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31/03/12

VACANZE PASQUALI:

Comunichiamo che da Domenica 1 Aprile fino ai giorni dopo Pasqua il blog rimarrà chiuso. L'attività riprenderà regolarmente dopo la fine delle vacanze pasquali. Grazie.

Boom il consumo di carne, boom il pianeta!


Più petrolio, più gas, più legno e... più carne: il futuro è insostenibile a questi ritmi. I trend vitali del pianeta sono preoccupanti. Il nuovo check up della Terra e' stato fatto dal Worldwatch Institute nel Rapporto Vital Signs 2012.
Nonostante i numerosi allarmi di questi anni, a livello globale i consumi non accennano a diminuire. Più petrolio, che lo scorso anno ha raggiunto la cifra record di 87,4 milioni di barili bruciati al giorno. Più carne, l'alimento più insostenibile, il cui consumo e' aumentato del 2,6%. Più legno, che tra il 2000 e il 2010 ha fatto sparire un'area forestale di 520 mila chilometri quadrati, pari alla superficie della Francia.

Il presidente di Worldwatch, Robert Engelman. ha dichiarato: "Non puo' durare ancora per molto"."Il fatto che il consumo delle risorse sia in aumento è storia nota - spiega il presidente di Worldwatch, Robert Engelman - quindi per noi è una sfida tenere alta l'attenzione su questo. Ma non è possibile che questi trend siano per sempre in salita. Non è possibile. La loro crescita inarrestabile ci deve ricordare quanto sia urgente oggi trovare nuovi modi per garantire a tutti un livello di vita degno, senza che ciò risulti in un impatto negativo sulla popolazione umana e sull'intero pianeta."

Il rapporto Vital Signs 2012

A mettere in fila tutti i dati più preoccupanti sul pianeta, a partire proprio dall'aumento dei consumi, è il Worldwatch Institute, che nel suo rapporto annuale Vital Signs anticipa alcuni trend del più 'corposo' State of The World in uscita a metà aprile. A preoccupare è soprattutto la crescente domanda di carne e petrolio, ormai a livelli record. A spingere in su gli indicatori della domanda non c'é solo la crescita della popolazione mondiale, ormai arrivata a sette miliardi, ma anche il numero sempre maggiore di persone che entrano a far parte della classe media, con stili di vita 'energivori'. Così, il petrolio lo scorso anno ha raggiunto la cifra record di 87,4 milioni di barili bruciati al giorno, come il gas naturale che ha sfondato quota 3 mila miliardi di metri cubi estratti. Ma la minaccia peggiore per gli equilibri del pianeta viene dagli allevamenti

Il consumo di carneIl consumo di carne è aumentato del 2,6% solo nel 2010, e se si guarda ai trend di lungo periodo la crescita è impressionante: "Il numero di polli allevati per il consumo umano è cresciuto del 169% tra il 1980 e il 2010 - sottolinea il rapporto - passando da 7,2 miliardi di capi a 19,4, con una proiezione per il 2050 di 35 miliardi. Nello stesso periodo la popolazione di capre e pecore ha raggiunto i 2 miliardi, e quella di bestiame gli 1,4 miliardi". Le conseguenze di questo boom degli allevamenti vanno dall'agricoltura sempre più intensiva, e quindi meno sostenibile, al favorire l'insorgenza di pandemie come quella dell'influenza aviaria.

Il rapporto mette in luce anche qualche nota positiva
Fra i segni vitali in miglioramento viene citata ad esempio l'estensione sempre maggiore delle reti di treni ad alta velocità, che producono da 80 a 120 grammi in meno di CO2 per passeggero a chilometro rispetto all'automobile, ma anche il boom dell'eolico, aumentato tra il 2009 e il 2010 del 24%: "Il grande progresso che tutti i paesi, a partire dal nostro, devono fare è uscire dalle impostazioni economiche tradizionali e cambiare rotta - commenta Gianfranco Bologna, responsabile per il Wwf dell'edizione italiana del rapporto 'State of the World' - bisogna capire che gli indicatori del benessere non sono solo quelli economici. In Italia ad esempio c'é un grande capitale naturale da ripristinare".

Vandana Shiva. Facciamo pace con la Terra!


