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01/02/12

Napoli: 2 scogliere artificiali per America's Cup,

Due senatori, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, hanno presentato un'interrogazione al ministro dell'Ambiente Corrado Clini e al ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi sullo svolgimento delle regate dell'America's Cup 2012. Il progetto prevederebbe due scogliere provvisorie di fronte alla villa Comunale e a via Caracciolo a Napoli. Piu' di 3 mila camion giorno e notte scaricheranno massi per costruire due scogliere artificiali: "poi non si sa se, quando, a spese di chi poi rimossi - si chiedono i senatori Ecodem - ed e' inaccettabile". Le due "scogliere frangiflutti provvisorie", una da 95 metri e l'altra da 75, garantirebbero un maggiore spazio d'acqua al riparo dal moto ondoso in caso di mare grosso. Dopo la settimana di regate verrebbero rimosse perche' l'area e' sottoposta a tutela. Nonostante un parere positivo del ministero dei Beni Culturali la Sovrintendenza ritiene che il disegno del progetto e alcune procedure vadano riviste. Entro l'8 febbraio dovrebbero partire i cantieri.

All'Elba parte la corsa al litio Legambiente: «Fermare lo scempio» ,


Permesso di ricerca minerario al limite di una zona protetta in un'isola già alle prese con colate di cemento e alluvioni

Una miniera elbana a CapoliveriUna miniera elbana a Capoliveri
PORTOFERRAIO (Livorno) – All’isola d’Elba c’è un tesoro energetico nascosto. E il litio, metallo alcalino, oggi «prezioso» perché elemento essenziale delle batterie a lunga durata, comprese quelle delle auto elettriche. Certo non siamo nelle Ande, dove i laghi salati custodiscono l’85% delle riserve conosciute, ma secondo gli esperti anche le piccole miniere elbane potrebbero regalare grosse sorprese e soprattutto buoni guadagni. Così, come per l’oro in Maremma, c’è chi si è mosso per chiedere e ottenere il permesso di ricerca per un’eventuale concessione.
PROBLEMA - C’è un problema però: secondo gli ambientalisti, e non solo loro, l’estrazione del minerale sarebbe altamente impattante per l’isola e non risparmierebbe neppure le zone devastate dall’ultima alluvione. «Il progetto è stato presentato dall’associazione pistoiese Lithium», spiega Umberto Mazzantini responsabile di Legambiente Arcipelago Toscano. «Ha ricevuto il nullaosta della Regione sulla valutazione di impatto ambientale e riguarda la raccolta e lo studio di campioni di minerali per migliorare le tecniche di estrazione del litio che poi dovrebbero essere applicate in più ricchi giacimenti in Africa. La ricerca si svolgerà in un’area assai vasta: tra i paesi di San Piero e Sant’Ilario, nel Comune di Campo nell’Elba, al confine (ma probabilmente anche all’interno) del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano e del Sito di interesse comunitari (Sic) e Zona di protezione speciale (Zps) di Monte Capanne- promontorio dell’Enfola, istituita in base alle direttive Ue Habitat e eccelli e al Sito di importanza regionale (Sir) istituito dalla Regione Toscana».
PEGMATITI - Secondo Legambiente il litio elbano si troverebbe all’interno delle pegmatiti tra San Piero e Sant’Ilario, rocce famose in tutto il mondo per i loro meravigliosi cristalli, ma come hanno scritto in passato alcuni illustri ricercatori la loro estrazione «non offre, sia per la natura dei minerali (silicati) che per le consistenze, reali interessi economici riferiti al litio». «L’area ha invece un grande interesse nel business del collezionismo», spiega Mazzantini, «che il permesso di ricerca mineraria richiesto, preludio all’estrazione, potrebbe distruggere». Dunque per Legambiente la «strana corsa» al litio dell’Elba deve essere immediatamente fermata. Soprattutto perché l’Elba, già devastata in passato dal cemento e oggi dalle alluvioni, non sopporterebbe nuovi scempi veri o presunti. «È incredibile – denunciano gli ambientalisti – che in un’isola dove si fatica moltissimo a ottenere il permesso per un pannello solare sul tetto, si dia l’ok alla ricerca mineraria in un’area paesaggisticamente eccezionale e circondata da protezioni ambientali regionali, nazionali ed europee».

