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05/03/12

SHAMPOO-BALSAMO CON MENO INQUINANTI NEGLI SCAFFALI DEI COMUNI SUPERMERCATI:


Shampoo fortificante attivo anticalcare:
Le aggressioni quotidiane, unite agli effetti dei depositi del calcare presenti nell’acqua del rubinetto, mascherano la brillantezza dei tuoi capelli e li appesantiscono. Lo Shampoo Fortificante Garnier Fructis Puliti e Brillanti è stato specificamente formulato per detergere i capelli restituendo loro leggerezza e brillantezza.La sua formula biodegradabile al 94%, che combina il Concentrato Attivo di frutti Potenziato ad un attivo anticalcare impedisce l’accumulo di depositi calcarei e residui sui capelli. Purificati e resistenti, i capelli brillano con tutta la loro forza. Grazie all’azione anticalcare, gli effetti dell’acqua calcarea sono neutralizzati e i capelli risultano ultra leggeri e ultrabillanti. E il balsamo è una formula biodegradabile al 92%
Che cosa ne pensate?
GARNIER Fructis Puliti e brillanti



Un mondo migliore passa anche dagli imballaggi:


Nuove idee per diminuire i materiali di scarto, consumare meno risorse e arrivare a Rifiuti Zero

MILANO - C’è tecnologia, attenzione all’ambiente e alla salute umana nel settore packaging. Imballaggi flessibili che riducono peso e volume dei rifiuti, macchine tampografiche che stampano su qualsiasi materiale e prodotto, dai tacchi alle torte, con inchiostri all’acqua o alimentari, dunque commestibili. Dietro al pacco di riso sottovuoto, c’è un mondo fatto di dosatori multitest che in automatico dosano e confezionano ciò che acquistiamo, eliminando gli sprechi. Ma mentre la domanda globale di risorse naturali cresce, spinta dall’aumento della popolazione mondiale che raggiungerà i 9 miliardi di persone entro il 2050, aumenta anche il volume della spazzatura che produciamo.
CONAI - Gli imballaggi producono una mole immane di rifiuti. Nel 2010 il riciclo, secondi dati forniti da Conai (Consorzio nazionale imballaggi), ha raggiunto il 74,9%, equivalente a 8,5 milioni di tonnellate sugli 11,4 milioni di immesse al consumo (+4,6% rispetto al 2009). In dieci anni di attività il beneficio economico è quantificabile in 9,3 miliardi di euro mentre dal punto di vista ambientale, il riciclo ha permesso di evitare emissioni di CO2 per 63,3 milioni di tonnellate. «La prevenzione è riduzione. Deve avvenire attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti. Bisogna limitare la quantità e la nocività delle materie prime utilizzate negli imballaggi, nella commercializzazione, nella distribuzione e nella gestione post-consumo», ha detto Roberto De Santis, presidente Conai, alla presentazione di Lca (Life cycle assessment), strumento d’analisi per imprese che calcola l’impatto ambientale degli imballaggi attraverso la riduzione di consumo d’acqua e di energia, di emissioni di anidride carbonica.
IPACK-IMA - Tra un robot umanoide in grado di lavorare in ambienti tossici, ma impiegato per inscatolare cioccolatini, e una macchina che sforna a raffica bustine in politene-poliestere-alluminio destinate a contenere granuli di integratori o concimi liquidi, alla Fiera di Rho si è svolto Ipack-Ima 2012, manifestazione-mostra specializzata in macchine, tecnologia e materiali per il packaging con 1.300 espositori da 35 Paesi. Negli stand, nuovi metodi di imballaggio, materiali eco-compatibili e recuperati. Come i pallet in plastica riciclata, ricavati da un’azienda emiliana da cassette per gli ortaggi acquistate a 15 centesimi al chilo e trasformate in bancali leggerissimi e modulari impilabili in 18 mila elementi sui camion che di solito ne trasportano 560 in legname. Un grande risparmio in alberi, emissioni di CO2, energia. E poi le applicazioni dei biopolimeri: sottilissime pellicole utilizzate per isolare il cibo contenuto nelle scatole di cartone riciclato, che potrebbe rilasciare gli oli minerali derivati dall’inchiostro e che invece, vengono protetti. C’è chi si è specializzato nella sovrastampa di scatole e blister per evitare il macero alle confezioni. Il business non ha limiti.