La scienziata e scrittrice indiana si batte per un futuro libero da OGM, e racconta perché questa lotta ha radici in noi, nel nostro cibo, nella nostra libertà, nella nostra sovranità, anche nella nostra Italia. Far pace con la Terra significa far pace con l'uomo. LifeGate l'ha incontrata grazie a Parolario nella sede di Confindustria Como.
Il suo ultimo libro si intitola "Fare pace con la terra". Cosa significa fare pace con la Terra? Perché oggi è fondamentale?
Vedo una vera guerra contro la Terra, ma questa guerra non è solo contro la Terra perché dipendiamo dalla terra, i contadini dipendono dai campi, i popoli tribali dipendono dalle foreste, tutti dipendiamo dall'acqua, ognuno di noi dipende dal cibo. La guerra contro la Terra diventa una guerra contro gli esseri umani, è alla radice della fame e della sete nel mondo. Dobbiamo fare pace con la Terra sia perché se lo merita, sia perché è l'unico modo di proteggere i diritti umani.
 
Si può fare pace 'con' ma 'anche' attraverso la terra…
Sì, dobbiamo farci ispirare l'idea di pace proprio dalla terra!
 
Lo scorso venerdì, la Corte di Cassazione ha dichiarato fuorilegge le coltivazioni OGM in un'intera regione italiana, il Friuli Venezia Giulia; all'agricoltore hanno sequestrato campi, trattori, computer e conto corrente. Cosa ne pensa?
Penso che i veri colpevoli siano le aziende che vendono i semi OGM.
 
Cioè: la mentalità non corretta è quella delle corporation, non quella dei contadini…
Esattamente! In India i contadini comprano quei semi perché è stato detto loro che erano buoni. Credo che non sia giusto criminalizzare i contadini. Se gli OGM sono sbagliati, i governi dovrebbero regolamentarli. Criminalizzare i contadini non metterà fine ai comportamenti riprovevoli delle aziende biotech nel mondo.
 
Come è la situazione in India oggi, proprio a proposito di OGM?
Grazie alla World Trade Organization Monsanto è entrata in India e poi ha raggiunto i contadini attraverso finta pubblicità, usando i nostri dei, le nostre divinità per vendere questi "semi miracolosi" e togliendo ai contadini i loro propri semi, dicendo: "Ma perché usate semi inferiori? Sostituiteli con queste nuove varietà!". Avendo avuto un'esperienza terribile con il cotone Bt, abbiamo mobilitato la nazione contro l'introduzione della melanzana Bt nel 2010, arrivando a una moratoria. La vicenda ha rappresentato un test per la capacità dell'India di mantenere il controllo sui semi, il cibo, il sapere. Naturalmente Monsanto è molto arrabbiata, ma noi abbiamo usato i nostri strumenti: la democrazia, le nostre costituzioni, le nostre leggi.
 
Ma come sono entrati gli OGM in India?
Attraverso un processo illegale: non sono state applicate le leggi, non si è passati dal governo. Altrimenti se si fosse agito rispettando le leggi, non avremmo gli OGM in India. Il potere di Monsanto è forte non solo in India, ma in tutta Europa, 80 lobbisti tentano ogni giorno di influenzare la Commissione europea, a Bruxelles. Alla Casa Bianca anche. Ci sono loro branche in ogni paese, in Indonesia sono stati colti sul fatto mentre corrompevano con 75.000 dollari gli ufficiali governativi. È il potere della corruzione, è il potere del denaro, il potere di tutto ciò che va contro la democrazia.
 
Potrà cambiare la situazione in un futuro non troppo lontano?
Questo sistema di potere è così sbagliato che più ne parliamo, più lo mostriamo, più usiamo le leggi per fermarlo… e prima ce la faremo! Tra cinque, dieci anni vedo un mondo in cui a Monsanto tocchi il destino della Enron, una compagnia che voleva privatizzare tutta l'energia del pianeta con metodi corrotti: e dov'è adesso? [È fallita nel 2002 con un crack mondiale, ndr]. Monsanto usa il suo potere per bloccare le corti, per bloccare le università, per bloccare chiunque, ma penso che visto che le persone sono sempre più consapevoli e organizzate non potrà continuare a controllare i semi delle piante del pianeta. E noi recupereremo i nostri semi!
 