Tetti verdi ed isolamento termico, le case di campagna islandesi:


case campagna islanda
Tetti verdi ed elevato isolamento termico sono due delle principali caratteristiche di questecase nella terra, costruzioni letteralmente immerse nella gelida campagna islandese, sovrastate da un manto erboso e realizzate con materiali naturali locali.
Frutto di un processo di adattamento secolare ad un clima a dir poco rigido, queste case riescono a garantire agli islandesi protezione dalle escursioni termiche e dal freddo. All’epoca della colonizzazione, l’Islanda era ricoperta da foreste di betulle. Tuttavia, il legno non si è rivelato il materiale migliore per costruire abitazioni perché la betulla non garantiva un isolamento termico adeguato.
Difficile anche importare materiali da altri Paesi, vista la localizzazione dell’Islanda e le navi non molto resistenti alle tempeste dell’epoca. Così i coloni hanno dovuto industriarsi con quello che trovavano sul posto ed hanno iniziato a costruire con rocce ed erba.
Le prime case avevano una base in pietra ed un telaio di legno ricoperto da strati di torba con grandi proprietà di isolamento termico. Le porte e le finestre sono in legno. Somigliano un po’ alle case degli Hobbit. Oggi queste case sono state sostituite in parte da costruzioni in cemento armato e ferro ai lati, ma nelle campagne più sperdute si possono ancora ammirare case con tetti verdi nella forma originaria.
Case di campagna islandesi 1 Case di campagna islandesi 2 Case di campagna islandesi 3 Case di campagna islandesi 4

Business sostenibile: fondi di caffè come terreno di coltura di funghi,


La storia viene dall’America ed è così bella che vale la pena di diffonderla. Due neolaureati della prestigiosa università di Berkeley Nikhil Arora e Alejandro Velez, prima di lanciarsi verso una brillante carriera nel mondo finanziario, hanno avuto un’intuizione che ha cambiato il corso della loro vita. Hanno provare a coltivare funghi commestibili su vecchi fondi di caffè.
Consultato un esperto micologo, hanno scelto la varietà di spore più adatte per inoculare il terreno. Dopo qualche tentativo più o meno riuscito, gli esperimenti svolti nella cantina della loro casa ha avuto il successo sperato: non solo i funghi erano belli a vedersi, ma – cucinati e giudicati anche da uno chef di prestigio – erano risultati ottimi al palato. I due ragazzi hanno fondato l’azienda Back To The Roots(letteralmente “torniamo alle radici”) e hanno iniziato a ritirare grandi quantità di caffè utilizzato e scartato da bar della zona. Ora coltivano grandi quantità di funghi fino a esaurire le potenzialità del “terriccio”, che puoi poi essere ancora rivenduto come fertilizzante biologico, assolutamente privo di sostanze chimiche.
Oltre alla vendita all’ingrosso dei miceti, ultimamente hanno escogitato anche dei kit “fai-da-te” come quelli che vedete nella foto, che consentono agli appassionati di coltivare i loro propri funghi in casa.
Non ci risulta che qualcuno abbia già importato l’idea in Italia. Ma siamo sicuri che, nella patria della tazzina, se potessimo trasformare questa enorme massa di rifiuti in qualcosa di valore, l’impatto sarebbe enorme.

5 alimenti confezionati che non avrete mai più bisogno di comprare:


alimenti_confezionati
E' passato un mese dall’inizio di questo 2012…state mantenendo i vostri buoni propositi? Io, almeno per ora, non ho ancora disatteso i miei: mangiare più sano, evitare cibi elaborati, ma soprattutto smettere di comprare tutto ciò che la pubblicità ci propina continuamente. Fino a poco tempo fa, alcuni cibi confezionati erano rigorosamente inseriti nella mia lista della spesa. Ma, negli ultimi mesi, ho scoperto che il loro acquisto è completamente inutile (un applauso alla mia furbizia!): basta un pizzico di applicazione per produrli autonomamente.
  1. 1) ZUPPA

