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12/11/11

Banco Alimentare e Cuki contro lo spreco di cibo:


cibo_sprechiFondazione Banco Alimentare Cuki hanno presentato il nuovo progetto “Save the food” che vede alleate la onlus che lotta contro gli sprechi di cibo, ridistribuendo le eccedenze alimentari provenienti da mense e grande distribuzione, e l’azienda che ha come mission la conservazione ed il mantenimento del cibo.
In Italia, secondo stime della Coldiretti, finisce nella spazzatura circa il 30 per cento del cibo acquistato. Si tratta di oltre 10 milioni di tonnellate sprecate, per un valore di 37 miliardi di euro. Ma glisprechi non avvengono solo in casa. Nei supermercati, ad esempio, ad essere gettati via fine giornata sono, oltre ai prodotti scaduti, anche tutti quelli con etichette rovinate o con confezioni ammaccate, insomma che non rispondono agli standard previsti dalla catena di distribuzione. Anche nelle mense aziendali o scolastiche, nei refettori o negli ospedali numerosi sono i pasti cucinati ma non serviti e destinati a divenire rifiuti.
Banco alimentare grazie al supporto di oltre 1300 volontari riesce a recuperare circa 80mila tonnellate all’anno di alimenti che una volta redistribuiti nelle mense di strutture caritative sono in grado di fornire un aiuto concreto a circa un milione e mezzo di persone. Grazie al progetto “Save the food” Cuki, impresa leader nella produzione di contenitori per conservare e trasportare il cibo, offrirà al Banco Alimentare  una dotazione iniziale di 15.000 vaschettein alluminio con coperchio su cui è riportato il logo dell’iniziativa e di 600 termibox. Le prime verranno utilizzate per l’immediato confezionamento dei prodotti alimentari recuperati, mentre i box termici permetteranno di mantenere costante la temperatura degli alimenti deperibili durante il trasporto dagli ipermercati alle sedi delle strutture caritative beneficiarie. La possibilità di gestire una catena del freddo senza rotture è molto importante per l'efficacia e la qualità della successiva redistribuzione.
In più Cuki sosterrà il costo annuale di uno dei furgoni utilizzati per il programma Siticibo, il programma di Banco Alimentare specifico per il recupero del fresco, ovvero degli  alimenti cucinati e non serviti e degli alimenti freschi invenduti o inutilizzati. Grazie alla collaborazione di Cuki,  Siticibo potrà ampliare il suo raggio di azione: in questi giorni il progetto è stato infatti avviato in Umbria ed entro la fine del mese sarà esteso anche a  Sicilia, Puglia e Campania.

Eco-Guida, Hp in testa:


Pubblichiamo oggi la versione aggiornata della nostra Eco-guida ai prodotti elettronici. La grande novità è il sorpasso di HP che si piazza al primo posto davanti a Dell e Nokia e ottiene il miglior punteggio in termini di sostenibilità della sua produzione.
L'ultima versione dell'Eco-guida dei prodotti elettronici
In quest’ultima edizione abbiamo valutato quindici aziende IT in base a tre parametri: politica energetica, eco-compatibilità dei prodotti, sostenibilità della filiera. Il punteggio viene stabilito anche per le emissioni di gas serra prodotte durante l’intera catena produttiva: dalle materie prime dei singoli componenti alla produzione, fino alla fase di recupero a fine-vita dei prodotti, nonchè per l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili.

Grazie all’Eco-guida, giunta alle sua 17esima edizione, molte aziende hanno già accettato di mettere al bando le sostanze chimiche più pericolose. Ora chiediamo anche dei passi avanti sul piano dell’approvvigionamento dei minerali e sulla gestione dei consumi energetici con criteri di maggiore efficienza lungo tutta la filiera. 

HP è in vetta alla classifica per i suoi ottimi risultati sulla misurazione e riduzione delle emissioni di CO2. L’azienda sostiene anche una legislazione più ambiziosa in materia di salvaguardia del clima. 