La nuova consapevolezza delle persone si potrà sviluppare anche attraverso i social network?
Ne abbiamo bisogno, ma in combinazione con un'organizzazione reale e concreta, con faccia a faccia con le persone. Ecco come più di 6mila villaggi in India non hanno permesso gli Ogm nei loro territori o 55 regioni d'Europa si sono definite OGM-free: grazie agli incontri faccia a faccia. I social network ci possono aiutare, ma se non sono agganciati alla base, alle persone, non si creerà il cambiamento di cui abbiamo bisogno. Può far mobilitare le persone, ma alla fine queste masse devono agire concretamente dove le cose avvengono: nei campi, nelle fattorie, nelle regioni, nei governi nazionali.
 
"Quando ho scoperto che le multinazionali volevano brevettare le sementi e le varietà di grano, ho fatto partire il progetto di Navdanya, per proteggere la biodiversità, difendere i contadini e promuovere l’agricoltura biologica" Così Vandana Shiva descrive la nascita di Navdanya (“Nove semi”) nel 1991. Lei sottolinea l'importanza della difesa del cibo. Come portarla all'attenzione delle persone?
Stiamo costruendo programmi globali rendendo le persone consapevoli del fatto che i semi  sono stati brevettati… la maggior parte di loro non lo sapeva! E come sono stati brevettati? Attraverso la pirateria! E la gente non lo sapeva! Facendo appello alle persone a ottenere di nuovo i semi come bene comune, qualcosa che le persone possano procurarsi da soli, proprio come i giovani vogliono open source software, tutti nel mondo vorranno semi open source e non semi OGM posseduti e brevettati da corporation. Il punto più importante naturalmente è che tutti dobbiamo vedere i semi come il primo anello nella catena alimentare. Senza la sovranità dei semi, non c'è la sovranità alimentare, se perdiamo i nostri semi, perdiamo la nostra libertà. Durante la guerra del Vietnam Kissinger, che provava a controllare il Vietnam attraverso il cibo, disse "Quando controlli l'esercito, controlli un governo, quando controlli il cibo, controlli le persone". Io aggiungerei che quando controlli i semi, controlli la vita.
 
Proprio per questo abbiamo bisogno di una nuova consapevolezza…
Certo! Abbiamo bisogno di una consapevolezza molto profonda che riconosca che il nostro focus dev'essere sulla vita su questa Terra e sulla nostra libertà. Non sui calcoli manipolatori per imporre gli OGM, sul sistema finanziario, sulla recessione, sugli aggiustamenti strutturali, sui tagli al budget, sui deficit di bilancio…
 
In Italia c'è un ricchezza di presidi alimentari, una straordinaria biodiversità. Quali sono le misure più urgenti da mettere in atto per la tutela di questo patrimonio?
La prima e più importante misura da mettere in atto è proteggere la biodiversità e i semi che hanno permesso a questo patrimonio di esistere. Proteggere i piccoli contadini, che sono i produttori di cibo di qualità. Il cibo buono non può crescere nelle fattorie industriali, le monoculture di cibo industriale crescono in fattorie industriali. Proprio per questo bisogna opporsi alle leggi che impongono tasse troppo gravose sulle proprietà rurali, perché se i contadini non potranno pagarle dovranno abbandonare la loro terra e con loro sparirà anche il cibo di qualità di cui l'Italia è così orgogliosa.

Quando il bucato anche inconsapevolmente inquina:


