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14/11/11

Sondaggio:

Volevo chiedervi la vostra opinione; 
vi piacerebbe avere una sezione dedicata ai rimedi green o preferireste una dedicata ai video con una raccolta di video?! per i rimedi green intendo l'autoproduzione ext.
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Solare, fotovoltaico e eolico a rischio:


jrcA quanto pare, accaparrarsi alcuni metalli di terre rare è diventato sempre più complicato e la questione potrebbe ripercuotersi su tecnologie come eolico e fotovoltaico. A svelarlo è uno studio del Joint Research Centre, che avverte: disponibilità esaurita entro il 2030. Ecco quali sono i metalli così difficili da ottenere e come fare per porre fine allo sfruttamento selvaggio.
L'Istituto Energia e Trasporti del Centro comune di Ricerca della Commissione Europea ha tratto le sue conclusioni: indio, gallio, tellurio, neodimio e disprosio rischiano di scomparire, mettendo in seria difficoltà tutte quelle tecnologie che si basano sul loro utilizzo. Di queste materie prime preziose, ad esempio, sono ghiotte tecnologie come eolico e fotovoltaico, che potrebbero trovare un grandissimo ostacolo sulla propria strada verso uno sviluppo completo.
E non stiamo parlando di un’estinzione graduale o lontana nel tempo. Il JRC parla di “pochi anni” e lancia l’allarme: entro il 2030 indio, gallio, tellurio, neodimio e disprosio potrebbero del tutto scomparire.
Ma perché accade tutto questo? Naturalmente, la causa primaria è l’aumento esponenziale della domanda. Abbiamo consumato troppo i metalli di terre rare ed è ora di correre ai ripari, insomma. Soprattutto, i responsabili sono tutti quei Paesi europei che hanno dato libero sfogo all’import di questi metalli, diventando dipendenti da risorse che non sono presenti entro i propri confini, senza curarsi della diminuzione della loro disponibilità a livello mondiale.
In particolare, l’eolico potrebbe presto risentire della mancanza di gallio, tellurio e indio, mentre il fotovoltaico di quella di disprosio e neodimio. In pratica, si potrebbe dire addio alle pale eoliche e ai pannelli solari così come finora li stiamo progettando. Non solo. Rischierebbero anche nucleare, bioenergie, smart grid e CCS.
Ma non è detta l’ultima parola. Dall’analisi della domanda fino al 2020-30, il JRC ha concluso che è ancora possibile frenare questo meccanismo che porterebbe alla scarsità totale delle fonti di approvvigionamento. Come? Riciclando, riciclando meglio e riciclando di più, attraverso sistemi nuovi, più diffusi, nell’ottica di un cambiamento radicale che dovrà comunque portare a preferire materie prime differenti da quelli che si utilizzano al momento.

La VERA Storia dei cosmetici:

La vera storia dei cosmetici può essere riassunta in un video; scopriremo come questi prodotti riescono a conquistarci e cosa si nasconde dietro queste grandi marche; Guardate questo video:

Ognuno si faccia una propria idea, credo che bisognerebbe vietare questi prodotti. TO BE CONTINUED!

Legambiente, ridurre le cave con il riciclo degli inerti:


