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29/01/12

Taglieri da cucina in materiali di scarto o di riciclo: tre proposte diverse:


Anche un semplice tagliere da cucina può essere selezionato con cura in modo da evitare che sia costituito da materiali sintetici, non biodegradabili e per la cui produzione si paga un alto prezzo ambientale anche in termini di CO2 riversata nell’atmosfera. Girovagando qua e là per la Rete, ne abbiamo trovati tre che ci sembrano particolarmente interessanti.
Il primo è un tagliere di legno di havea, noto in inglese come rubber wood e in Asia come Malaysian oak, in ogni caso si tratta della pianta usata per la produzione del caucciù, in particolare di quegli alberi che dopo 25 anni di estrazioni di lattice, devono comunque essere tagliati e sostituiti con altri. Un legno estremamente resistente, anche ai coltelli e alle mezzelune più taglienti. Ma anche adatto come vassoio per servire formaggio, frutta o finger food e stuzzichini, magari appoggiato su foglie di vite per una presentazione più coreografica. Questo tipo di tagliere è costruito con gli scarti di lavorazione del legno per la produzione del lattice, assemblati e levigati con cura per mantenere una forma precisa e una superficie liscia. Il legno di havea ha esso stesse delle proprietà antibatteriche, ma il tagliere è stato ulteriormente ricoperto da uno strato protettivo e munito di scanalature arrotondate che lo rendono sicuro da maneggiare. Per la pulizia è sufficiente uno straccio umido e occasionalmente una passato con olio vegetale di buona qualità. Il tagliere esiste in due dimensioni: media (38 x 26 x 5 cm) e grande (50 x 35 x 6 cm)
Il secondo è un tagliere in legno di bambù, che sarà una delizia di regalo per un eco-chef. Come sappiamo, il bambù è un tipo di materiale altamente sostenibile dal punto di vista ambientale, poiché cresce molto rapidamente senza uso di pesticidi o fertilizzanti. Una scelta appropriata per chiunque voglia cucinare diminuendo il suo impatto ambientale – non solo con la scelta dei cibi, ma anche degli utensili. Inoltre, questo tagliere, con i suoi colori tenui e caldi delle varie strisce che lo compongono, darà anche un tocco di stile e di classe sia alle cucine in stile classico che in quelle moderne. Anche questo legno va pulito con un panno umido e unto di tanto in tanto con olio per impedire che si formino delle fessure. E’ importante anche ricordare di lavorare sempre su un piano asciutto perché le infiltrazioni di acqua lo rovinerebbero. Il tagliere in bambù è disponibile in una sola misura: 40 x 25 x 3 cm.
Infine, un articolo che supera ancora gli altri in “ecologicità”: si tratta infatti di un tagliere in cartone riciclato, sorprendentemente resistente e duraturo nel tempo. Disponibile in due misure diverse (24 x 30 cm e 30 x 40 cm), ha una finitura nera lucida, così ingannevole da non sembrare affatto costituito da semplice cartone compresso riciclato al 100%. L’articolo ha ricevuto l’approvazione dell’ente britannico Food Safety e, a differenza dei due precedenti, è resistente al calore e lavabile in lavastoviglie. Non è poroso, perciò non crea pericoli di contaminazioni batteriche. Sarà un apprezzatissimo regalo di nozze, questo è garantito!

Costa Concordia, diffusa la lista dei materiali e delle sostanze tossiche a bordo:

sostanze a bordo costa concordia

Allarme bioaccumulanti. Le sostanze inquinanti che l'Italia non riesce a bonificare:


"Da Brescia a Gela ci sono 57 siti dove l'inquinamento da metalli pesanti, diossine, pesticidi, è una minaccia grave per la salute. Secondo l'Istituto superiore di sanità in queste zone ci sono stati 10mila morti in più negli ultimi 8 anni."

Ambiente - 1 dicembre 2011
Allarme bioaccumulanti. Le sostanze inquinanti che l'Italia non riesce a bonificare
Ci sono sostanze inquinanti che non si degradano, restano nell'ambiente a lungo, magari per sempre, come la famigerata diossina, i metalli pesanti, o i policlorobifenili prodotti in quantità enormi dalla caffaro di Brescia o benzopirene prodotto dall’ILVA di Taranto. Sono state prodotte ed emesse soprattutto negli anni '70 e '80 quando si sapeva poco della loro pericolosità e si sono accumulate nel terreno, nei laghi e nei fiumi.

