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05/01/12

Il cioccolato amaro al sapore di schiavitù e sfruttamento minorile:


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Non tutti i bambini hanno apprezzato il cioccolato che abbiamo felicemente consumato durante le festività natalizie e che stanotte riempirà migliaia e migliaia di calze della Befana. Questa eterna e gustosa prelibatezza nasconde, infatti, un ingrediente segreto, dal sapore davvero amaro, che sa di schiavitù e di sfruttamento. Il settore del cioccolato, nonostante le intese, i protocolli e le dichiarazioni di buoni intenti, occupa ancora tantissimi minori nelle piantagioni di cacao, vittime di una vera e propia “tratta” che, secondo alcune stime, ne coinvolgerebbe più di200 mila, di età compresa tra i cinque e i quindici anni.
Pagati appena un pugno di dollari, questi moderni schiavi vengono dal Benin, dal Togo, dal Ghana, dalla Nigeria, dal Camerun, dal Burkina Faso, dalla Costa d’Avorio. Sono coperti di cicatrici, segni evidenti delle frustate e delle percosse a cui sono sottoposti, vestiti di stracci, rinchiusi in veri e propri lager, dove si dorme in baracche fatiscenti con porte e finestre sbarrette dall’esterno. Sono i bambini che il cioccolato non lo mangiano, lo raccolgono.
Così, dieci anni dopo il protocollo Harkin-Engel, firmato dall’industria del cioccolato nel 2001 per cercare di fermare questa moderna schiavitù, nulla è cambiato e resta ancora tutto da fare. Eppure sono passati più di 10 anni da quando l’articolo “A Taste of Slavery”, di Sudarsan Raghavan e Sumana Chatterjee, pubblicato dal Knight Ridder Newspaper, diede vita alloscandalo che portò al protocollo. Avevano raccontato all’America e al mondo, con immagini scioccanti e inequivocabili, come le grandi compagnie del cacao usassero i bambini per la raccolta del cacao trattandoli come schiavi, di come Aly Diabate, un piccolo malese di 12 anni, fosse stato convinto da un mercante di schiavi, detto “Le Gros” (Il Grosso), a lavorare nelle piantagioni. Gli aveva promesso una bicicletta e 150 dollari all’anno. Non arrivarono mai. Arrivarono invece le fatiche, il duro lavoro, dalle sei di mattina alle 18.30, le sevizie, le torture, le botte. "Non so cosa sia il cioccolato" raccontò Aly ai reporter. Lui ne conosceva solo i semi e la pianta, non il prodotto lavorato.
Quel dossier finì dai giornali al Congresso americano, che costrinse le multinazionali del cacao, da Nestlè a Hershey’s, fino alla M&Mgià balzata all’onore delle cronache per la sperimentazione animale, a firmare l’accordo con cui si impegnavano a non usare più bambini come schiavi entro il 2005 e ad apporre l’etichetta “slave-free”, per certificare che i loro prodotti non provenissero da piantagioni dove venivano impiegati bambini in schiavitù. Ma ottennero una proroga fino al 2008. Poi, nel 2008, ne ottennero un’altra fino al 2010.
Recentemente un team di ricercatori della Tulane University, New Orleans, Stati Uniti, su incarico del Congresso americano, ha rilasciato un ennesimo dettagliato rapporto (clicca qui per scaricare il pdf) sull’uso di bambini nelle piantagioni di cacao, in particolare in Ghana e Costa d’Avorio, che con il 60% della produzione globale sono i più grandi produttori di cacao al mondo . Un'altra relazione shoccante. Ben la metà dei bimbi provenienti da famiglie contadine lavora nell’agricoltura, spiega il dossier. E, tra loro, una percentuale tra il 25% e il 50% è utilizzata nelle piantagioni di cacao.
Questi non-bambini vengono costretti a trasportare carichi troppo pesanti sulle spalle, che danneggiano le colonne vertebrali, usano attrezzi pericolosi con cui spesso si feriscono, come il machete, respirano giornalmente tutte le sostanze chimiche utilizzate nelle piantagioni. Ma i fabbricanti di cioccolato continuano a nascondersi dietro al cofinanziamento di progetti pilotache hanno lo scopo di modificare le pratiche dei contadini, senza che essi debbano modificare le proprie. Operazioni che hanno il sapore di uno squallido greenwashing sociale.
Per contrastare tutto ciò, un gruppo di ONG di tutto il mondo, da International Labor Rights ForumGeneral Coordination, a Stop the traffik, ha lanciato, nauseato dalla falsità e dall’iniquità, la 10 Campaign, un’iniziativa che vuole denunciare il fallimento del decennio del protocollo. Ma che è anche l'inizio di una offensiva più aggressiva contro governi e le imprese dei paesi importatori di cacao e le imprese.
Perché fin quando l'industria non sarà disposta a cambiare le proprie pratiche commerciali e a pagare i prezzi corretti ai contadini, questi progetti non potranno mai raggiungere gli obiettivi di sostenibilità che si sono posti.
È qui che entra in campo il consumatore, che deve saper acquistare con consapevolezza,domandandosi se nel prodotto che compra c'è una componente di sfruttamento, e scegliendoprodotti del commercio equo e solidale, basati non sulla produzione di massa, ma sul concetto di qualità. Prima che, tra l’altro, questo alimento, tanto caro persino ai Maya, diventi un bene di lusso inaccessibile a causa del cambiamento climatico.
Stasera, allora, quando sarà il momento di riempire amorevolmente le calze per i fortunati bambini italiani, facciamolo con prodotti che abbiano tutto lo squisito gusto dell'equità, libero da qualsiasi ingrediente amaro.