Dietro i capi firmati, le pubblicità accattivanti e il fascino delle passerelle c’è un mondo che l’industria dell’abbigliamento ti vuole nascondere. È un mondo sporco, pieno di sostanze pericolose, che sta lentamente contaminando i nostri fiumi. Oggi, nella Giornata mondiale dell’Acqua, ti riveliamo il loro segreto. Vogliamo costringerli ad affrontare il problema.
giovedì 22 marzo 2012
Dirty Laundry 3 Report Launched in Manila © VJ Villafranca / Greenpeace
Se hai fatto il bucato in lavatrice con vestiti Kappa, Ralph Lauren o Calvin Klein, sappi che sei complice inconsapevole dell’inquinamento delle risorse idriche. Sì perché il nostro rapporto “Panni Sporchi 3” rivela come alcune sostanze pericolose usate per la produzione di abiti di grandi marche vengono rilasciate nell’ambiente dopo il lavaggio degli articoli in lavatrice. Una volta disperse in acqua, queste sostanze non sono trattenute dai sistemi di depurazione e si trasformano in nonilfenolo, un composto tossico e in grado di alterare, anche a livelli molto bassi, il sistema ormonale dell’uomo.
L’indagine - condotta su quattordici prodotti tessili dei marchiAbercrombie & Fitch, Adidas, Calvin Klein, Converse, G-Star RAW, H&M, Kappa, Lacoste, Li Ning, Nike, Puma, Ralph Lauren, Uniqlo e Youngor - misura per la prima volta la variazione delle quantità di nonilfenoli etossilati presenti nel tessuto prima e dopo il lavaggio domestico. In quasi la metà dei campioni, oltre l’80 per cento di nonilfenoli etossilati presenti nell’articolo appena comprato sono fuoriusciti dopo un solo lavaggio.
Questo significa che l’impatto dell’industria dell’abbigliamento non si ferma al Paese di produzione ma arriva ai Paesi consumatori. È in atto un ciclo globale dell’inquinamento tossico. Le aziende tessili devono affrontare il problema e impegnarsi per l’eliminazione delle sostanze pericolose nell’intera filiera. Anche se l’uso di nonilfenoli etossilati nell’industria tessile è bandito nell’Unione europea, queste sostanze pericolose, infatti, continuano ad arrivare tramite canali di mercato. 

Si stima che ogni anno nelle acque europee vengono sversate da ignari consumatori tonnellate di prodotti nocivi: è il momento per il settore tessile di fare passi concreti verso l’adozione di alternative più sicure ai composti chimici inquinanti.  Devono accogliere la sfida “Detox”.
In Italia, nonostante le ripetute sollecitazioni di Greenpeace, rimane ferma Kappa, del gruppo BasicNet, proprietaria anche dei marchi Superga e K-way. Nei suoi prodotti sono stati ritrovati nonilfenoli etossilati. Ancora per quanto tempo Kappa si rifiuterà di ripulire dai veleni la sua filiera produttiva?

Danni ambientali e alla salute: Coca Cola deve risarcire 352 mln di euro


coca cola KeralaDegrado ambientale e danni alla salute. Coca Cola Company deve risarcire il Kerala - stato dell’India meridionale in cui la multinazionale aveva aperto nel 2000 uno stabilimento di imbottigliamento – con 2,6 miliardi di rupie, più di 352 milioni di euro, riporta il Manifesto.
Una commissione di inchiesta voluta dal Governo del Kerala ha dimostrato, infatti, come l’impianto della grande compagnia abbia creato, durante il suo periodo di attività, un pesante quadro di «danni multi-settoriali». Si va dal sovrasfruttamento dellerisorse idriche della zona – che ha lasciato a secco Plachimada, sede dello stabilimento, e i villaggi rurali circostanti – alla dispersione di refluinon trattati.
Non solo. I reflui non trattati sono stati anche venduti agli agricoltori locali come concime. Facendolo, Coca Cola ha ingannato i coltivatori e si è resa responsabile del degrado dei suoli, dellacontaminazione dell'acqua e delle conseguenti perdite nel settore agricolo. Ma soprattutto ha messo a rischio la salute della popolazione data la presenza di metalli tossici come cadmio, piombo e cromo negli scarti contrabbandati.

30/03/12

Caffè Malatesta: un sorso di buone idee!