    Ho sempre trovato difetti nelle minestre confezionate. Nascondono sempre ingredienti sgradevoli e, la maggior parte delle volte, perfino quelle pensate appositamente per i vegani nascondono pezzetti di pollo o di manzo. Eppure non sono mai riuscita a fare a meno di comprarle. Ho provato con molta riluttanza a preparare la minestra a casa, scoprendo che, senza dover aggiungere nessun “componente-spazzatura”,  si diffonde immediatamente per le stanze il profumo delle mie verdure preferite. Frutto di un complesso esperimento culinario? Neanche per sogno.
    In realtà non sono esattamente un asso in cucina, e se ce l’ho fatta io, potete star certi che troverete facilissimo il procedimento. Per altro, non avrete bisogno di ingredienti particolari.
    Fate un tentativo: aprite il vostro frigorifero e digitate su Google il nome di qualsiasi cosa vediate al suo interno preceduto dalle parole “zuppa di”. Troverete la maggior parte degli ingredienti cercati.
    Orsù dunque, al lavoro. Per esempio, potreste provare con:
    • 1 cucchiaio di margarina vegana
    • Qualche spicchio di cipolla
    • 30 grammi di carote
    • 30 grammi di sedano
    • 3 patate dolci di mezza grandezza, pelate e tagliate a dadi
    • 2 pere, anch’esse pelate e tagliate a dadi
    • Mezzo cucchiaino di timo essiccato
    • Un cucchiaino di paprika
    • Un litro abbondante di brodo vegetale
    • 80 ml di latte di cocco
    • 2 cucchiaini di sciroppo d’acero
    • 2 cucchiaini di succo di limone
    • Pepe a piacimento
Scaldate la margarina a media temperatura. Aggiungete cipolle, carote e sedano, quindi rosolate per un minuto. Inserite le patate dolci, le pere e il timo e rosolate per 2 minuti abbondanti. Aggiungete paprika e brodo vegetale. Portate a ebollizione e lasciate sul fuoco per 15 minuti.
Aspettate che il preparato si raffreddi un po’prima di trasformarlo in purea, altrimenti farà esplodere il frullatore a causa del calore.
Mescolate nel frullatore finché  il composto non è liscio. Aggiungete poi il latte di cocco, lo sciroppo d’acero e il succo di limone. Lasciate bollire per 5 minuti. Se la zuppa risulta troppo densa aggiungete un pochino di brodo. Condite con sale e pepe, con una punta ulteriore di sciroppo d’acero o succo di limone se lo reputate necessario.
In alternativa leggete le ricette delle nostre zuppe
  1. 2) PISELLI IN SCATOLA

    Nel caso non lo sapeste, i barattoli che li contengono vengono rivestiti di Bisfenolo A, composto organico che sembra essere fra le principali cause del calo del desiderio sessuale e della fertilità maschile. Credo che questa motivazione basti a farvi desistere. Esattamente come la zuppa, fra l’altro, i piselli sono molto più buoni e freschi, nonché più salutari, se comprati essiccati e preparati a casa.
    Capisco che l’idea di cucinare così tanto possa risultarvi piacevole quanto un sonoro calcio sul lato B. In realtà, invece, ci vogliono solo 3 minuti per mettere i piselli nell’acqua, un altro minuto per cambiare la suddetta acqua in cui sono stati lasciati a bagno, infine ancora 5 minuti per metterli a essiccare. Avrete così tutti i piselli che mangiate in una settimana in meno di 10 minuti.
  1. 3) CREMA DI CECI

    Una delle ricette all’interno delle quali utilizziamo i piselli di cui sopra è la crema di ceci o hummus. A differenza di quella confezionata, la crema fatta con le nostre manine non sarà mai troppo salata, troppo dolce, troppo acida, troppo insipida o troppo pungente all’olfatto. Sarà esattamente come vorremmo che fosse, visto che l’abbiamo preparata noi stessi seguendo i nostri gusti personali. Un esempio semplice potrebbe essere il seguente:
    Procuratevi 100 g di ceci ammollati, 240 g di piselli freschi, 1 ciuffo di prezzemolo, 1/2 bicchiere di panna, 1 litro di brodo di dado vegetale.
    Lavate e tritate il prezzemolo. Mettete i ceci nel passaverdure e diluite la purea con il brodo bollente. Insaporite la crema con sale e pepe. Fate addensare cuocendo per qualche minuto a fuoco medio. Aggiungete la panna e lasciate sul fuoco ancora per 5 min. Aggiungete i piselli e il prezzemolo e fate cuocere fino a che i primi saranno teneri. A questo punto la crema sarà addensata. Riponete in un piatto e aggiungete 1 filo di olio extravergine di oliva.
Consiglio per una crema di ceci particolarmente saporita: aggiungete un pochino dell’acqua utilizzata per cucinare i piselli al posto dell’olio d’oliva. Regala un gradevole aroma e crea un sapore molto intenso senza l’aggiunta di grassi.
  1. 4) KINDER FETTA AL LATTE

