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17/01/12

Francia, raddoppiano le leucemie infantili vicino le centrali nucleari:


Leucemie infantili,  incidenza doppia nei pressi delle centrali nucleari
Le Monde, autorevole quotidiano francese, a pag.7 nell’edizione di ieri venerdì 13 gennaio 2012, dedica una bella mezza pagina allo studio francese condotto da Jacqueline Clavel a proposito dell’aumenti di casi di leucemia infantile nei pressi delle centrali nucleari. Lo trovatequi.
La ricercatrice è direttrice dell’Unità 754 dell’Inserm nonché membro del Cesp e ha dimostrato la correlazione tra la frequenza delle leucemie infantili e la prossimità di una centrale nucleare. Ma restano ancora sconosciute le cause.
Le leucemie acute rappresentano il 30% dei cancri che colpiscono i bambini. Dopo il ripristino nel 1990 in Francia di un Registro nazionale dei tumori infantili il numero dei casi annuali (l’incidenza) nella fascia d’età tra gli 0 e i 14 anni è restata stabile intorno ai 470 casi. Ci sono 80 casi tra i 15 e i 19 anni. I fattori di rischio per questo genere di cancro che va a colpire i globuli bianchi restano ignoti. La genetica spiega che il 5% delle leucemie acute dipendono da fattori ambientali e le radiazioni ionizzanti sono state messe sotto accusa.

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L’équipe della Clevel che include anche scienziati dell’IRSN ha lavorato a partire dal Registro nazionale delle emopatie dei bambini dal 2002 al 2007 . Hanno realizzato uno studio comparativo tra casi di leucemia (2753 bambini al di sotto dei 15 anni) e un gruppo di età analoga di soggetti testimoni (popolazione generica pari a 5000 per anno), comparando le incidenze delle leucemie nella popolazione di bambini e adolescenti che vivono nel raggio di 5Km da una centrale nucleare e nella popolazione pediatrica in generale. Ebbene il risultato è che la probabilità per un bambino o un’adolescente di soffrire di una leucemia è di 1,9 volte più elevata se vive a meno di 5 Km da una centrale nucleare. I casi osservati sono 14 contro 7,4 casi nella popolazione testimone. L’indice, se riferito a bambini al di sotto dei 5 anni è ancora più elevato con 8 casi osservati su 3,6 della popolazione testimone, dunque 2,2 volte in più.
Gli autori dello studio però prendono le distanze dalla possibile spiegazione di una crescita di rischio leucemia nei pressi delle centrali nucleari a causa del rilascio di radionuclidi nell’aria. Spiega Jacqueline Clavel:
Non abbiamo ritrovato alcuna associazione tra l’aumento del rischio di leucemia e la zona geografica stabilita in funzione della dose di radiazioni a cui i soggetti sono stati esposti. Le dosi sono mille volte inferiori della radioattività naturale. sarebbe dunque necessario identificare i fattori che spieghino le nostre osservazioni. Il nostro studio mostra una correlazione tra le leucemie in prossimità di una centrale nucleare. Ma poiché non abbiamo identificato i fattori che le causano non possiamo giungere a conclusioni in termini di prevenzione.
Ovviamente gli scienziati autori dello studio invitano altri colleghi a approfondire con nuove ricerche le cause. Di certo è chiaro che non conviene vivere nei pressi di una centrale nucleare se non oltre i 5km

A Pesaro si viaggia con la metropolitana per bici:


Il progetto del Comune collega le piste ciclabili con linee e colori, proprio come succede per il mezzo su rotaie