Cave
Riutilizzare materiali di scarto provenienti dall'edilizia invece dei prelievi dalle cave. È questo l'auspicio di Legambiente che ha diffuso il Rapporto Cave 2011. E il nostro paese, ancora una volta, si trova indietro su questo fronte rispetto ad altri stati europei. E mentre in germania è ormai diffuso l’utilizzo di materiali provenienti dal riciclo degli inerti edili per infrastrutture e costruzioni, toccando quota 86,3%, in Italia siamo ancora al 10% nell'utlizzo dei materiali riciclati.
Fanno molto meglio di noi anche l'Olanda a quota 90%, il Belgio (87%) e la Francia che in appena 10 anni è passata dal 15% al 62,3%. Se ci si muove a favore di tale pratica, evidentemente esistono dei vantaggi. Basti considerare che le prestazioni dei materiali estratti dalle cave e quelli derivanti dal riciclo degli inerti di scarto sono pressoché identiche.
Secondo Legambiente, siamo molto indietro. In Italia infatti vige ancora un Regio Decreto del 1927 che a regola l’attività estrattiva. Dal 1977, il compito passo poi nelle mani delle Regioni. Queste ultime non vi prestano la dovuta attenzione
Le cave in Italia. Dal Rapporto Cave 2011 emerge che nel nostro paese vi sono ancora 5.736 cave attime e 13.016 dismesse. Tale cifra si riferisce comunque alle regioni dove esiste un monitoraggio. A queste ultime si devono aggiungere quelle abbandonate in Calabria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia, che porterebbero il dato ben oltre 15 mila unità. Ogni anno inoltre vengono estratti 90 milioni di metri cubi estratti tra sabbia e ghiaia, com'è accaduto nel 2010, ma anche 41,7 miliondi metri cubi di calcare utilizzati nel ciclo del cemento e 12 milioni di metri cubi di pietre ornamentali. Solo considerando sabbia e ghiaia, si parla del 59% del totale tra tutti i materiali cavati in Italia.
cave_attive_dismesse
Dove. Lombardia, Lazio e Piemonte da sole raggiungono il 50% del totale estratto ogni anno, con 43 milioni di metri cubi. Tra le Regioni che presentano un maggior numero di aree destinate alle attività estrattive vanno considerate complessivamente la Sicilia, il Veneto e la Lombardia, tutte con più di 500 cave attive all’interno del proprio territorio. Seguono Piemonte (472), Toscana (403), Lazio (393) e Campania (376). In quest’ultima Regione, inoltre occorre tener presente chela stima effettuata sulla quantità di cave abusive, circa 180, è da ritenere ancora incompleta e purtroppo a ribasso, in particolare nei casi delle province di Napoli e Caserta. Agli ultimi posti per cave in funzione, tutte sotto i 100 siti, si trovano le Regioni con minore estensione: Liguria (98 cave), Friuli Venezia Giulia (67), Molise (56), Basilicata (51) e Valle d’Aosta con 39 cave attive.
cave_comuni
E per le cave dimesse, sei sono le aree maggiormente a rischio:Lombardia, Veneto, Campania, Provincia di Trento, Marche e Toscana, dove troviamo oltre 1.000 cave, e addirittura in Lombardia si contano 2.800 cave dimesse o abbandonate.
cave_materiali_estratti
Noi e l'Europa. In controtendenza rispetto a gran parte dei paesi europei, dove la crisi economica ha fatto letteralmente crollare il consumo di cemento nel 2010, noi deteniamo un vero e proprio primato continentale, con oltre 34 milioni di tonnellate di cemento consumatiin un periodo di crisi, per una media di 565 chili per ogni cittadino a fronte di una media europea di 404. Ma da cosa deriva un consumo così elevato di cemento? Sicuramente a farla da padrone è il numero di nuove case costruite in questi anni (oltre 260mila tra abitazioni e fabbricati non residenziali costruiti nel 2009) e il largo uso che viene fatto del cemento nell’edilizia italiana, anche per i ritardi nella innovazione tecnologica del settore. Segue poi l'un uso eccessivo nelle opere pubbliche spinto da un quadro normativo arretrato e governato, secondo Legambiente, da evidenti interessi economici oltre che da un ritardo culturale della progettazione rispetto agli altri Paesi europei che ne utilizzano molto meno a parità (o maggiori) interventi realizzati.
cemento_europa
Dopo 85 anni serve finalmente una riforma del settore che ripristini regole, controlli e sanzioni - ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile Urbanistica di Legambiente – e che adegui i vergognosi canoni, visto l’impatto che le cave hanno sui territori. Un ritorno alla legalità che vale in particolare nelle Regioni del Mezzogiorno dove l’attività di cava è assurdamente gratuita e dove il peso delle Ecomafie nell’intero ciclo del cemento è decisamente inquietante”.
A tal fine Legambiente ha riassunto alcune delle soluzioni da attuare per risolvere o quantomeno limitare il problema:
  • Promuovere l'innovazione nel settore riducendo il prelievo di materiali e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio
  • Ridurre il prelievo da cava puntando sul recupero degli inerti provenienti dall’edilizia
  • Rafforzare la tutela del territorio e il controllo dell’attività
  • Aumentare i canoni di concessione
L’innovazione è fondamentale – aggiunge Zanchini – a maggior ragione quando può avvenire in modo sostenibile come in questo settore dove il recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia può sostituire quelli di cava, come sta avvenendo in molti Paesi europei e che consente di avere molti più occupati e di risparmiare il paesaggio”.