INDAGINE - In fatto di sostenibilità, secondo un’indagine commissionata da Conai ad AstraRicerche, gli italiani presi a campione scelgono l’imballaggio in carta e cartone: l’88,9% per il ridotto impatto ambientale, il 98% per la leggerezza. Tra i sei consorzi che aderiscono a Conai, il Comieco (Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica) è il più “riciclone” di tutti. «Il risultato è un plebiscito, quasi un Oscar: la carta piace perché è più facile da riciclare», commenta Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco. «Il consumatore ha scelto, ora spetta alle aziende tenere conto delle preferenze».
IMPRONTA ECOLOGICA - Per quanto due imballaggi su tre oggi (in Italia) siano avviati al riciclo e tre su quattro al recupero, e molti Paesi (come il nostro) abbiano superato gli obiettivi fissati dalle direttive e dalle norme in materia, la necessità di intervenire per spezzare il legame tra la crescita economica e l’impatto ambientale è sempre più urgente. A questo proposito Antonio Tencati, professore di economia e gestione delle imprese all’Università Bocconi e coautore con Stefano Pogutz della ricerca Prevenzione e innovazione per un'economia della sostenibilità del Centro ricerche sostenibilità e valore della Bocconi, ha sottolineato: «La quantità dei rifiuti urbani nei Paesi Ocse è cresciuta passando da oltre 400 milioni di tonnellate nel 1980 a più di 622 milioni nel 2007, con una produzione pro-capite che varia dai 115 chili della Cina ai 520 dell’Europa ai 760 degli Usa. L’impronta ecologica globale è più che raddoppiata tra il 1961 e il 2007 e oggi supera del 50% la capacità di carico del pianeta. Nel 2030, secondo proiezioni, avremo bisogno di due Terre per sostenere consumi ed emissioni».
RIFIUTI ZERO - Minimizzare i consumi di acqua, energia, impatto sull’ambiente e sulla salute umana sono gli obiettivi per il futuro: con un occhio di riguardo a strategie come Zero Waste, Rifiuti Zero, che propongono il riutilizzo di tutti i prodotti, contrapponendosi all’incenerimento e alla discarica. Tencati ha sottolineato: «Zero Waste non significa zero packaging, ma può diventare una scelta industriale e gestionale in grado di guidare il cambiamento».
AFRICA - E una richiesta di soluzioni, collaborazione e tecnologia innovativa arriva anche dall’Africa. Leader nella produzione di decine di prodotti alimentari, con il 60% di terreni non ancora coltivati, è l’area del pianeta meno colpita da inquinamento del terreno. «Tre condizioni che ne fanno l’area con le maggiori potenzialità di sviluppo in campo agricolo nei prossimi anni, con la possibilità di fornire cibo e bioenergia al mondo intero», ha detto nel corso del convegno Fao che si è svolto a Ipack-Ima Richard Sezibera, segretario generale della East African Community. «Ma bisogna capovolgere la logica degli aiuti a fondo perduto, sostituendoli con opportunità di business per tutti».

Cose innocue, case inquinate:


Nelle stanze si possono concentrare più sostanze tossiche di quante non se ne trovino all’aperto