Un cartello della BicipolitanaUn cartello della Bicipolitana
MILANO – Pesaro chiama Amsterdam. La città marchigiana viaggia parecchio su due ruote. E lo fa grazie a un sistema integrato di piste ciclabili, collegate tra loro in modo da formare una rete di linee, con colori e numeri proprio come una metropolitana di superficie in cui le rotaie sono i percorsi e le carrozze sono le biciclette. Il progetto, avviato già da qualche tempo, si chiama Bicipolitana e per il momento ha un’estensione di 65 chilometri. Ma l’obiettivo è di ampliarlo.
MODELLO DEL NORD - «Entro fine 2012 vogliamo arrivare a 70 chilometri», spiega a Corriere.it l’assessore alla Mobilità Andrea Biancani. Ma non solo. Entro fine dell’anno verrà potenziata anche la segnaletica orizzontale e verticale: «Per collegare le piste è importante che chi le usa conosca tutti gli itinerari possibili e sappia che direzione prendere, così abbiamo scelto un sistema numerico e di colori. Su ogni segnale i ciclisti trovano indicate “le fermate” della linea e a terra è indicato il numero del percorso», continua Biancani. Particolarmente interessanti poi gli itinerari che collegano il mare con l’interno, lungo assi trasversali che partono dalla periferia della città. E se il progetto è facilitato dalla condizione pianeggiante della città, l’idea sembra piacere ai pesaresi che per spostarsi lasciano a casa l’auto e preferiscono le due ruote. Il tutto senza sborsare un euro e diminuendo notevolmente il loro impatto ambientale. Per capirci di più, però, al Comune hanno deciso di monitorare i passaggi andando a vedere quali sono i momenti della giornata di maggior utilizzo. «Il nostro modello sono le città dell’Europa del Nord, come Amsterdam e Copenaghen. Ma qui abbiamo la fortuna di avere un clima più mite con temperature che facilitano l’uso della bicicletta», sottolinea Biancani.
La Bicipolitana di PesaroLa Bicipolitana di Pesaro    La Bicipolitana di Pesaro    La Bicipolitana di Pesaro    La Bicipolitana di Pesaro    La Bicipolitana di Pesaro
SISTEMA INTEGRATO - Nel piano – che prevede una spesa complessiva di 26 milioni di euro – non è stata sottovalutata nemmeno la tipologia di pista ciclabile. Niente spazi in condivisione con le macchine, delimitati da una semplice riga. A Pesaro «la pista ciclabile è rialzata, con sede propria e protetta da un sistema di cordoli». Poi, a completare il tutto un sistema dibikesharing con una chiavetta e un codice che può essere utilizzato anche in altre città della Regione. Infine, una serie di aree di sosta sia per le bici a noleggio che per quelle private. E per i finanziamenti? «Il periodo certo non aiuta», sottolinea Biancani. «Ma cerchiamo di fare squadra e di accedere anche a fondi regionali europei. O, ancora, di legare la costruzione delle piste a piani regolatori della città».

Carta e cartone: il decalogo per un corretto riciclaggio


Dalle lettere levare la finestrella plastificata, no a tovagliolini e fazzoletti. Non buttare i giornali in buste di plastica

