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25/01/12

Curiosità green, l’etichetta per la frutta 007 che prima pulisce e poi scompare…


Capita spesso di dover staccare dalla frutta le tradizionali etichette adesive che indicano produttore, provenienza e caratteristiche del prodotto. Pensiamo ai classici ‘bollini’ apposti sulle mele o sulle arance che non sempre vengono via così facilmente come ci si aspetterebbe e che, anche se in minima parte, vanno ad incrementare la nostra produzione media di rifiuti.
La soluzione a questo -chiamiamolo così – ‘problema’ arriva dagli Stati Uniti, più precisamente da Scott Amron, giovane designer newyorkese che ha ideato le cosiddette Fruitwash Label. Queste etichette, appunto, sembrano esattamente identiche a tutte le altre ma ciò che le distingue è la loro capacità di dissolversi a contatto con l’acqua e di trasformarsi in un eco-detergente specifico per la pulizia della frutta e della verdura.
Per quanto ne sappiamo, si tratta di un sapone organico che aiuta a rimuovere colla, pesticidi, cere e batteri presenti sul prodotto, che di solito resistono all’acqua. Un’innovazione dal punto di vista igienico e ambientale, visto che limiterebbe notevolmente la produzione di etichette collose da rimuovere e gettare nel cestino.
Stranamente però, Amron non ha ancora svelato i componenti delle sue rivoluzionarie etichette solubili, il ché deve indurre ad una riflessione, magari maliziosa, ma sicuramente legittima: siamo sicuri che gli ‘ingredienti’ segreti delle Fruitwash Label siano meno pericolosi dei pesticidi? Della serie, se ne poteva anche fare a meno…

CIBO SpA, ECCO LA VERA INDUSTRIA DEL CIBO, VIDEO:

Abbiamo raccolto un video-documentario che tratta della FOOD inc = CIBO spa , l'industria alimentare americana.

Food Inc. è un documentario del 2008 di Robert Kenner che smaschera i misteri che stanno dietro la produzione di massa di cibo negli Stati Uniti. La sua analisi? I produttori nascondono volontariamente ai consumatori informazioni su origine, ingredienti e il processo di produzione.

Nello sviluppo della sua inchiesta Kenner va alla prima fase della catena, cioè direttamente negli allevamenti di animali e nelle industrie agricole. Il regista dimostra che la produzione di cibo negli Stati Uniti è in mano ad alcune grandi corporazioni che, con il pretesto si accrescere l'efficienza e la salute dei consumatori abbassano gli standard d'igiene, le condizioni lavorative e l'allevamento degli animali.
Questo è il video dell'intero documentario pubblicato su youtube in italiano, lo trovate anche in vendita in formato DVD sul sito della Feltrinelli al prezzo di 14.90 euro; CLICCA QUI

Inquinamento, pesci pazzi a causa della CO2


pesci barriera corallina
I livelli crescenti di inquinamento delle acque stanno causando un impatto a dir poco devastante sull’organismo dei pesci. L’ennesima conferma, in riferimento nello specifico ai danni sul sistema nervoso centrale e sul cervello dei pesci, ci arriva da un recente studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Nature Climate Change.
I ricercatori dell’ARC Centre of Excellence for Coral Reef Studies hanno calcolato le conseguenze dell’aumento della concentrazione di CO2 disciolta nelle acque marine previsto per fine secolo. I risultati non lasciano presagire nulla di buono per il futuro dei pesci. La loro funzionalità olfattiva e uditiva così come la capacità di avvertire ed eludere la presenza dei predatori potrebbero essere infatti fortemente compromesse dall’eccesso di anidride carbonica.
Con il sistema nervoso centrale in tilt i pesci impazzirebbero e la loro stessa sopravvivenza sarebbe in grave pericolo. Spiega il professor Philip Munday, una delle firme dello studio:
Il nostro team di ricerca ha studiato per diversi anni le prestazioni dei piccoli dei pesci corallo in acque marine con alti livelli di CO2 ed è ormai abbastanza chiaro che subiscono pesanti ripercussioni sul sistema nervoso centrale, tali da compromettere le loro possibilità di sopravvivenza.
pesce pagliaccio
Non è solo l’acidificazione degli oceani a causare problemi ai pesci. L’elevata concentrazione di CO2 nelle acque marine va ad influire su un recettore chiave del cervello dei pesci, denominato GABA-A, causando notevoli cambiamenti nei loro comportamenti e compromettendone gravemente la capacità sensoriale. Se prima i pesci evitavano di raggiungere la barriera corallina in pieno giorno, con il sistema nervoso centrale compromesso tendono invece ad uscire allo scoperto. Sono confusi e disorientati, non riescono a girarsi verso destra o verso sinistra per scansare i pericoli e finiscono per smarrirsi, isolarsi dal resto del gruppo e divenire facili prede.
È evidente, spiegano i ricercatori, che con i neurotrasmettitori in tilt, la vita dei pesci non potrà più proseguire allo stesso modo e questo avrà profonde ripercussioni sull’intero ecosistema marino e sulle comunità costiere che vivono di pesca. Ad essere maggiormente colpite saranno le specie che necessitano di maggiori livelli di ossigeno per vivere. Ogni anno 2,3 miliardi di tonnellate di CO2 si disciolgono negli oceani, alterando i delicatissimi equilibri chimici delle acque da cui dipende la vita della flora e della fauna marina.