"Caffè Malatesta: un sorso di buone idee" presenta la storia di un caffè solidale a 360°, che si impegna a rendere virtuoso anche il processo di trasformazione che avviene in Italia. 
Caffè Malatesta: un sorso di buone ideeEnormi sacchi di iuta giacciono in un angolo del magazzino del gruppo d’acquisto di Lecco, diffondendo l’odore fragrante del loro contenuto: il caffè. Provengono da Tanzania, Indonesia, Guatemala, Honduras e Chiapas, ognuno con una varietà di grani verdi che non lasceranno il capannone, se non a compiuta lavorazione. La confezione finale in carta riciclata riporta una frase di Errico Malatesta, teorico e rivoluzionario anarchico vissuto alla fine dell’Ottocento, a cui il progetto è ispirato: «Incominciando col gustare un po’ di libertà si finisce per volerla tutta».
«Si chiama Caffè Malatesta perché è nato in una prospettiva di emancipazione in senso libertario» spiega Cristiano, uno dei giovanissimi componenti del «collettivo orizzontale di lavoratori». Sorto all’interno dell’Associazione Comunità della Sporta, è composto da sei persone, tutte tra i 20 e i 24 anni, che dal 2010 tostano, macinano, miscelano e impacchettano il caffè con l’intenzione di farne «uno strumento di solidarietà e non semplicemente una banale attività lavorativa». La macchina per la torrefazione, che occupava l’inutilizzata sede del gruppo d’acquisto, ha stimolato l’idea di un percorso che, partendo da una materia prima coltivata in condizioni dignitose, permettesse di rendere virtuoso anche il processo di trasformazione che avviene nel nostro paese.
«L’obiettivo è quello di rivalutare il lavoro artigianale e di emancipare noi stessi dall’impiego precario, tracciando un parallelo tra noi ventenni europei e i campesinos del sud del mondo» spiega Jacopo, 24 anni, laureando in biologia. Il caffè viene importato attraverso la centrale d’acquisto fair trade Mondo Solidale, la cooperativa tedesca Caffè Libertad che cura l’importazione dal Chiapas in Europa, e l’importatore Sandalj di Trieste. Il lavoro artigianale degli ultimi due anni si è focalizzato sulla ricerca della giusta ricetta, che ha portato a tre tipi di prodotto: 100% arabica (con grani provenienti da Honduras e Guatemala), mono origine (dal Chiapas) e una miscela delle varietà arabica e robusta.
Al momento l’utenza del Caffè Malatesta è costituita dal gruppo d’acquisto di Lecco, di cui fanno parte circa 190 famiglie, e da gruppi sparsi del Centro-Nord Italia, tra cui circoli Arci, negozi bio e una gelateria, per una distribuzione totale di circa 2 quintali al mese. Il collettivo cura anche la lavorazione del Caffè Durito, distribuito in Italia dalla Coordinadora. È con quest’ultima realtà nazionale, sorta come piattaforma di gruppi libertari con l’obiettivo di dare sostegno alle cooperative zapatiste in Chiapas, che è nata la recente collaborazione nella prospettiva di instaurare un rapporto più diretto con i coltivatori e di svincolare la torrefazione da circuiti esterni.
La Coordinadora facilita l’acquisto della materia prima tramite co-importazione (l’ordine minimo è dalle 16 alle 23 tonnellate, quantità che il collettivo per ora non è in grado di affrontare da solo) e, insieme alla rete europea Red pro Zapa e alle singole realtà coinvolte, stabilisce il compenso giusto per i coltivatori. «Cerchiamo di mantenere un prezzo accessibile» afferma Jacopo, perché «non vogliamo finire a vendere un prodotto “etico” riservato a un’élite, mentre gli sfruttati continuano a finanziare i discount, cioè ad oliare la morsa che li stringe». Così si legge nel testo che presenta il progetto. Una confezione da 250 grammi di Caffè Malatesta costa 3,90 euro (10 centesimi a tazzina), prezzo non superiore a quello del caffè convenzionale, in cui però il consumatore solitamente non sta pagando il lavoro manuale, il giusto compenso ai coltivatori e la qualità bio, ma la pubblicità e gli intermediari della distribuzione.
Nonostante le difficoltà iniziali, c’è un forte ottimismo per i risultati ottenuti sino ad ora. «Noi crediamo che non ci si debba limitare a un discorso di consumo critico, ma creare anche i presupposti per un lavoro dignitoso, al di fuori di contesti frustranti» dice Cristiano «ed è per questo che ci siamo appassionati a un’attività in cui il caffè non è che uno strumento di potenziale liberazione collettiva».

Costruire la casa dei sogni per 25.000 euro? Un architetto c’è riuscito!