MILANO - Otto italiani su dieci riciclano carta e cartone. E producono una mole di materiale cartaceo pari a 52,2 chili a testa. In media. Ogni anno. Tutti questi fogli, giornali, scatole, buste, fascicoli e depliant che quotidianamente buttiamo nei cassonetti per la raccolta differenziata, hanno un valore incredibile. Sia economico, sia ambientale. Nel 2010 il gesto di differenziare la carta ha prodotto 460 milioni di euro, e quasi 3,5 miliardi di euro tra il 1999 e il 2010. Il riciclo ha inoltre evitato la costruzione di 222 nuove discariche, 26 solo nel 2010. Secondo dati Comieco (Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo degli imballaggi a base cellulosica), da 3,07 milioni di tonnellate di carta e cartone raccolti sono stati recuperati e riciclati nove imballaggi su dieci. Ma possiamo fare di più. Già, visto che l’utilizzo di carta pro-capite è pari a circa 200 chili all’anno, possiamo raccogliere più carta. Ed evitare gli errori.
LE REGOLE - Il virtuoso della differenziata sa che dalle buste va levata la finestrella plastificata che consente di vedere l’indirizzo, non ha dubbi quando leva la stagnola e il velo plastificato dal pacchetto di sigarette, evita accuratamente di inserire fazzoletti e tovaglioli di carta, che sono anti-spappolo. Butta gli scontrini nell’indifferenziata: sono di carta termica. Ma gli errori sono comuni. «La carta deve arrivare agli impianti con un massimo dell’1% di impurità. Quando passa sui nastri trasportatori, gli addetti la smistano ed eliminano, ad esempio, i sacchetti di plastica che spesso contengono i pacchi di giornali: è un errore comune. Più arriva pulita, meno lavorazione c’è nell’impianto di separazione, prima cioè che passi alla fase di spappolamento del macero, dove le parti metalliche, come le graffette delle riviste, finiscono sul fondo», spiega Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco. «Scontrini, carte contaminate con vernici, carta oleata, carte con residui di cibo non vanno inserite tra la carta da riciclare perché non sono riciclabili e rallentano il ciclo produttivo.
TETRAPAK - Il tetrapak invece, tranne nei Comuni che fanno la raccolta multimateriale, è fatto con carta di ottima qualità, che quasi tutte le cartiere sono in grado di riciclare. «Certo, va sciacquato e privato dei beccucci di plastica», prosegue Montalbetti.
OCCUPAZIONE - «Seguendo una normativa europea ci definiamo consorzio per il recupero degli imballaggi a base cellulosica, ma questo non significa che i cittadini non debbano gettare giornali nel cassonetto, sia chiaro. Tutto ciò che è di carta, purché pulita e priva di parti di plastica o metalliche, va bene», ammonisce il direttore del Comieco. «Differenziare e riciclare significa avere senso civico, e anche creare occupazione: solo nel settore raccolta e lavorazione, il riciclo della carta ha creato alcune migliaia di posti di lavoro. La carta italiana, e quella riciclata in particolare, è una florida azienda: il 50% del made in Italyè confezionato e trasportato con imballaggi riciclati».
SETTE VOLTE - A chi si domanda quanti alberi utilizza una cartiera o perché leggere su carta, o come mai dover dare il proprio contributo selezionando con accuratezza ciò che è da gettare nei cassonetti per il riciclo di ciò che è cartaceo, scartando ciò che danneggerebbe futuri quaderni, contenitori, scatole, mobili, può interessare sapere che la carta è il prodotto più riciclato in Europa: più della metà proviene dal riciclo. In Italia ogni 100 tonnellate di carta prodotta, 56 sono riciclate. La fibra riciclata si può riutilizzare in media sette volte.
MEGLIO ONLINE O SU CARTA? - Leggere un quotidiano su carta al giorno produce il 20% in meno di CO2 rispetto a mezz'ora di lettura online (secondo uno studio dello Swedish Royal Institute for Technology). «Chi obietta che bisognerebbe ridurre il consumo di carta per salvaguardare gli alberi, non sa che la deforestazione è principalmente dovuta alla conversione delle foreste in terreni agricoli e alla raccolta di legname destinato ad altri usi.
ABBATTERE ALBERI - L’utilizzo di legname in Europa e nel mondo è soltanto per il 12% conseguenza della produzione di carta: la cellulosa è prodotta da residui generati da altri settori industriali, come le segherie e da legname ricavato dallo sfoltimento degli alberi. Le norme che regolano il settore della produzione di cellulosa sono molto precise: per ogni albero abbattuto ne vengono piantati tre», aggiunge il direttore generale di Comieco, che conclude: «L’industria cartaria italiana negli ultimi dodici anni ha ridotto l’impiego di acqua per unità di prodotto del 40% e il fabbisogno energetico del 20%. L’Italia è terza in Europa per volumi di macero impiegati: i motivi per separare e differenziare i diversi materiali presenti nei rifiuti e avviarli correttamente al riciclo non mancano».

Pneumatici riciclati: strade meno rumorose con il polverino di gomma


In Italia smaltiti 25 milioni di pezzi, pari a 400 mila tonnellate all'anno. Il manto stradale è più resistente