Se all’esterno l’aria è inquinata, forse è meglio... uscire comunque! Tra le mura domestiche, infatti, come nelle auto e in ufficio, si possono concentrare più sostanze tossiche di quante non se ne trovino all’aperto, in città. Il pericolo proviene da sostanze come i Voc, composti organici volatili, presenti nei mobili, nelle tende e nei tappeti, nelle tempere utilizzate per imbiancare i muri, nei detersivi riposti innocentemente sotto il lavello. Secondo i ricercatori, a provocare danni non è tanto la concentrazione elevata di queste sostanze, quanto la loro presenza prolungata e costante tra le quattro mura. La prima regola per limitarne gli effetti è arieggiare gli ambienti aprendo le finestre almeno un paio di volte al giorno. Ma i “trucchi” per non “soffocare” sono tanti. Ecco quali.
Piante antismog - Un aiuto efficace per ripulire l’aria che respiriamo arriva dalle piante d’appartamento. Contro il tricoetilene emesso dalle fotocopiatrici e dalle stampanti, ad esempio, è utile non farsi mancare una pianta di dracena, che agisce come carta assorbente nei confronti di queste sostanze. La presenza di un ficus, invece, è utile per assorbire i veleni da sigaretta. Ma le proprietà sono tantissime: crisantemo, filodendro e rafia agiscono contro le esalazioni di ammoniaca; bambù, dracena, gerbera, margherita, potus, spatifillo contro il benzene; il cactus messicano contrasta i campi elettromagnetici, mentre aloe, dracena, felce, ficus benjamina, filodendro, gerbera, potus e sansevieria sono attive nei confronti della temuta formaldeide. Al monossido di carbonio ci pensano falangio, filodendro, gerbera, margherita, palma nana, potus, spatifillo e sansevieria.
Legno - Il truciolare può contenere formaldeide, utilizzata nel trattamento dei trucioli del legno, nel collante per legarli e per il rivestimento di laminato. Questa sostanza, già a temperatura ambiente, libera vapori irritanti per le mucose e sensibilizzanti per l’epidermide. Lo fa lentamente, nei mesi o addirittura negli anni. Per mobili, giocattoli e pannelli di rivestimento meglio scegliere legno massello da foreste a gestione sostenibile o tamburato, che ne sono privi.
Vernici e colle - Mastice e colle sono gomme o resine sciolte in solventi; sostanze come toluene, xilene, pentano, nitropropano, benzene e stirene servono a far indurire la colla. Evaporando, spargono nell’aria idrocarburi. Per quanto riguarda le vernici, è meglio preferire quelle ecosostenibili, che non rilasciano negli ambienti componenti volatili. Nei negozi specializzati e in quelli di bioedilizia si trovano facilmente prodotti ottenuti da materie prime vegetali e minerali prive di derivati del petrolio. Una nota a sé merita l’acquaragia, il peggiore solvente, che non solo inquina mari e fiumi, ma provenendo dal petrolio nuoce anche alla salute; in commercio si trova un sostituto efficace a base di terpeni, preparato con le bucce d’arancia.
Detersivi - Sgrassanti, detergenti, anticalcare e comuni prodotti per la pulizia della casa e per fare il bucato contengono spesso sostanze indesiderabili. Sono segnalati con i simboli quadrati arancioni presenti sulle confezioni: “tossico T” “nocivo Xn”, “corrosivo C”, “irritante Xi”, “pericoloso per l’ambiente”, ecc. Anche dopo il risciacquo, è possibile che ne rimangano residui, che vanno a inquinare l’aria di casa, e anche l’acqua: non dimentichiamo, infatti, le saponette per wc, che sprigionano cloro, acido cloridrico e benzene. Meglio affidarsi ai tanti prodotti ecologici, reperibili non solo nei negozi bio ma anche nei grandi supermercati. Per chi ama il fai da te, inoltre, è possibile optare per le alternative naturali: acido citrico (succo di limone) come sgrassante, aceto di vino bianco come anticalcare e ammorbidente per la lavatrice, bicarbonato di sodio per disincrostare, oli essenziali per disinfettare e profumare la casa.
Contro gli insetti - È più indicato apporre zanzariere alle finestre, abbellire il balcone con piante di geranio che respingono gli insetti e aiutarsi con gli oli essenziali di citronella, eucalipto e lavanda. Così si può evitare di usare antizanzare che emettono particelle dannose per l’ambiente e per la salute.
Tessuti - Tende, tappeti, moquette e biancheria possono facilmente essere costituiti da fibre sintetiche e trattate con coloranti e fissanti chimici. Anche la formaldeide, impregnante utilizzato come conservante e battericida, è veicolata dai tessuti. Via libera, allora, a tutte le fibre naturali, non trattate chimicamente e tinte con pigmenti naturali, come il cotone bio, il lino, la canapa, il cocco, il bambù. In tema di tende, vale la pena tenere presente che anche quelle da doccia in vinile possono contenere inquinanti pericolosi e pertanto sarebbe meglio pensare di sostituirle con un box doccia di più ecologico vetro.

APP gioca a Ramino. Ma è quello illegale!