Cosa sapere su il buco dell'ozono:


L'ozono è un gas composto da tre atomi di ossigeno che svolge l'importante funzione di protezione dalle pericolose radiazioni ultraviolette UV. Lo strato di ozono intorno all'atmosfera terrestre si è formato in milioni di anni per effetto dell'attività delle alghe verdi-azzurre. A questi organismi si deve anche gran parte dell'ossigeno attualmente presente nell'atmosfera. Il grande "tetto" di ozono ha consentito alla vita di lasciare le acque per conquistare le terre emerse senza subire le radiazioni ultraviolette solari. L'evoluzione poi ha fatto il suo cammino fino ad arrivare all'uomo e al mondo che oggi conosciamo. Un punto deve essere chiaro e lo rimarchiamo: "dallo strato di ozono dipende la nostra stessa vita". Nel corso del tempo lo strato di ozono, detto ozonosfera, ha mutato continuamente spessore e forma per cause naturali. Negli ultimi decenni però la concentrazione di ozono nella stratosfera ha cominciato ad assottigliarsi anche per l'effetto di alcuni inquinanti rilasciati in atmosfera dall'uomo. Il mutamento non assume più un andamento graduale ma brusco e repentino. E' particolarmente grave l'assottigliamento dello strato dell'ozono sopra il Polo Sud, divenuto poi talmente grande da far parlare i mass media di "buco dell'ozono". Sarebbe comunque più corretto parlare di "buco nello strato di ozono".

Conseguenze del buco nell'ozono

Quali sono le conseguenze del buco nell'ozono? L'assenza dell'ozono fa venire meno il filtro naturale nei confronti dei raggi UV solari con conseguente crescita del rischio di cancro della pelle e le mutazioni del DNA. I raggi solari non filtrati inibiscono gradualmente la fotosintesi clorofilliana, con conseguente minore crescita delle piante e minore produzione di fitoplancton oceanico (il primo anello della catena alimentare marina). Così come la fascia di ozono è stata alla base della vita terrestre, la sua scomparsa può determinare la fine della vita terrestre. Perlomeno di quella che oggi conosciamo. Nel lungo periodo soltanto alcuni insetti con esoscheletro riuscirebbero a resistere ai raggi UV in un mondo completamente desertico e privo di verde.

Il Burro di Karitè:


Anche se i prodotti cosmetici più glam si avvalgono di campagne pubblicitarie che vantano testimonial famosi, provare l’effetto di una sostanza naturale come il burro di karité può essere il miglior spot per promuovere questo prodotto naturale.
E’ una sostanza portentosa prodotta da quello che gli indigeni chiamano “albero della giovinezza“, il karitéappunto. Presente nei paesi dell’Africa Centrale, assomiglia alla quercia con fiori bianchi e profumati mentre il suo frutto carnoso nasconde il nocciolo da cui si ricava il burro, impiegato da sempre in Africa come farmaco e prodotto di bellezza per le sue proprietà rigeneranti.
Anche la cosmesi contemporanea ha da tempo scoperto le notevoli e molteplici proprietà di questa sostanza: cicatrizzante, emolliente, elasticizzante, antiossidante, antirughe ma soprattutto lenitivo e idratante. Infatti, grazie all’alto contenuto di insaponificabili , sostanze indispensabili e fondamentali per la naturale elasticità della pelle, il karité forma come un film protettivo sulla pelle, schermandola dalle aggressioni esterne e contemporaneamente la reidrata.
Il burro di karité è dunque consigliabile per il benessere del corpo a tutte le età. Le persone non più giovani, infatti, possono ritrovare l’elasticità e la tonicità della pelle mentre le  donne in attesa approfitteranno dell’effetto anti-smagliature.
Qualsiasi tipo di pelle, inoltre, indebolita e opacizzata dagli agenti atmosferici, come vento e freddo, dall’inquinamento atmosferico o dall’esposizione ai raggi solari può trovare nuova luce e benessere spalmando questa sostanza per almeno due settimane.
Anche la prevenzione dell’invecciamento cutaneo, quindi, può affidarsi al burro ricavato dai semi della Vitellaria Paradoxa, il nome scientifico del karité. Una curiosità, l’altro nome scientifico dell’albero è Butyrospermum Parkiie una stupida leggenda metropolitana parla di sperma di qualche animale come ingrediente dei cosmetici che lo contengono, forse facendo leva sul nome. Ovviamente questo non è altro che burro ricavato dal Karité! 

Climatizzazione di edifici con pompe di calore, il libro:


Vi segnaliamo il libro di un giovane ingegnere, Marcello Macrì, dal titolo “Climatizzazione di edifici con pompe di calore geotermiche”.
Il libro di Macrì tratta delle energie rinnovabili, con un focus specifico sulla progettazione di impianti goetermici a bassa entalpia.
Nel libro viene affrontato il tema sia a livello di analisi termodinamica che economica: vi ricordiamo che l’adozione di un impianto di climatizzazione a pompa di calore geotermica è una soluzione che permette di sfruttare il suolo come serbatoio termico con il quale scambiare calore durante l’arco dell’anno, risentendo di meno, delle variazioni di temperatura stagionali rispetto all’aria esterna e quindi realizzando un risparmio a lungo termine e un minore impatto sull’ambiente.
Per maggiori informazioni:
Climatizzazione di edifici con pompe di calore geotermiche