    kinder-fetta-al-latte
Come non ricordare l’alternativa proposta da greenMe.it alla celeberrima merendina della Kinder! Chi non l’avesse ancora presa in considerazione, corra immediatamente ai ripari! Vi serviranno: 
  • 40 g di farina 0
  • 20 g di farina integrale
  • 60 g di zucchero a velo
  • 60 g di burro ammorbidito
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci
  • 3 cucchiaini di cacao amaro
  • 2 albumi
  • 1 pizzico di sale
  • 1 pizzico di bicarbonato di sodio
  • 250 ml di panna da montare
  • 2 cucchiaini di miele
  • 1 cucchiaino di sciroppo d’acero
In una terrina unite lo zucchero a velo e il burro tagliato a tocchetti; poi, con un cucchiaio di legno, mescolate fino a ottenere una crema liscia e compatta. Versate gli albumi in un contenitore alto e stretto, aggiungete il sale e il bicarbonato e montate a neve con le fruste fino ad ottenere una spuma ben soda. Colate gli albumi sulla crema di burro e mescolate lentamente, facendo movimenti dal basso verso l’alto, in modo da incorporare aria, ottenendo così un pan di spagna morbido.
Setacciate la farina, il cacao e il lievito, poi versatelo a pioggia sul composto cremoso e mescolate fino a ottenere una crema omogenea. A questo punto accendete il forno a 200 gradi, foderate la placca del forno con della carta apposita, poi versateci il composto e – aiutandovi con una spatola - distribuitela in modo omogeneo formando uno strato di circa 3-4 millimetri di spessore. Infornate e fate cuocere per 3-4 minuti al massimo, poi sfornate e lasciate freddare. Nel frattempo montate la panna, aggiungete il miele e lo sciroppo d’acero.
Quando il pan di spagna si sarà raffreddato, tagliate delicatamente i bordi del rettangolo, in modo da rifinirlo nella forma, dividetelo in due parti uguali e ricoprite uno dei due strati con la panna: fate attenzione a non farcire troppo le estremità, che dovrete sporcare leggermente. Fatto ciò, coprite con l’altro strato di pan di spagna e premete leggermente con le mani per distribuire la farcia in modo omogeneo. Riponete in frigo per almeno 2 ore.
  1. 5) DADO

Sul nostro forum  viene infine suggerito un modo semplice e genuino di preparare il dado vegetale con ingredienti naturali, ma soprattutto senza l’aggiunta dei conservanti che abbondano generalmente nei prodotti acquistabili al supermercato. Vi serviranno: 200 gr di sedano, 2 carote,1 cipolla grossa,1 zucchina,100 gr di prezzemolo, 20 foglie di basilico, 2 rametti di rosmarino,15 foglie di salvia, 150 gr di sale,1 cucchiaio di olio.
Sminuzzate finemente le verdure e le erbe aromatiche, mettetele dentro a una pentola di acciaio insieme con un cucchiaio d’olio, quindi copritele con il sale e fatele cuocere per almeno un’ora e mezza senza aggiungere acqua. A questo punto frullate e rimettete sul fuoco finché il dado non si sarà addensato.
Riponetelo ancora caldo dentro un contenitore di vetro e mettetelo in frigorifero…il risultato è assicurato!
Questi sono solo alcuni esempi perché dalle conserve al pane, dal gelato allo yogurt, con un po' di tempo e buona volontà tutto può essere preparato con le vostre mani per riscoprire i sapori di una volta dimenticati...

Costa Concordia: perchè non usare i robot anti-inquinamento Hydronet?


hydronetL’emergenza inquinamento causato dal disastro della Costa Concordia potrebbe essere risolta con l’aiuto di Hydronet, il progetto europeo coordinato dal dipartimento di robotica della Scuola Superiore di Studi e Perfezionamento Sant'Anna di Pisa.
Dopo 3 anni di sperimentazione, sabato scorso è stato presentato a Livorno il robot Hydronet, un sistema di piccole barche robotiche e di boe in grado di monitorare in tempo reale lo stato delle acquecostiere e lacustri, rilevandone le caratteristiche fisiche e chimichenonché l’eventuale presenza disostanze inquinanti.
Hydronet può essere programmata in maniera dinamica da una stazione di controllo per analizzare le acque e la loro qualità, prelevata fino ad una profondità di 50 metri.
Le analisi vengono effettuate in loco e i risultati sono resi noti in tempo reale, attraverso un  ponte radio fino alla stazione di controllo. Il sistema monitora le caratteristiche fisiche (salinità, Ph, temperatura…) e chimiche (presenza metalli pesanti, -Hg, Cd, Cr- e idrocarburi in superficie o disciolti) rilevate da sensori miniaturizzati installati sui robot. Dai sensori arrivano informazioni immediate che costituiscono la base per definire modelli previsionali e di dispersione delle possibili sostanze inquinanti.