Dell arriva seconda, ma con un salto di dieci posizioni rispetto all’ultima versione della classifica. L’azienda ha sposato i target climatici più ambiziosi: ridurre del 40% le proprie emissioni da qui al 2015. 

Dopo due anni al top della classifica, Nokia scivola, invece, dal primo al terzo posto, soprattutto a causa dello scarso impegno sul fronte dell’uso di energie pulite.
La Research in Motion (RIM), azienda produttrice dei telefoni BlackBerry, viene classificata per la prima volta ma si piazza in fondo alla classifica, per l’incompletezza e la  poca trasparenza nella documentazione delle sue performance ambientali.

I prodotti elettronici prevedono un impiego intenso di energia e materie prime: la nuova guida mostra come le aziende IT possano fare da apripista, riducendo i propri consumi energetici e utilizzando il loro peso industriale a sostegno di una legislazione più ambiziosa in materia di energia verde.

3M crea la pellicola solare:


La multinazionale statunitense 3M ha presentato per la prima volta al CEATEC, il salone della tecnologia Giapponese, un prototipo di pellicola solare trasparente in grado di raccogliere la luce del sole come un qualsiasi pannello fotovoltaico.
La 3M è nota per essere un colosso mondiale in svariati campi: dalla chimica all’elettronica, dalla produzione di articoli per la cura dentale ai prodotti adesivi ed è famosa ai più soprattutto per i leggendari Post-it.
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Non è un caso che questa nuova pellicola solare si presenti insottili strisce verdi, distanziate tra loro, da incollare alle finestre così da formare un grande ”cerotto”.
Secondo i tecnici, un metro quadro di film può generare un’energia, sfruttando una luce solare alla massima potenza,sufficiente a caricare un iPhone.
Tutto ciò lasciando passare la luce e quindi mantenendo quasi inalterata la visibilità della finestra.
L’energia elettrica prodotta però sarà solo il 20% di quella che produrrebbe un tradizionale pannello solare in silicio ma la pellicola costerà almeno la metà di quest’ultimo.
Yasuhiro Aoyagi, manager del marketing 3M, immagina che in futuro questa pellicola solare si possa direttamente vendere al pubblico affinché qualsiasi persona la possa installare da se nella propria abitazione.
Per il momento la 3M spera di utilizzare la pellicola in ambienti come uffici governativi o grandi aziende prima di una produzione su larga scala. Certamente ina tecnologia da tenere monitorata, potrebbe avere implicazioni notevoli nello sviluppo delle rinnovabili

Come fare lo yogurt in casa:


Leggero, ideale per uno spuntino sano, poco calorico, amico delle donne e anche dei bambini. ma è lo yogurt, una presenza fissa nel nostro carrello della spesa. Però cominciano in molti a chiedersi: e se lo facessi io? Dopotutto non ci vuole molto: solo un po’ di tempo a disposizione. Bontà e risparmio sono garantiti!
Intanto vi serve un litro di latte UHT o fresco intero e delle bustine di fermenti liofilizzati. In alternativa, basta comprare 4 vasetti di yogurt naturale bianco.
La prima cosa da fare è scaldare il latte in una pentola: la sua temperatura, però, deve essere compresa tra i trentotto e i quarantasei gradi. Se il latte è UHT ci si ferma a 40° che è la temperatura di fermentazione. Se il latte è fresco pastorizzato o crudo allora prima si fa bollire e poi raffreddarlo fino a 42°. La precisione è importante perché il caldo fà partire la fermentazione ma se eccessivo “uccide” completamente i batteri. Quindi è meglio usare un termometro da cucina (ricordate che quello che non avete in casa, ce l’ha sicuramente la super- organizzata vicina, perciò bussate senza paura).
Dopodichè unite al latte i fermenti o il contenuto dei vasetti di yogurt. Amalgamate senza fare grumi. A questo punto, dovetemantenere la temperatura tra i 38° e i 45° per lasciare fermentare il composto. A seconda del grado di cremosità che si vuole raggiungere e del tipo di altte impiegato, si devono far passare dalle 6 alle 12 ore. Per questo ideale è usare un thermos capiente.
Altri metodi per tenerlo leggermente caldo sono: tenere in forno appena tiepido (attenzione a non superare i quaranta gradi) per tutta la notte.  Dopo la fase di fermentazione, setacciate il composto con un colino per togliere i grumi del coagulo. Potete dividere in vasetti e mettere in frigo: con questo passaggio fermerete la fermentazione. E, soprattutto, avrete pronto al il vostro yogurt artigianale.
GUARDA IL VIDEO: spiega come fare lo yogurt in poche rapide mosse. Prova anche tu!