MILANO - Ogni anno in Italia vengono smaltiti 25 milioni di pneumatici: sono 400 mila le tonnellate di copertoni da riciclare. Il 45% è avviato al recupero energetico mentre il 20-25% viene trasformato in granuli, o polverino, e destinato alla manifattura della gomma. I pneumatici vengono trattati in appositi impianti che separano la gomma dalla tela e dal metallo, recuperano poi la gomma e la frantumano in particelle sempre più piccole, ricavandone una sabbia molto fine: il polverino, appunto. Ed è con il polverino, o meglio, con bitumi modificati con polverino di gomma che la Provincia di Torino sta ripavimentando lunghi tratti di strade come la circonvallazione Bòrgaro-Venarìa.
PROGETTO - «La nostra Provincia gestisce 3.200 chilometri di strade. Il progettoTyRec4life, che prevede l’utilizzo di bitumi modificati, è finanziato nell’ambito delprogramma triennale europeo Life+», spiega l’assessore alla Viabilità Alberto Avetta. «Il costo totale per la Provincia è di circa 1 milione di euro di cui circa 700 mila cofinanziati della Comunità europea e il resto a nostro carico. La voce più importante nel budget è quella relativa alla realizzazione di circa 3 km di strade, e vale 600 mila euro, 75 mila dei quali arriveranno dall'Ue», prosegue l’assessore. «Su una tangenziale lunga 8 chilometri, per ora la pavimentazione con polverino è circa di tre: se le Provincie continueranno a esistere e non saranno abolite, andremo avanti nel progetto con altri 5 chilometri, e sperimenteremo queste miscele, che garantiscono maggior sicurezza e durata». La Provincia di Torino intende provarle anche ad altimetrie differenti, per valutarne l’impatto con ghiaccio e neve.
POLVERINO - ll polverino di gomma usato come componente per creare bitumi modificati rende infatti il manto stradale più resistente alle deformazioni e all’azione dell’acqua o della neve. In alcuni Paesi lo usano da anni. «Negli Stati Uniti almeno da 15 anni viene ampiamente utilizzato, ma anche in Europa: soprattutto in Portogallo, Spagna, e anche in Germania. Un decreto di qualche anno fa stabiliva che una quota fissa di polverino dovesse essere utilizzata sulle pavimentazioni, poi non se ne è fatto più nulla», spiega Ezio Santagata, ingegnere del Politecnico di Torino, ordinario di costruzione di strade per aeroporti e di sovrastrutture stradali ferroviarie e aeroportuali. «Una volta frantumato e ridotto a sabbia, in granellini di un millimetro al massimo di diametro, il polverino è pronto per essere miscelato con il bitume: nella versione wet, bagnata, si gonfia assorbendolo e diventa gommoso, poi viene miscelato con gli aggregati, le pietre che servono per il manto stradale. La versione dry, asciutta, viene miscelata a secco, ed è interessante perché prevede un maggior quantitativo di polverino, dunque più materiale riciclato, ma dobbiamo risolvere problemi con le miscele».
CARATTERISTICHE - Gli ingegneri del Politecnico di Torino stanno studiando questi fondi stradali da tutti i punti di vista, dalle miscele alle emissioni inalate sulla salute dei lavoratori. Se quando si guida una strada può sembrare uguale a un’altra, in realtà non è così. Ad esempio, i tratti di autostrada dove l’acqua non rimbalza sul parabrezza e che consentono anche con la pioggia una buona visibilità sono pavimentati con asfalto drenante (in realtà conglomerato bituminoso) che grazie alla tessitura aperta lascia defluire l’acqua, riducendo gli incidenti anche del 20%. Le caratteristiche dei conglomerati a base di polverino sono, oltre a una migliore drenabilità, la maggior aderenza, l’assorbimento acustico (la gomma è fonoassorbente), il risparmio energetico e di risorse naturali (si impiegano elastomeri recuperati come materiale base).
VANTAGGI - Ma la gomma cosa porta in più al manto stradale? Cosa aggiunge? «L’energia trasferita dai veicoli in transito non viene dissipata ma assorbita, la gomma fornisce un contributo elastico e questo fattore va nell’ottica della durabilità del prodotto: in sintesi il manto è più durevole perché più elastico», conclude Santagata. «La maggior governabilità dei veicoli dipende dalla tessitura della pavimentazione, dalla sua rugosità. La maggior aderenza dei veicoli è legata alla scelta degli aggregati lapidei, alle pietre miscelate con il polverino, che danno maggior tenuta. La formulazione delle miscele è differente per i bitumi con o senza polverino di gomma».