Il cementificio simbolo della lotta all'ecomafia:


Confiscato al boss Virga, non riceveva più commesse per portarlo al fallimento. Ora è un esempio ambientale

MILANO - La cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera di Trapani, inaugurata nel 2009, è un esempio dell’incontro tra antimafia e attenzione all’ambiente. Ci si accorge che non è un’azienda come le altre appena varcato il cancello: su un muro, l’iscrizione Insieme si può, un motto per ricordare il valore dell’unione nei momenti difficili. Perché questa ditta ha dovuto sopportare la durezza dello scontro frontale con i poteri mafiosi.
Il cementificio simboloIl cementificio simbolo    Il cementificio simbolo    Il cementificio simbolo    Il cementificio simbolo    Il cementificio simbolo
ANTIMAFIA - Dopo la confisca a Vincenzo Virga, boss della mafia trapanese, la società è stata gestita dal 2000 in amministrazione giudiziaria. Parte da lì, la via crucis. L’azienda, che era stata fiorente in mano al boss, non riceveva più commesse. Nessuno voleva più acquistare il suo calcestruzzo, un tentativo dei poteri mafiosi di sottostimare la società per poterla riacquistare a un costo basso. Ma è un piano fortunatamente non riuscito e dal 2009 l’azienda è gestita da sei soci, già lavoratori dell'azienda prima del sequestro.
RECUPERO - Nell'area dello stabilimento di Trapani è stato realizzato, accanto alle strutture per la produzione di calcestruzzo, un impianto di riciclaggio di inerti tecnologicamente all'avanguardia. Ciò consente di recuperare materiali altrimenti destinati a finire in discarica, o abbandonati nell'ambiente, e di trasformarli in una risorsa. Per Giacomo Messina, attuale presidente dell’azienda «questa è l’antimafia dei fatti e non delle parole». Poi spiega la svolta green come «una possibilità in più per affrontare il mercato edilizio dove eravamo boicottati. Questa scelta è stata il risultato di una riflessione con Associazione Libera, Legambiente, l’Anpar (Associazione nazionale produttori aggregati riciclati) e l'amministratore giudiziario».
PUNTI CRITICI E ROSE - Ancora oggi, però, ci sono punti critici. Messina sostiene che «l’azienda viene per lo più utilizzata per disfarsi dei materiali derivanti dal’edilizia. Il prodotto finito, però, non viene valorizzato a causa di un pregiudizio da parte delle istituzioni e degli operatori del settore nei confronti del materiale riciclato». Alla Calcestruzzi Ericina si usa la tecnologia Rose (Recupero omogeneizzato degli scarti in edilizia). Si tratta di una tecnologia capace di garantire il miglior livello qualitativo dell'aggregato riciclato prodotto. All’azienda arrivano i rifiuti dell’edilizia provenienti da costruzioni e demolizioni su autocarro. I materiali vengono controllati tramite una telecamera a colori per verificarne la natura. Il materiale in ingresso viene selezionato. Se rintracciata la presenza di eternit, amianto o altri inquinanti, il carico viene rigettato. Viene alimentato l’impianto con il materiale ritenuto idoneo e si effettua una sgrossatura, vengono escluse, cioè, le parti più piccole che provocherebbero un’ inutile usura del mulino e spreco di energia. Questa operazione consente, inoltre, la produzione separata di sabbie e terre naturali. Poi si procede alla macinazione. Le parti abbastanza grandi sono immesse nel mulino che, oltre alla riduzione della grandezza dei granuli, consente il distacco dell’armatura metallica contenuta nei blocchi in cemento armato. La separazione delle parti ferrose procede tramite un magnete. Dopo un’ulteriore selezione basata sulla misura dei granuli di materiale, si ricava l’inerte riciclato. Questo prodotto può essere utilizzato per riempimenti di sottofondi stradali, realizzazione di nuovo calcestruzzo e ripristini ambientali.
LIBERA E IL RISPETTO DELL’AMBIENTE - Anche se non gestita direttamente da Libera, la Calcestruzzi Ericina fa parte della rete e si è avvalsa del suo appoggio per superare i momenti del boicottaggio mafioso. L’attenzione all’ambiente è uno dei capisaldi di Libera. Come spiega Gianluca Faraone, presidente del Consorzio Libera Terra Mediterraneo: «Tutte le nostre aziende hanno le certificazioni Ccpb (Consorzio per il controllo dei prodotti biologici) e Icea (Istituto per la certificazione etica e ambientale)». Oltre alla produzione biologica, l’attenzione all’ambiente di Libera si manifesta su più fronti. La cantina Centopassi ha installato a inizio 2011 i pannelli fotovoltaici che coprono tra il 70 e l’80 per cento del fabbisogno energetico. Durante i campi di volontariato ci si impegna nel ripristino ambientale di ecosistemi per la conservazione di uccelli, anfibi e rettili. Nell’agriturismo Terre di Corleone a Borgo del drago, bene confiscato a Riina, c’è un costone roccioso che si era pensato di valorizzare con un gioco di luce. Ma, alla fine, si è preferito sacrificare l’effetto scenografico per consentire la nidificazione degli uccelli.
ECOMAFIE - Quest’impegno è misto alla lotta contro le ecomafie. Don Luigi Ciotti, presidente di Libera ci tiene a sottolineare la costanza del suo impegno: «Da diciotto anni chiediamo che i reati contro l'ambiente siano puniti penalmente, ma non è mai arrivata una risposta. Intanto in Italia, terra con un alto tasso di condoni, le ecomafie non conoscono crisi e continuano a crescere e a proliferare speculando sull'ambiente». Rispetto alla notizia dell’accertamento nell’anno scorso di 31 mila reati ambientali, con 2 miliardi di tonnellate di rifiuti pericolosi sequestrati, don Ciotti prosegue: «Dobbiamo dire basta, c'è bisogno che si rafforzi l'azione di contrasto alle ecomafie e ai traffici illegali di rifiuti e che si renda concreto e quotidiano il contrasto all'abusivismo edilizio eliminando il ricorso ai condoni».