È una partita pericolosa, quella di APP. Perché a rimetterci sono specie protette come l'albero del ramino e la tigre di Sumatra. Dopo un anno di indagini sotto copertura, campionamenti e analisi di laboratorio lanciamo oggi il rapporto "Partita a Ramino… quello illegale".
Sumatran Tiger
I crimini ambientali del colosso cartario APP (Asia Pulp & Paper) contro specie a rischio come l'albero del ramino e latigre di Sumatra, e le prove della presenza di fibre provenienti da deforestazione in prodotti di uso comune venduti da marchi come XeroxDanone e National Geographic sono elementi centrali di questo rapporto internazionale.

Potete vedere le immagini dell'ennesimo scandalo forestale di Asia Pulp & Paper  in questo video:
 

Il colosso della carta non rispetta la legge indonesiana né tantomeno la convenzione internazionale CITES; entrambe a protezione di specie a rischio come il ramino. 

Nel 2011, infatti, nel corso di ripetuti sopralluoghi presso la Indah Kiat Perawang, - la più grande cartiera di APP in Indonesia - abbiamo identificato numerosi esemplari di ramino mischiati ad altri tronchi provenienti dal taglio a raso delle ultime foreste torbiere di Sumatra, pronti per essere trasformati in polpa di cellulosa. Abbiamo prelevato e inviato 46 campioni di questi tronchi a un laboratorio di analisi indipendente che ha confermato che si trattava di ramino.

Non solo, altri test effettuati da laboratori indipendenti hanno dimostrato come prodotti venduti da National Geographic, XeroxDanone e molti altri contengano fibre provenienti dalla distruzione delle foreste di Sumatra. Questi prodotti sono confezionati utilizzando carta di APPprodotta nella cartiera implicata nello scandalo del ramino illegale, la Indah Kiat Perawang.

Dal 2001, anno in cui il governo indonesiano ha bandito lo sfruttamento e il commercio del ramino, sono stati deforestati almeno 180 mila ettari di torbiere a Sumatra in concessioni controllate da APP: una superficie pari al doppio dell'area urbana di New York. Queste foreste sono un habitat vitale per il ramino e altre specie minacciate come la tigre di Sumatra di cui ne rimangono in natura solo 400 esemplari.

APP continua a infrangere la legge, per questo chiediamo al governo indonesiano di intervenire subito per fermare il taglio e il commercio illegale del ramino nelle concessioni controllate da Asia Pulp & Paper. Chiediamo, inoltre, a tutte le aziende del mercato della carta di prendere le distanze da APP e interrompere i propri affari fino a quando il colosso indonesiano non dimostrerà di saper produrre carta senza distruggere le foreste e senza spingere all'estinzione specie protette come il ramino e la tigre di Sumatra.

Le prove contenute nel rapporto sono state formalmente consegnate al Ministero delle Foreste indonesiano e alla polizia del Paese. 

APP gioca all'estinzione… Entra in azione! Chiedi alle aziende che usano carta APP di interrompere immediatamente ogni rapporto commerciale con il gigante della deforestazione.

I nuovi eco-impianti dell'industria agroalimentare:


Non solo limitare gli sprechi - in particolare di acqua - ma ottimizzazione delle risorse. Con cospicui investimenti