Ci sono momenti nella vita in cui bisogna fare delle scelte in tempi rapidi e spesso si hanno a disposizione poche risorse. Se si è particolarmente intraprendenti e le sfide vengono vissute come competizioni con la propria creatività possono venir fuori dei progetti davvero interessanti.
Questo è quanto è capitato all’architetto Dominic Stevens che, dopo il divorzio, ha cercato di ingegnarsi per trovare il modo di vivere vicino ai suoi figli senza ricorrere alla richiesta di mutui con le banche. E’ riuscito a realizzare una piccola casetta spendendo solo 33.000 dollari, vale a dire poco più di 25.000 euro. Sembra impensabile, ma se non si hanno particolari esigenze di spazio e si valorizza l’uso dei materiali eco-sostenibili si possono ottenere grandi risultati in tal senso.
La mini abitazione si trova a 100 km da Dublino, nella Contea di Leitrim, circondata da un prato verde tipico dei paesaggi irlandesi. E’ stata costruita in 50 giorni di lavoro distribuiti nell’arco di 2 anni grazie all’aiuto di parenti ed amici, lavorando nel weekend.
La struttura portante è in legno, si suddivide in tre camere da letto, cucina, bagno e soggiorno. Essendo piccola non sono richiesti grandi dispendi di energia per riscaldarla e la grande vetrata posta nella zona sud della casa consente di sfruttare maggiormente la luce del sole durante il giorno. All’interno tutti gli spazi sono organizzati nel dettaglio, cercando di sfruttare al massimo ogni area.
A rendere ancora più simpatico l’interno ci sono delle pareti colorate che definiscono ogni stanza rispetto alle altre, dando anche il senso di una maggiore grandezza. Ogni parete è stata isolata attraverso una schiuma a base di soia spruzzata nella cavità e lo stesso architetto assicura di aver passato un caldo inverno con la temperatura scesa a -15°.
Per ora l’esperimento sembra essere riuscito, a detta dello stesso Stevens, il quale spera di poter dare il buon esempio a tutti coloro che si ritrovano nella condizione di dover mettere su una casa con un budget ridotto.
Per chi volesse dare un’occhiata al sito in cui è illustrato il progetto passo dopo passo questo è il link: http://www.irishvernacular.com/index.html

Shoe Swap: da Foot Locker ricicla le vecchie scarpe da ginnastica


Shoes swap
Da rifiuti a risorse. Quante volte ve lo diciamo? Da oggi è così anche per le vostre vecchie scarpe da ginnastica che, invece di finire nella spazzatura possono valere 10 Euro. E' Swap Shoes, la nuova iniziativa messa in campo nagli store Foot Locker, con l'obiettivo di riciclare oltre20.000 paia di scarpe destinandole alla fabbricazione di nuovi prodotti.
Il programma di "rottamazione" è stato lanciato negli store di tutta Europa e c'è tempo fino al 7 aprile per ottenere il buono sconto valido per l'acquisto di un nuovo paio di sneakers.
Swap Shoes, giunta al suo secondo anno, è organizzata in collaborazione con l:CO, società che si occuperà poi di recuperare le vecchie scarpe e trasformarle in materie prime per nuovi prodotti commerciabili.
"L'iniziativa ha lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica circa i miliardi di tonnellate di abbigliamento e scarpe sprecati ogni anno, che potrebbe essere riproposto in materie prime per nuove scarpe – ha dichiarato Paul Doertenbach, portavoce di Foot Locker convinto di raddoppiare il successo dello scorso anno, durante il quale sono state rottamate 10.000 scarpe.
I clienti possono ottenere un massimo di due buoni al giorno per persona, e il buono sconto sarà valido solo nel negozio Foot Locker di emissione e sugli articoli a prezzo pieno. Dovrà essere utilizzato per l'acquisto di nuove scarpe lo stesso giorno dell'emissione.
Operazione di marketing o sensibilità all'ambiente? Probabilmente la prima, essendo questo un settore dove etica e ambiente, soprattutto nella produzione, non vanno troppo a braccetto. Ma essendo, al tempo stesso, le scarpe da ginnastica uno degli oggetti di abbigliamento più utilizzati da giovani e non, ben vengano iniziative del genere. Anche se non vediamo il motivo di limitarle solo a pochi giorni dell'anno.

