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06/03/12

Isola di Gorgona: quasi 200 bidoni inquinanti dispersi nel mare,



Nonostante la gravità della situazione, la notizia è stata poco diffusa e per giunta è finita nel dimenticatoio. Forse complice anche il disastro della Costa Concordia, che ha relegato questa vicenda ai margini delle cronache ambientali. Anche perché il triste sfondo è anche in questo caso quello della costa toscana.

Lo scorso 17 dicembre, al largo dell’Isola di Gorgona – nel Mar Ligure, a 37 km da Livorno – l’eurocargo Venezia della Grimaldi Lines, partito da Catania e diretto a Genova, già in difficoltà per una delle più forti mareggiate che si ricordino nell’Alto Tirreno, ha perso due bilici con 198 fusti contenenti di catalizzatori esausti, probabilmente a causa di una brusca virata di 30 gradi per evitare un’altra nave.

La Minerva Uno, la nave da ricerca oceanografica della società Castalia, ha trovato i bidoni pieni di sostanze tossiche. I fusti sono stati individuati esattamente nell’area del presunto affondamento individuata da Capitaneria e Castalia: ad una profondità di circa 430 metri a 9 miglia nord-ovest di Gorgona (inizialmente si diceva 20 miglia) ed a circa 20 miglia dalla costa dello Scolmatore e secondo la Capitaneria di porto di Livorno il ritrovamento è sicuro al 99,9%.

L’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat), facendo le dovute analisi, ha rilevato che le sostanze tossiche presenti nei catalizzatori sono le seguenti: quantità variabili di Nichel tra 1,4 e 4.5% (ritrovato 2,5%) e di Molibdeno tra 7,7 e 12,3% (ritrovato 8,1). Dunque l’allarme è altissimo, anche perché sono passati oltre due mesi dal disastro.
Sempre secondo l’Arpat: “Sono stati individuati i semirimorchi e gran parte dei circa 200 fusti dispersi. Tuttavia risultano ancora mancanti all’appello alcune decine di fusti. Dei fusti individuati, alcuni sono vuoti o danneggiati. Sono visibili inoltre limitate quantità di materiale sfuso sul fondo”.

Le preoccupazioni dell’Agenzia sono condivise da Legambiente Arcipelago Toscano: «Ci complimentiamo con il ministero dell’Ambiente, la Capitaneria di Porto e l’equipaggio della Minerva Uno per aver messo in atto tutte le misure e le attrezzature necessarie a ritrovare celermente i fusti tossici finiti nelle acque del Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos a poche miglia dal mare protetto dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano a Gorgona. Ma il rischio resta alto, data la profondità alla quale sono stati individuati i semirimorchi e probabilmente i fusti sciolti. Dopo l’incidente, tenuto per troppo tempo inspiegabilmente  “segreto” dalle istituzioni, diversi esperti dissero che i fusti non erano in grado di resistere alla pressione del mare a grandi profondità. Occorre immediatamente, continuando con l’efficienza tecnica-scientifica finora dimostrata, stabilire lo stato dei bidoni, provvedere al più presto al loro recupero e determinare i possibili danni all’ambiente già avvenuti e quelli che eventualmente potrebbe subire la catena alimentare marina.
Il mare profondo, che fino a poco tempo fa veniva considerato un “deserto”, si sta rivelando sempre più un habitat delicatissimo ed essenziale per la vita e la salute del mare, quei bidoni incredibilmente persi durante una tempesta rappresentano un rischio intollerabile ed occorre fare tutto il possibile per annullarlo e mitigarlo, tenendo sempre presente il principio “chi inquina paga!».

La Grimaldi si è impegnata con un piano di recupero corredato da valutazione dei rischi, che non può in alcun modo prescindere da un’analisi approfondita delle condizioni dei fusti ritrovati in profondità.
Le polemiche comunque non mancano. Gli organizzatori di una manifestazione che si è svolta alcuni sabati fa a Livorno, con quasi duecento partecipanti, osservano: “Il tratto di mare in cui è avvenuto il ritrovamento dei fusti è stato ben delimitata dalla Capitaneria di porto il 4 febbraio scorso. Ma quella zona è la stessa che viene segnalata in un documento dell’Ispra del 21 dicembre, quattro giorni dopo l’incidente. Insomma già da quella data le autorità erano in grado di stabilire con una certa esattezza l’area dove erano stati seminati i bidoni. Però le ricerche effettive sono cominciate 41 giorni dopo”.

Anche il giallo sull’apertura o meno di alcuni bidoni, con notizie quantomeno contraddittorie, fa chiedere al Comune di Livorno una commissione istituzionale permanente per il monitoraggio della vicenda. Comunque sia, anche a seguito della ripetute sollecitazioni della Regione Toscana, le operazioni di recupero del carico sono ormai partite. E noi vi daremo aggiornamenti in merito.