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13/01/12

Le sigarette fanno MALISSIMO anche all'ambiente e ai pesci, ecco perchè e come:


Non se ne parla mai, ma gli oggetti non biodegradabili di cui il Pianeta è più cosparso in assoluto non sono le buste di plastica e neppure le bottiglie di birra, bensì i più umili mozziconi di sigaretta. I fumatori che continuano a gettare a terra i mozziconi, invece che nei posacenere, per certi versi sono i maggiori nemici dell’ambiente, eppure nessuno se la prende mai con loro.
Certo, le bottiglie di plastica e le auto bruciate e abbandonate infastidiscono di più gli occhi, mentre i mozziconi sono così minuscoli che la maggior parte di noi li ignora del tutto, a meno che non se ne accumuli una tale massa da attirare l’indignazione.
In ogni caso, sono pochi quelli che considerano socialmente inaccettabile buttare a terra un mozzicone. Ma forse sarebbe ora di iniziare a cambiare atteggiamento. Gli operatori ecologici raccolgono con relativa facilità i rifiuti ingombranti, ma i mozziconi sono così piccoli che di solito vengono tralasciati, per poi finire nei tombini alla prima pioggia e poi nei fiumi e nei mari.
Una ricerca svolta dalla San Diego State University ha evidenziato che l’acqua in cui è stato in ammollo un mozzicone di sigaretta “è tossica anche a bassa concentrazione. Un solo mozzicone in un litro di acqua può uccidere un pesce nel giro di 96 ore”.
Le centinaia di migliaia di tonnellate di mozziconi buttate ogni anno sui marciapiedi delle città sono una bomba a orologeria per fiumi, laghi e mari – che va ad aggiungersi a innumerevoli altre sostanze inquinanti.
Come dire: la sigaretta non fa soltanto male ai polmoni del fumatore e di chi lo circonda, ma rilascia anche pallottole di veleno che vanno a intossicare l’acqua e i pesci, una delle più preziose fonti di proteine nell’alimentazione umana. Un altro ottimo motivo per smettere di fumare.

Le carceri sostenibili del Rwanda, a tutto biogas e km zero:


impianto biogas carcere Rwanda
Per proteggere le foreste del Rwanda e diminuire i costi della bolletta energetica, nelle 14 carceri del Paese sono stati installati degli impianti a biogas alimentati dai rifiuti prodotti dai detenuti.
Una rivoluzione energetica che ha consentito di coprire, ad oggi, il 75% dei consumi prima assicurati dalla combustione di legname. All’interno del carcere di Nsinda vivono circa 8 mila detenuti, molti accusati di essere coinvolti nel genocidio del 1994, uno dei più sanguinosi del XX° secolo.
Oggi, sotto lo sguardo vigile delle guardie, i detenuti si riabilitano nei campi, coltivando le campagne attorno al carcere, nel distretto di Rwamagana, a sessanta chilometri ad Est della capitale, Kigali. Coltivano fagioli, mais, banane e cassava (manioca, ndr), prodotti a km zeroche vengono perlopiù destinati ai fabbisogni alimentari degli stessi detenuti.

Tra di loro ci sono degli ingegneri che hanno collaborato con l’Institute of Technology di Kigali per costruire l’impianto di biogas che si trova nel retro della prigione. Nell’impianto finiscono sia i rifiuti solidi prodotti dai detenuti nelle 24 toilettes del carcere, sia lo sterco delle mucche della fattoria della prigione.
Purtroppo la dieta dei detenuti non è abbastanza ricca da produrre un gas di qualità, ma grazie al mix con i rifiuti animali si riesce a creare ugualmente un buon combustibile. Fuori dal carcere ci sono dodici digestori, capaci di immagazzinare ciascuno 100 metri cubi di biogas. La manutenzione dell’impianto e l’intero processo produttivo sono affidati ai detenuti.
La disponibilità di biogas ha eliminato in parte i rischi dell’esposizione al fumo provocato dai fuochi. Inoltre la bolletta del carcere è diminuita dell’85%, il che in un Paese poverissimo come il Rwanda non è affatto un dato trascurabile. Nel 2013 i dirigenti del carcere sperano di liberarsi del tutto dai fuochi accesi per cucinare.