Scozia, arrivano i primi traghetti ibridi:


TraghettoInteressante novità quella che sta per essere messa a punto in Scozia: nei giorni scorsi è stato infatti firmato un contratto (dal costo di 22 milioni di sterline) fra il Governo scozzese ed i cantieri navali per la costruzione di traghetti ibridi, muniti quindi di un doppio motore elettrico-diesel. Con questi nuovi mezzi di trasporto si avvieranno i collegamenti con l’arcipelago delle Ebridi e quelli lungo il fiume Clyde; se le cose andranno secondo gli intenti sottoscritti, si tratterà della prima flotta al mondo di ferry boat ibridi.
Da ciò che apprendiamo queste imbarcazioni saranno in grado di trasportare fino a 150 passeggeri e 23 automobili, capacità non certo enorme, tuttavia proporzionale alle necessità e alle caratteristiche dell’ambiente di navigazione. Il sistema di alimentazione invece sarà costituito da un piccolo generatore diesel che ricaricherà a sua volta delle batterie elettriche.
I vantaggi saranno ovviamente sia di natura ambientale che economica: a basse velocità (quindi in prossimità della terraferma) sarà infatti possibile azionare il motore elettrico; tale sistema permetterà di ridurre le emissioni di gas inquinanti e favorire un risparmio notevole di gasolio. Si tratta di un banco di prova da seguire con attenzione: in considerazione della crisi economica mondiale che non sta risparmiando certo le compagnie di navigazione, potrebbe infatti rivelarsi un esempio da replicare su altre realtà. Staremo a vedere se questa scommessa verrà vinta.

Retenergie, le rinnovabili si fanno in cooperativa:


