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16/11/11

Le scarpe e le t-shirts saranno biodegradabili:


Fibre da latte e cereali: progetti per capi «compostabili» quando non servono più, si possono perfino sotterrare

L'italiano Filippo De Martin che ha progettato “tessuto non tessuto” ricavato da oli di mais o barbabietola
L'italiano Filippo De Martin che ha progettato “tessuto non tessuto” ricavato da oli di mais o barbabietola
MILANO - Scarpe e t-shirt usate biodegradabili per uno sport ecosostenibile. Per il momento è ancora un'idea, un'ipotesi di lavoro, un progetto. Ma la multinazionale Puma, convinta che il futuro della moda e dell'abbigliamento tecnico debbano essere «eco-friendly», è pronta a investire per sviluppare capi che non inquinino e che siano facilmente riciclabili. «Presto saremo in grado di creare le prime scarpe, magliette e borse riciclabili o compostabili», racconta Franz Koch, amministratore delegato, in un'intervista al magazine economico Wirtschaftswoche spiegando che l'azienda tedesca intende diventare la prima multinazionale che produce indumenti sportivi completamente biodegradabili.
PROGETTO - Il progetto si basa sui principi della filosofia del design sostenibile Cradle to Cradle(Dalla culla alla culla): «Segue due circuiti, quello tecnico e quello biologico - continua Koch - . Per esempio posso riciclare le vecchie scarpe e produrne altre nuove oppure con le stesse posso creare prodotti completamente diversi come pneumatici per auto. Nel circuito biologico, invece, posso produrre magliette e scarpe compostabili in modo che una volta che queste non siano più utilizzabili, io le possa distruggere e seppellire nel giardino di casa. Stiamo lavorando assiduamente su prodotti che soddisfino questi due criteri».
FIBRA DI LATTE – L'anno scorso l'azienda tedesca, in collaborazione con lo stilista Yves Béhar, ha presentato Clever Little Bag, una borsa riutilizzabile e fatta di materiale riciclabile che dovrebbe sostituire la classica scatola di cartone che contiene le scarpe. Questo imballo leggero viene prodotto con il 65% di carta in meno e riduce il consumo di acqua, energia e carburante durante la produzione di oltre il 60% all'anno. Come ricorda il Guardian, il mondo della moda e dell'abbigliamento sportivo è sempre più attento a esigenze «verdi». Per esempio lo scorso ottobre la stilista e microbiologa tedesca Anke Domaske ha presentato la sua nuova collezioni di abiti interamente realizzata con tessuto in fibra di latte, materiale "sostenibile" al 100 per cento, mentre a marzo la designer italiana Alberta Ferretti, con Emma Watson come testimonial, ha lanciato Pure Threads, linea di capi in fibra organica ed ecosostenibili.
MAGLIETTE A 2 EURO - La creatività italiana va oltre i capi ecosostenibili ed è proprio un nostro connazionale ad aver trasformato l’idea degli indumenti riciclabili in realtà. Il trentanovenne Filippo De Martin, originario di Treviso, ha presentato “Wear and Toss” un progetto che sviluppa un materiale prodotto interamente da fibre vegetali come la cellulosa o la viscosa e dai polimeri ricavati da oli di mais o barbabietola. Non si sa ancora se questo “tessuto non tessuto”, prodotto in collaborazione con l’ingegnere tessile Nicola Monti e con l’esperto di processi di produzione Lupo Rossi, rivoluzionerà il mondo dell’abbigliamento. Ciò che è certo è che è biodegradabile (una volta usati e non più utili gli indumenti potranno essere gettati nel compost casalingo) e il suo costo, molto basso, potrebbe essere apprezzato dai cittadini italiani in tempo di crisi: «Si tratta di un materiale stabile, un jersey, una maglina morbida, con elasticità e effetto drappo come i normali tessuti e la cosa notevole – spiega De Martin- che è a bassissimo costo: una maglietta arriverà al consumatore solo 2 euro. L'idea mi è venuta nel 2008 durante una vacanza con i miei figli. La quantità di vestiti che sporcano i bambini è impressionante e allora mi sono detto: perché non trovare qualcosa di alternativo, un usa e getta che però eviti l’effetto pannolino e che sia al contrario utile all'ambiente?» Adesso il giovane designer e i suoi collaboratori sono alla ricerca di qualcuno che trasformi il loro prodotto in un progetto industriale: «Cerchiamo un finanziatore che permetta l'avvio della produzione in grande scala e per questo -conclude De Martin- ci stiamo rivolgendo anche all'estero».

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