10 usi alternativi della Coca Cola:


cocacola usi
La Coca Cola è la bibita gassata più bevuta al mondo. Le sue vendite non registrano cali, nonostante la bevanda sia spesso sotto accusa di essere nociva per la salute a causa dei dolcificanti in essa contenuti e dell'elevata presenza di acido fosforico, ritenuto colpevole, se assunto in notevoli quantità, della demineralizzazione delle ossa, anche e soprattutto nei bambini. Il marchio Coca Cola è inoltre ormai da decenni al centro di azioni di boicottaggio per la violazione dei diritti umani degli operai delle proprie fabbriche situate in Colombia.
Vi è quindi più di un motivo per rinunciare a bere ed acquistare Coca Cola o per provare almeno a diminuirne il consumo. Se ne avete ancora delle scorte in dispensa, ma avete deciso di porre un freno alla vostra dipendenza dalla bevanda, provate a sfruttarla per mettere in pratica alcuni dei suoi possibili impieghi alternativi.
1. La Coca Cola agisce efficacemente nel combattere le macchie di grasso sui tessuti e può essere applicata su di esse per pretrattarle prima di procedere al normale lavaggio.
2. Non molto tempo fa, la bevanda è stata impiegata, accompagnata dalle note caramelle alla menta, come carburante per alimentare un'automobile.
3. Provate a rimuovere i depositi di calcare dal fondo del vostro bollitore versandovi un bicchiere di Coca Cola e lasciando agire la bevanda per alcune ore. Il medesimo effetto può essere ottenuto con l'aceto. Ogni traccia scomparirà come per magia.
4. Rimettete a nuovo il fondo bruciato di pentole e padelle versando all'interno di esse della Coca Cola e portando la bevanda ad ebollizione. In seguito sarà più facile rimuovere le tracce rimaste sul fondo, con l'aiuto di una spazzola per le pulizie.
5. Un bicchiere di Coca Cola può essere aggiunto al bucato se avete bisogno di un additivo che vi aiuti a rimuovere i cattivi odori.
6. La Coca Cola avanzata, che ormai ha perso le proprie bollicine, è un rimedio efficace per lapulizia di pentole e di altri oggetti in rame, comprese le monete.
7. Nella pulizia dei sanitari vi potrà essere utile per la rimozione delle incrostazioni.
8. Può essere inoltre impiegata da chi possiede un'automobile per eliminare le tracce di corrosione causate dalle perdite della batteria e per facilitare la pulizia del parabrezza.
9. Utilizzatela, inumidendo un panno di cotone, per ridare splendore ai vostri gioielli ed all'argenteria.
10. Provate a rimuovere le macchie di ruggine eventualmente presenti sul paraurti della vostra auto inumidendole con della Coca Cola e strofinandole subito dopo con un foglio d'alluminio.
Visti gli usi che se ne possono fare, ancora convinti di volerla ingerire nel vostro stomaco?

29/03/12

Carta igienica da carta riciclata e fibra di bamboo FSC:


la carta igeinica in carta ricilata e fibra di bamboo
Carta igienica composta al 90% da carta riciclata e dal 10% di fibra di bamboo. Questa la novità che la multinazionale Kimberly-Clark’s U.K. si appresta a lanciare nella linea Andrex toilet (in Italia la conosciamo come Scottex NdR) con il marchio Andrex Eco sul mercato inglese. Anche il packaging proviniene da materiali riciclati e può essere a sua volta ancora riciclabile. Peraltro il nuovo prodotto è certificato Forest Stewardship Council- anche per il bamboo. Nel 2009 dopo la campagna Kleencut indetta da Greenpeace arrivò l’impegno a usare il 100% di carta certificata FSC.
Jon White, marketing director di Kimberly-Clark spiega che sul mercato le carte igieniche sostenibili sono al momento il 3,5% del totale dei marchi venduti nel Regno Unito e che dunque la compagnia ha valutato l’opportunità di espandersi nel segmento delle eco carte igieniche. Tanto che a supporto della campagna ci investirà 4milioni di sterline. Ma rassicura che il prezzo sarà in linea con i prodotti di prima qualità. Insomma caro. Sul sito peraltro si legge che proseguono le collaborazioni con WWF e Greenpeace in favore della sostenibilità.
Onestamente a me viene solo da pensare che questa iniziativa seppur con tutte le etichette al posto giusto sia ancora una goccia nell’oceano dello sfruttamento delle risorse naturali e che le multinazionali per mille e validi motivi hanno il dovere morale di investire in ricerca e in prodotti che siano sempre più rispettosi dell’ambiente. A Noi consumatori l’obbligo di scegliere con criterio. Quindi andiamoci piano con l’uso della carta anche se riciclata e evitiamo quei prodotti come carte assorbenti, asciugamani in carta e spolverini vari.