MILANO - Produrre energia pulita, investendo in una filiera ad azione popolare, per riuscire a venderla liberalmente sul mercato. È questo lo scopo di Retenergie, una cooperativa nata a Cuneo nel 2008 e che oggi conta quasi 400 soci, a seguito dell’appello lanciato su internet da Marco Mariano, ai tempi proprietario di un'azienda agricola produttrice di fagioli, per trovare persone da coinvolgere nella costruzione del primo impianto fotovoltaico ad azione popolare. Un’iniziativa chiamata «Adotta un kilowatt di energia pulita» che in breve tempo ha raccolto un consenso così ampio da riuscire a realizzare a Mondovì un impianto fotovoltaico sopra il tetto di un’impresa di rifiuti e gestione del verde pubblico, e scatenato una vera e propria azione energetica collettiva.
IN TRE REGIONI - Infatti la cooperativa di Mariano in soli tre anni ha raggiunto un capitale sociale di 450 mila euro e conta già tra le sue proprietà cinque impianti fotovoltaici allacciati alla rete di Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia per un totale di un centinaio di kW di potenza installata. Senza contare il mini-idroelettrico: 170 mila kwh che si andranno a sommare tra sei mesi quando gli impianti entreranno in attività. «Il nostro obiettivo», afferma il presidente di Retenergie Marco Mariano, «è quello di riuscire a produrre, entro la fine del 2012, almeno 500 mila kwh. E, per rendere più appetibile a livello economico l’investimento nella cooperativa, quello di riuscire a diventare, nel giro di quattro anni, anche fornitori dell’energia che produciamo. Senza essere costretti, come dobbiamo fare adesso, a venderla allo Stato e appoggiarci ad aziende esterne per la fornitura domestica. E, per riuscire a chiudere il circuito dell'energia pulita, abbiamo bisogno di trovare almeno 6 mila potenziali clienti e di costruire, in questi quattro anni, un numero adeguato di impianti, tra elettrico e foltovoltaico, per soddisfarli».
ENERGIA DEMOCRATICA – A formare il circolo virtuoso, nei tre anni di vita della cooperativa, quasi 400 soci, secondo i dati riportati sul sito. Organizzati a livello locale in gruppi regionali che ogni sei mesi si riuniscono in una grande assemblea popolare, distribuiti in tutto lo Stivale per individuare i siti dove sviluppare gli impianti energetici, e localizzati soprattutto nel nord e centro Italia, e soci all’estero come un italiano trapiantato in Svizzera e due simpatizzanti francesi. Tutti riuniti in una società eterogenea in cui sono presenti studenti, liberi professionisti, impiegati e professori universitari. Tra cui, anche il docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici del Politecnico di Milano Stefano Caserini. «Il sistema cooperativo», afferma Caserini, «è una formula valida per mobilitare il necessario cambiamento energetico, imposto dalla limitatezza di quello attuale che si basa sui sistemi fossili come gas, carbonio e petrolio. Risorse», spiega il professore, «non solo altamente inquinanti, ma anche destinate a esaurirsi nel corso del tempo. Per questa ragione, mi sembrava un buon investimento affidarsi a una cooperativa seria e trasparente come quella messa in piedi da Mariano, perfettamente in linea con lo spirito sul risparmio energetico delle macropolitiche economiche».
ECONOMIA ALTERNATIVA - Diversi i modi per entrare a far parte di Retenergie. Le sottoscrizioni si possono fare direttamente sul sito e si entra a far parte dell’azionariato popolare proposto dalla cooperativa. Dalla partecipazione diretta, con una quota sociale minima per i sovventori di 550 euro intoccabile per almeno dieci anni, che permette a chi non ha le possibilità di costruirsi un impianto proprio di diventare comproprietario di quelli della cooperativa e di dividersi gli utili a fine anno. «Da gennaio 2012», svela Mariano, «apriremo anche la strada dei prestiti sociali, rivalutando il denaro che ci verrà messo a disposizione con interessi fissi del 3%». Oppure, con un’adesione da 50 euro, che mette a disposizione per questa tipologia di soci diversi servizi energetici tra cui la consulenza per le certificazioni energetiche e la riqualificazione degli edifici.
DEONTOLOGIA DELL'ENERGIA PULITA – Per realizzare la filiera dell’energia pulita, tuttavia, la cooperativa si è anche data delle regole contenute in un codice etico redatto dagli stessi soci, che forniscono tutte le direttive su come gli impianti debbano essere realizzati. Indicazioni precise, non solo per la produzione energetica ma anche per la salvaguardia del pianeta. «Ad esempio», spiega Mariano, «per quello che riguarda il fotovoltaico noi siamo assolutamente contrari agli impianti a terra perché riteniamo che il terreno debba essere utilizzato per altri scopi e non per produrre energia. Del resto, ci sono tanti tetti a disposizione e quindi noi lavoriamo su quelli, cercando di affittarli per vent'anni. A volte, riuscendo persino a pagare il diritto di superficie, in cambio degli interventi energetici che ci facciamo sopra. Oppure», conclude Mariano, «per il settore idroelettrico abbiamo intenzione di mettere impianti solo su siti già antropizzati, senza nessun tipo d’intervento sui corsi d’acqua che preveda nuove tubazioni. Per questo motivo lavoriamo solo su canali irrigui, acquedotti e manufatti preesistenti dove noi andiamo soltanto ad appoggiarci per applicare i nostri impianti di produzione».

