come i centri commerciali di stile “pantagruelico”, dove  l’ordinamento o meglio dire l’ammassamento delle merci viene studiato a tavolino con logiche ben precise per  condizionare la psicologia del cliente finale; senza dilungarci troppo su quante merci alimentari e non vengono prodotte contro i più elementari diritti della dignità dei lavoratori, senza il rispetto dell’ambiente, per poi essere immesse sui mercati occidentali a costi minimi. Inoltre, per ciò che riguarda un prodotto “biologico”, è sicuramente importante che questo venga prodotto secondo principi eticamente e socialmente non dannosi, ma allo stesso tempo  spetta a noi consumatori decidere e scegliere per il meglio; infatti, se scegliamo di acquistare un prodotto bio proveniente dall’altro capo del mondo, quest’ultimo avrà perso molto del suo bio legittimamente attribuito in fase di produzione ma che svanisce di fronte all’energia sprecata e alla co2 prodotta per impacchettarlo,mantenerlo e trasportarlo.
Il successo degli alimenti e dei prodotti biologici hanno fatto si che anche le multinazionali si stiano dotando di marchi bio in maniera che con una mano fanno business commerciale sfruttando le risorse del pianeta, e spesso vengono anche sussidiate dai vari stati nazionali per questo, mentre dall’altro con la facciata buona fanno vedere quanto sono bravi con i prodotti biologici. Semplice come strategia, no?
In questa sezione vogliamo pubblicare una lista di multinazionali USA che possiedono anche marchi bio e di altre che possiedono molti altri marchi per informare i consumatori su come meglio orientarsi negli acquisti:
COCA COLA:   Honest Tea , Odwalla
DEAN: Horizon, White Wave/Silk
DANONE: Stonyfield Farms
GENERAL MILLS: Cascadian Farm, Muir  Glen
HAIN CELESTIAL ( In Società con HEINZ e CARGILL ): Sunspire, Spectrum Organics, Garden of eatin’, Imagine/Rice Dream/Soy Dream, Celestial Seasonings.
KELLOGG’S: Bear Naked, Kashi, Morningstar Farms/Natural Touch
KRAFT:Boca Foods, Back to Nature – La Kraft è stata segnalata perché usa organismi geneticamente modificati nei suoi prodotti
PEPSI: Naked Juice. Al centro della campagna contro la Pepsi il fatto che la multinazionale appoggia e sostiene paesi con regimi dittatoriali (Birmania, Messico, Filippine). La Pepsi co utilizza inoltre animali nei suoi studi ed esperimenti.
UNILEVER: Ben & Jerry’s .Molte associazioni animaliste come Animal Aid hanno lanciato una campagna contro la Unilever per lo sfruttamento degli animali durante gli esperimenti.
E’ boicottata anche per i salari e le condizioni di lavoro nelle sue piantagioni in India (dove possiede il 98% del mercato del tè).
La Unilever controlla i marchi: Lipton Ice Tea, Coccolino, Bio presto, Omo, Surf, Svelto,Cif, Lysoform, Vim, Algida, Carte d’Or, Eldorado, Magnum, Solero, Sorbetteria di Ranieri, Findus, Genepesca, Igloo, Mikana, Vive la vie, Calvè, Mayò, Top-down, Foglia d’oro, Gradina, Maya, Rama, Bertolli, Dante, Rocca dell’uliveto, San Giorgio, Friol, Axe, Clear, Denim, Dimension, Durban’s, Mentadent, Pepsodent, Rexona,
Aziende bio USA indipendenti: Amy’s Kitchen, Clif Bar,Newman’s Own, Applegate Farms, Eden Foods. Questa aziende hanno rifiutato offerte per essere inglobate da società più grandi.
Procter & Gamble – Detersivi – Cosmesi e Alimentari
Questa multinazionale statunitense (fatturato annuale 76mila miliardi di lire) ufficialmente è boicottata dalle associazioni animaliste (Buav, Peta e Uncaged) perché testa i suoi prodotti sugli animali. Ultimamente però la Procter & G è tornata alla ribalta con le patatine Pringles. Contengono organismi geneticamente modificati.
Per quanto riguarda l’ambiente, nonostante le politiche di riduzione degli imballaggi e dei componenti inquinanti, l’azienda rimane una delle maggiori fonti di rifiuti del mondo: i pannolini. In America sono il 2% della spazzatura totale del paese.
E’ nota anche per appoggiare associazioni “ambientaliste” che difendono le politiche delle aziende e delle grandi industrie.
Nel 1997 aveva messo a punto un prodotto di sintesi, battezzato Olestra, da utilizzarsi come sostituto dell’olio. Dopo lunghe pressioni sulla Food and Drug Administrator il prodotto era stato autorizzato all’impiego. E’ stato accertato che provoca diarrea e impedisce l’assorbimento di vitamine liposubili.
La P&G controla i marchi: Intervallo, Lines, Tampax, Bounty (carta assorbente), Tempo, Senz’acqua Lines, Dignity, Linidor, Pampers, Lenor, Ariel, Bolt, Dash, Tide, Nelsen, Ace, Ace Gentile, Baleno, Febreze, Mastro Lindo, Mister Verde, Spic&Span, Tuono, Viakal, Pringles, Infasil, Heald&Shoulders, Keramine H, Oil of Olaz, AZ, Topexan, Infasil, Dove, Panni Swiffer.
mondo mela biologico 150x150 Biologico si, ma le multinazionali?
A conferma delle nostre tesi, ecco quello che di dice un’indagine del  corriere.it di questi giorni:
“L’ indagine conferma l’ esplosione dei consumi bio. Un segmento di mercato del valore stimato di circa 1.200 milioni di euro nel 2001 (quasi 2.300 miliardi delle vecchie lire), con un balzo in avanti del 38% sull’ anno precedente. A trainare la crescita è soprattutto l’ ortofrutta fresca (30%), seguita dal latte, yogurt e derivati (21%), biscotteria e prodotti secchi (19%), succhi e conserve di frutta e verdura (13%). mentre tra i consumi emergenti si segnalano carni, salumi e uova. Si calcola che ogni famiglia italiana spenda in media sui 60-70 euro al mese per l’ acquisto di prodotti naturali. Mandato in soffitta lo slogan «piccolo è bello», la maggior spinta viene adesso dalle medie e grandi industrie alimentari, che stanno scoprendo il biologico sia per ragioni d’ immagine che per ritagliarsi nuovi spazi di mercato. Di qui lo sbarco dei grandi nomi nell’ agroalimentare italiano (Granarolo, Citterio, Delverde, Riso Scotti, Galbusera) e di multinazionali comeNestlè, Kraft, Unilever e McDonald’ s. Anhce i principali gruppi italiani della distribuzione hanno un vasto assortimento di prodotti bio e big come Esselunga e Coop hanno addirittura lanciato una linea di cibi biologici col proprio marchio.
Pubblichiamo queste informazioni perché poi queste aziende ci mettono veramente poco a cancellare quello che fanno dietro le quinte con un ammiccante spot pubblicitario. Specie in questa fase dove si stanno affermando catene di prodotti biologici e quindi di derivazione industriale, vogliamo mettere in guardia da chi nel biologico e nella sostenibilità non crede ma la sfrutta per meri fini commerciali. Insomma, occhio alle etichette, e per chi ne ha la possibilità, scegliere prodotti equo e solidali o utilizzare iGAS per prodotti a km0 tutta la vita!

Gino Favola,

tratto da ” Il dilemma dell’onnivoro” di M.Pollan