Salviamo il mare: dalle reti da pesca abbandonate si ricavano vestiti


Secondo la Fao nei mari ci sono 640 mila tonnellate di reti lasciate alla deriva: un pericolo per cetacei e tartarughe

MILANO - Costumi da bagno derivati dalle reti da pesca abbandonate. Sarà possibile con i filati morbidi e resistenti ottenuti tramite il sistema Econyl messo a punto dall’azienda italiana Aquafil. Oltre che dalle reti da pesca, il nuovo filato viene ricavato anche dal fluff, la parte superiore di tappeti e moquette, da tessuti rigidi e componentistica plastica oltre che dai rifiuti post-industriali generati dal ciclo produttivo. Il primo impianto di produzione è stato inaugurato nello scorso mese di maggio a Lubiana, in Slovenia.
Vestiti dal reti abbandonateVestiti dal reti abbandonate    Vestiti dal reti abbandonate    Vestiti dal reti abbandonate    Vestiti dal reti abbandonate    Vestiti dal reti abbandonate
RETI ABBANDONATE - «Abbiamo cominciato a riciclare i cascami della produzione», dice Giulio Bonazzi, amministratore delegato di Aquafil. «Sono seguite ricerche e le reti da pesca si sono presentate come la fonte di nylon 6 quantitativamente e qualitativamente più interessante». L’operazione di raccolta ha, di per sé, un valore ecologico. La Fao e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) hanno stimato che le tonnellate di reti abbandonate alla deriva negli oceani sono circa 640 mila e costituiscono un decimo dei rifiuti presenti in mare. Le reti rimangono alla deriva per periodi molto prolungati e sono responsabili della cattura accidentale di cetacei e altri animali marini. Solo nei mari a largo del sud-est degli Stati Uniti ogni anno circa 55 mila tartarughe marine sono vittime delle reti da pesca per i gamberetti.
IL PROCESSO DI RICICLO - Le reti da pesca raccolte rientrano nel ciclo produttivo per ricavare caprolattame, la materia prima chimica con cui si produce il nylon 6. Viene messo in atto un riciclo back to feedstock (ritorno alla materia prima) tramite la depolimerizzazione e si ottiene il monomero del caprolattame. Segue la fase della purificazione. A questo punto, si procede a una nuova polimerizzazione. Si tratta di un processo chimico che non utilizza solventi o sostanze inquinanti. Considerando che l’utilizzo di rifiuti in nylon 6 riciclati sostituisce l’uso di idrocarburi nella produzione del caprolattame, il sistema Econyl consente un risparmio stimato di 70 mila barili di petrolio ogni anno. Il progetto di ricerca è partito tre anni fa e andrà avanti ancora per cinque anni.
PRODOTTI - Il poliammide 6 è il tipo di nylon più economico, morbido e di facile lavorabilità. E può essere riciclato infinite volte. Il prodotto riciclato ha le medesime caratteristiche tecniche e qualitative di quello ottenuto utilizzando il caprolattame vergine. Dai filati si ottengono tessuti destinati alla realizzazione di costumi da bagno, biancheria intima e indumenti sportivi.
ENERGIE RINNOVABILI PER LA PRODUZIONE - Il tipo di energia impiegata dalla Aquafil varia in base allo stabilimento. In alcuni, vengono utilizzati impianti fotovoltaici. In altri, l’energia viene acquistata da fornitori che la producono tramite impianti idroelettrici. Inoltre, l’azienda è servita da un impianto di cogenerazione con turbine a rendimento elevato che consentono di ridurre le emissioni. «L’obiettivo futuro», conclude Bonazzi, «è dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2020 e diminuire il consumo delle risorse idriche durante il ciclo produttivo».