PaveGen, come ricavare energia dai passi:



E cammina cammina produsse energia! Mattonelle in grado di trasformare l’energia creata dall’impatto al suolo dei piedi, durante una normale camminata, in energia elettrica è la trovata geniale alla base di “PaveGen”.
Laurence Kemball-Cook, un giovane ingegnere inglese a capo della Pavegen Systems ha avuto questa semplice intuizione: sfruttare un movimento naturale e quotidiano per ricavare energia tale da alimentare immediatamente utenze come lampioni stradali, mappe cittadine illuminate, segnali stradali o fermate dell’autobus.
LETTURE CORRELATE: Ecco l’asfalto fotovoltaico
In fase di sperimentazione è stato possibile calcolare come 5 ore di passi e compressioni, lungo una strada affollata, risultano sufficienti ad illuminare una fermata dell’autobus addirittura per mezza giornata.
Con questi numeri si potrebbe ammortizzare il costo della messa in posa delle mattonelle “ecologiche” in appena un anno di attività. Ecologiche perché per costruirle viene utilizzata gomma riciclata di vecchi copertoni.
I possibili utilizzi di questa invenzione sono talmente vasti da sembrare infiniti.
Nel frattempo è arrivata la prova del fuoco “ufficiale”; presto saranno installate 20 piastrelle PaveGen lungo il percorso che collegherà lo stadio Olimpico di Londra al nuovo centro commerciale Westfield Stratford City, aperto di recente nelle vicinanze dello stadio che ospiterà le Olimpiadi inglesi del 2012.
Le stime prevedono che solamente nel primo anno di attività, il centro commerciale sarà invaso da un flusso di circa30 milioni di persone.
Queste cifre assicurerebbero, a detta degli esperti, la copertura , in termini di consumi, della metà dell’impianto di illuminazione esterna del centro commerciale. Vi terremo aggiornati, ci sembra un progetto interessantissimo….

Trasporti e UE, bisogna chiedere di più:


Una notizia può sembrare positiva in apparenza, ma prima di trarre delle conclusioni affrettate è meglio controllare ogni aspetto. È un po' ciò che si può dedurre dall'ultima relazione annuale sulle emissioni dei trasporti redatta dall'Agenzia europea dell'ambiente (Aea).
"I livelli delle emissioni di quasi tutte le sostanze inquinanti derivanti dai mezzi di trasporto sono diminuiti nel 2009 come conseguenza del calo della domanda". In apparenza questa dichiarazione di Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell'Aea, può sembrare positiva, ma la realtà è che senza la crisi economica questo risultato non si sarebbe raggiunto, anzi. Ecco perché McGlade ha voluto aggiungere che bisogna pensare a cambiamenti più radicali nel sistema dei trasporti dell'Unione europea per riuscire a mantenere calante la curva delle emissioni, anche in periodi di crescita dell'economia.
 
È vero, tra il 2000 e il 2010 si sono registrati diversi progressi in termini di efficienza dei veicoli in circolazione in Europa, ma questi sono stati largamente superati dall'aumento della domanda nel settore dei trasporti: tra il 1990 e il 2010 è cresciuta di un terzo facendo aumentare anche le emissioni di CO2 (+27%).
 
Da qui l'esigenza di fare, osare di più. Aumentare la percentuale di automobili alimentate da carburanti alternativi (nel 2009 al 5%) nonostante il prezzo di quelli tradizionali non fornisca ancora forti incoraggiamenti per scegliere mezzi più efficienti. Proporre incentivi e aumentare la rete di distribuzione di metano e gpl. Investire in una rete di stazioni per la ricarica di veicoli elettrici o ibridi. 
 
Il tutto cercando di tenere sotto controllo gli obiettivi che l'Ue si è posta: ridurre del 60 per cento la CO2 prodotta dai trasporti entro il 2050 rispetto ai livelli di vent'anni fa. Un obiettivo che, quando mancano solo quarant'anni, si è fatto ancora più ambizioso. Se si considera che le emissioni sono aumentate dal 1990, la riduzione complessiva ora deve essere del 68 per cento.