Impianto di lavaggio dei pomodori (da Mutti)Impianto di lavaggio dei pomodori (da Mutti)
MILANO - Ottimizzare le risorse nelle strutture, limitando gli sprechi nei processi produttivi, investimenti economici di rilievo e piani a lungo termine per la riduzione dei consumi energetici e dell’inquinamento. Sono questi i criteri che regolano la svolta verde dei grandi stabilimenti alimentari italiani, molti dei quali impegnati a rendere più sostenibile il loro funzionamento. Tanti, del resto, i problemi d’impatto ecologico legati a questo tipo d’industria. Dall’inquinamento delle caldaie allo spreco dell’acqua utilizzata nei processi, all’impronta di CO2 lasciata dai veicoli di trasporto e dal funzionamento dei macchinari. «Credo che sia compito delle grandi aziende farsi carico di questi problemi e tracciare alcune linee guide di comportamento perché, a differenza delle piccole imprese, possono farlo con più facilità», afferma Francesco Mutti, amministratore delegato dell’omonima azienda di conserve di pomodoro. «È ovvio che si tratta di un processo individuale ma, quando qualcuno di decisivo nel settore si muove, è più facile che diventi un modello di riferimento».
L'impianto BonduelleL'impianto Bonduelle
IL CASO BONDUELLE - Tra gli esempi di queste nuove norme di comportamento, il caso del gruppo Bonduelle che, dal 2008, a seguito della distruzione a causa di un incendio dello stabilimento per le insalate pronte confezionate, il cosiddetto fresco di IV gamma, si è impegnata a ricostruire in tre anni una realtà industriale all’avanguardia, implementando le condizioni ambientali, la funzionalità nelle aree critiche e riducendo i consumi energetici. Infatti, nel nuovo stabilimento di San Paolo d’Argon, nel Bergamasco, che ha aperto i battenti lo scorso anno, vige una sola regola: quella dell’efficienza. Tra gli interventi più significativi, la coibentazione con strati di resina di tutti i pavimenti per limitare la dispersione termica, l’ottimizzazione energetica della centrale frigorifera e la predisposizione al fotovoltaico in copertura, un impianto da 20 mila metri quadrati sul tetto pronto a essere messo in funzione. «Per dar vita a questo tipo di realtà industriale», spiega Antonio Salvatore, direttore industriale di Bonduelle e curatore del progetto del nuovo stabilimento, «abbiamo investito 30 milioni di euro. Rispetto a uno stabilimento tradizionale, infatti, il nostro è stato interamente concepito per ridurre l’impatto globale del 20%. Tra le soluzioni già attivate, l’impianto per il recupero dell’acqua di processo che abbiamo messo a disposizione del Comune per alimentare un laghetto artificiale».
RIDUZIONE CONSUMI - Una determinante quella dello spreco delle risorse, soprattutto quando si parla di quelle idriche, con cui si trova a fare i conti buona parte del settore industriale alimentare. «Il problema dell’acqua», spiega Mutti, «è che gli interventi che si fanno per cercare di non sprecarla non hanno un riscontro economico diretto. La riduzione dei consumi energetici, infatti, ha un ritorno nel medio termine, in fatto di risparmio sui costi, e quindi è più facile che ci sia una maggiore sensibilità da parte delle aziende verso questa tipologia di comportamento virtuoso. Noi, come gruppo, in questi anni abbiamo fatto investimenti molto importanti, circa 1 milione di euro, in questa direzione. Calcolando, insieme al Wwf e al dipartimento di ecologia forestale della facoltà di agraria dell’Università della Tuscia (Vt), l’impronta idrica dell’intera filiera produttiva abbiamo ridotto gli sprechi del 60%».
ACQUA E POMODORI - Un tema, quello dell’acqua che coinvolge, soprattutto nel settore dei pomodori, un buon numero di aziende. «Per limitarne lo spreco», afferma Giovanna Poletti, responsabile della qualità ambientale di Pomì - marchio di proprietà del Consorzio Casalasco del pomodoro di cui fanno parte formula cooperativa 300 aziende agricole tra Parma, Piacenza, Cremona e Mantova –, «stiamo lavorando da 4 anni sull’irrigazione, promuovendo quella a goccia rispetto a quella ad aspersione. Anche nello stabilimento stiamo facendo grandi passi avanti nel riciclo dell’acqua interna, soprattutto negli impianti legati alla trasformazione del pomodoro. E, tra gli ultimi investimenti che abbiamo fatto, c’è ne uno da 600 mila euro per un tunnel di pastorizzazione a ciclo chiuso che attraverso un sistema di raffreddamento permette il completo riutilizzo dell’acqua».
INVESTIMENTI A LUNGO TEMINE – Oltre allo spreco delle risorse, per le aziende alimentari, un tasto dolente per l’impatto ambientale resta quello dell’inquinamento. «Per ridurre i livelli di anidride carbonica emessa», conclude Poletti, «abbiamo un piano triennale che prevede un investimento da 2 milioni di euro per dismettere le caldaie a olio combustibile, sostituendole con quelle a metano per inquinare meno». Investimenti sostanziosi che aprono la strada anche all’utilizzo di nuovi sistemi. «Per il 2013», conclude Mutti, «abbiamo un progetto sulle biomasse che prevede la costruzione di un impianto che utilizzi gli scarti industriali, non solo di quella parte di pomodoro, circa il 2%, che attualmente distruggiamo, ma anche dei liquami di allevamento di bestiame».