Fiat Natural Power, le possibilità del metano:


Ecologica, pratica, economica: la gamma di veicoli a metano ‘Natural Power’ firmati Fiat vuole presentarsi come un concentrato di innovazione tecnologica e ingegneristica a servizio dell’ambiente e del benessere dell’uomo.  Ilmetano, infatti, è il carburante più economico disponibile sul mercato, basti pensare che con meno di 10 euro è possibile percorre più di 270 km a bordo di un’utilitaria di piccola cilindrata (es. Panda); è pratico, perché non è soggetto a nessuna limitazione al traffico, come targhe alterne, ZTL e blocchi; è ecologico, perché riduce notevolmente le emissioni di Co2 nell’aria (solo 113 g/km con una Panda Natural Power): tutti vantaggi noti ai possessori di un’auto a metano, ma spesso ancora ignorati dal grande pubblico.
Ma vediamo nel dettaglio quali sono i modelli a doppia alimentazione (metano-benzina) della gamma Natural Power di Fiat.
La Fiat Qubo è la new-entry della famiglia. Consumi particolarmente ridotti e un’autonomia media fino a 1000 chilometri di percorribilità stradale, fanno di questa vettura una delle migliori sotto il profilo qualità-prezzo. Grazie agli incentivi statali previsti per i veicoli poco inquinanti (3.500 euro di bonus) è possibile acquistarla a meno di 10.000 euro nella versione Active. Le emissioni di anidride carbonica sono al di sotto dei 120 g/Km, mentre le prestazioni in regime di alimentazione a metano sono eccellenti, grazie a un propulsore 1.4 abbinato al cambio manuale a cinque marce. Disponibile nella versione Active (semplice e più economica) e Dinamic (dagli allestimenti più ricchi e completi), la Fiat Qubo ed in generale l’impegno sul fronte metano è una delle ragioni per cui il Gruppo Fiat è stato nei mesi scorsi premiato come casa automobilistica leader della riduzione delle emissioni di Co2 in Europa.
L’alimentazione a metano è declinata anche nelle monovolume e nelle multi spazio prodotte dalla casa automobilistica torinese:
  • Fiat Doblò 1.6 16V Natural Power Active (18.651 euro);
  • Fiat Multipla Metano 1.6 16V Natural Power Dynamique (24.151 euro) e la più accessoriata versione ‘Emotion’ (25.151 euro).
Tra le city-car più gettonate ci sono sicuramente i modelli Punto e Panda della gamma Natural Power proposti in vari allestimenti, molti dei quali adatti anche a un target giovane ma sensibile alle tematiche ambientali:
  • La Fiat Punto Classic 1.2 (12.150 euro)
  • Fiat Punto Evo Metano 1.4 (15.701 euro)
  • Fiat Punto Evo Metano 1.4 (16.501 euro)
  • Fiat Punto Evo Metano 1.4 (17.201 euro)
  • Fiat Punto Evo Metano 1.4 ( 18.001 euro)
  • Fiat Punto Evo Metano 1.4  Emotion ( 19.501 euro)
  • Fiat Panda 1.4 Active (13.750 euro)
  • Fiat Panda 1.4 Dynamic Mamy (14.900 euro)
  • Fiat Panda 1.4 Cross (17.400 euro)
Alla luce dei vantaggi che questi veicoli consentono di ottenere, sia dal punto di vista dei consumi che del ridotto livello di inquinamento prodotto, crediamo sia giunto davvero il momento di porsi la domanda su quale sia il tipo di veicolo più adatto alle nostre esigenze dando così un taglio netto al carovita imposto anche dai prezzi sempre più proibitivi che la benzina ha orami raggiunto. E in un momento come quello attuale i buoni motivi per passare a un veicolo a metano sono davvero tanti.

Ecco un camper davvero innovativo:


Non si tratta del solito camper, ma di una vera opera d’arte ‘a rimorchio’ ispirata alla più famosa Sydney Opera House con tanto di cucina funzionante, bagno e doccia esterna.
La curiosa  tenda progettata da un team di architetti olandesi e tedeschi è montata su un lussuosissimo camper che può essere trainato da una semplice macchina.  Un bell’esempio, oltre che di design, di utilizzo efficiente dello spazio, visti gli innovativi metodi di progettazione architettonica applicati all’Opera-camper che presto verrà commercializzata in Australia ed Europa nel 2012.
Il design leggero e compatto, rendono questa tenda trasportabile da qualsiasi tipo di auto ed esattamente come una barca a vele spiegate, tutto è costruito secondo standard particolarmente sofisticati sia in termini di resistenza, sicurezza che di risparmio energetico.
Arrivati a destinazione, il camper si sgancia facilmente e la tende può essere ripiegata su se stessa fino a creare una sorta di ponte posteriore completamente aperto nella parte anteriore. All’interno, due posti letto, una toilette in ceramica, frigorifero con carica dall’alto illuminato a LED, cucina, stufa,e una piccola caldaia per produrre acqua calda per la cucina e la doccia esterna.
Il camper è facilmente trasportabile con un rimorchio
Il colore chiaro della plastica in cui è realizzata la tenda fa sì che la luce naturale nelle ore diurne penetri e si diffonda in tutto il camper, evitando così inutili sprechi energetici.  Unico neo: prezzo a partire da 27.000 euro… Ma speriamo lo stesso in una versione più economica in un futuro.