A partire dal 1998 il Ministero dell’Ambiente ha individuato 57 siti super inquinati definiti di Interesse Nazionale, sono arree che in totale coprono 700.000 ettari, il 3% del territorio nazionale.
La loro bonifica, sebbene prevista per legge, però non è mai partita: troppa la burocrazia (è necessario un accordo di programma tra tutti i soggetti, dal ministero agli enti locali ai privati responsabili dell’inquinamento) e troppo pochi i soldi. In realtà nel 2006 il governo Prodi stanziò 3,3 miliardi di euro, tra i fondi FAS e quelli strutturali gestiti con le regioni. Poi però Tremonti, complice anche la crisi, li ha destinati altrove: dal salvataggio Alitalia all’abolizione dell’ICI, dal terremoto dell’Aquila alla Cassa Integrazione Straordinaria.

L’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’OMS, il CNR e l’Università La Sapienza di Roma, si è preso la briga di andare a controllare le conseguenze sulla salute dei cittadini che vivono in quelle aree o nelle immediate vicinanze e ha pubblicato a metà novembre lo studio SENTIERI, che sta per Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio Inquinamento. I risultati descrivono un disastro: in quasi tutti i 44 siti esaminati(la mappa dei stiti è pubblicata su Ambienterenergia) la mortalità dei residenti è superiore a quella dei cittadini che vivono in altre aree della stessa regione. A conti fatti ci sono 10.000 morti in più, nei soli otto anni presi in considerazione. Come prevedibile i risultati del progetto SENTIERI appena resi noti, hanno acceso le polemiche, con un rimpallo di responsabilità tra le aziende private coinvolte nell’inquinamento e le autorità pubbliche locali e nazionali. Ora vedremo che iniziative prenderanno il nuovo Governo e il nuovo ministro dell'Ambiente.

Packaging: dalla Germania la lattina eco-friendly in cartone,


lattina_cartone
Arriva direttamente dalla Germania la nuova lattina eco-friendly in cartone. La rivoluzionaria lattina è stata progettata dall’azienda tedesca Keienburg GmbH e promette un nuovo approccio maggiormente ecologico nella produzione di contenitori per le classiche bibite gassate, volto inoltre alla riduzione dei costi economici necessari per la manifattura degli stessi.
Il materiale in questione, uno speciale cartone multistrato, è stato lanciato alla fine del 2011 come una possibile alternativa ai comuni materiali finora impiegati nella fabbricazione di lattine, che si prospetta adatta per contenere bevande addizionate di anidride carbonica e succhi di frutta, ma anche tè, caffè ed energy drink.
Lo speciale cartone sarebbe facilmente adattabile alle macchine già utilizzate per la creazione di lattine in alluminio, con l’aiuto di alcune semplici ed opportune modifiche, atte a semplificare le operazioni di assemblaggio da effettuarsi utilizzando il nuovo cartone multistrato.
Il rivoluzionario materiale sarebbe più semplice e meno costoso da produrre rispetto all’alluminio, oltre che più leggero da trasportare, con una conseguente riduzione dello spazio e delle spese necessarie per il suo trasporto. Da una bobina di cartone di dimensioni standard si riuscirebbero produrre ben 4000 lattine, permettendo alle aziende di risparmiare il 30% rispetto agli attuali costi di produzione dei contenitori in alluminio.
Inoltre, le lattine in cartone sarebbero in grado di mantenere le bibite in esse contenute fresche più a lungo, per la gioia dei consumatori. Tale fattore potrebbe, tra gli altri, spingere i produttori di lattine a riorientare la propria attività in un’ottica maggiormente ecosostenibile, anche attraverso l’eventuale utilizzo di cartone riciclato.
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Per quanto riguarda il mondo degli imballaggi per bibite, non sono in realtà i tedeschi i primi ad aver proposto nuove soluzioni. Circa un anno fa, infatti, il sito greenMe.it, ad esempio parlato della lattina eco-compatibile ideata a Taiwan, realizzata grazie ad un materiale derivato dal mais e completamente biodegradabile. I costi del prodotto risultavano però piuttosto eccessivi.
Ecco che dunque ai progettisti tedeschi va riconosciuto il merito di aver individuato un nuovo modo di produrre lattine, garantendo un maggiore rispetto per il pianeta, diminuzione dei rifiutidestinati alle discariche e costi di produzione e di vendita contenuti. Potrebbe trattarsi dunque di una soluzione adatta a limitare ancora di più gli sprechi ed a favorire l’impiego industriale di materiali più semplici da lavorare, trasportare e riciclare?