Aiutaci anche tu a diffondere questo blog, clicca sul quadratino in alto a sinistra CONDIVIDI



24/01/12

Bioenergie: i 24 indicatori per evitare la razzia delle terre nel Terzo mondo


Per un uso efficiente di biomasse e biocombustili e trasformare le potenzialità in opportunità

MILANO - Quale strada seguire per una crescita green? Nel settore bioenergie offre un aiuto il rapporto pubblicato dalla Global Bioenergy Partnership (Gbep): un lavoro che tramite la definizione di 24 indicatori fornisce ai Paesi interessati strumenti operativi per misurare e indirizzare le proprie strategie di sostenibilità.
IL G8 DEL 2005 - Tutto comincia con il G8 di Gleneagles (2005), durante il quale viene evidenziata la necessità di sostenere «un più ampio ed efficiente uso delle biomasse e dei biocombustibili, in particolare nei Paesi in via di sviluppo dove l'uso delle biomasse è prevalente». Nel maggio dell'anno seguente, a New York, componenti pubblici e privati interessati alla materia (23 Paesi e tredici organizzazioni internazionali) si riuniscono in Gbep. La costituzione di una partnership globale ha uno scopo preciso: definire misuratori ambientali, sociali ed economici che possano servire ai decisori politici per soddisfare gli obiettivi nazionali di sviluppo sostenibile.
PERCORSO - Il percorso non è semplice, non solo perché, come sottolinea Maria Michela Morese, a capo del segretariato del Gbep, «lo sviluppo delle bioenergie non è mai avvenuto seguendo una linea uniforme», ma anche perché la sostenibilità è argomento complesso. «Nel 2008, quando abbiamo effettivamente iniziato a lavorarci», continua Morese, «la prima lista di indicatori contava su quasi duecento elementi. Siamo infine giunti a identificarne otto per ciascuno dei tre pilastri dello sviluppo sostenibile: quello ambientale, quello sociale e quello economico. La nostra intenzione? Utilizzare questi 24 indicatori come strumenti per trasformare le potenzialità in opportunità. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo».
PARTECIPAZIONE - Primo accordo globale a livello governativo in materia bioenergie, il rapporto Gbep conta sulla partecipazione delle maggiori potenze del pianeta. «Non ci sono grandi assenti», dichiara Morese, «ma, certo, speriamo in un futuro maggiore coinvolgimento di alcuni soggetti strategici. Mentre grandi economie di transizione come il Messico e il Brasile sono attivi e molto presenti, la Cina e l'India partecipano ancora poco. Confidiamo nel fatto che la definizione degli indicatori di sostenibilità sia per loro di sprone». Per mettere d'accordo le esigenze dei vari Paesi, si è scelto di percorrere la strada dell'adesione volontaria. «Da anni ci siamo resi conto che in un contesto volontario le barriere politiche tendono a scemare: si riesce cioè a discutere più apertamente, e a raggiungere risultati più produttivi rispetto a contesti obbligatori. Siamo convinti che i risultati della Gbep, proprio perché ottenuti su base volontaria, verranno tenuti in grande considerazione a livello governativo nella definizione delle strategia nazionali di sostenibilità».
ESEMPI - Tra gli esempi virtuosi spicca il Giappone, che già ha utilizzato gli indicatori Gbep per misurare la situazione nazionale. «Ma anche Paesi come la Germania, gli Stati Uniti, il Brasile, l'Olanda e l'Italia stanno lavorando nella stessa direzione. Il nostro Paese, in termini di produzione sostenibile di bioenergia, non presenta grandi falle. Abbiamo anzi centri molto avanzati, come l'impianto sperimentale del gruppo Mossi e Ghisolfi, a Crescentino (Vc) che entro la seconda metà del 2012 produrrà bioetanoli di seconda generazione: un'eccellenza su scala mondiale». Per i Paesi in via di sviluppo, la speranza è che gli indicatori «si riflettano poi in strumenti legislativi nazionali. Se per esempio un paese come il Mozambico volesse esportare bioetanolo da canna da zucchero in Europa, per sostenere la Spagna nel raggiungimento dell'obiettivo della direttiva 2009, il famoso 20-20-20», continua Morese, «potrebbe farlo solo dimostrando che la sua produzione è sostenibile. Ecco: gli indicatori Gbep possono aiutare in modo concreto, per fare sì che una simile produzione valga nel conteggio della sostenibilità».
FUTURO - Nel prossimo futuro l'attività di Gbep si concentrerà sul capacity building, «importantissimo soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. In quelli dell'Ecowas (la commissione economica degli Stati africani occidentali) i governi sono ancora scettici sulle bioenergie. Per rafforzare la conoscenza del tema, nel prossimo marzo organizzeremo un forum in Mali: un evento per informare rappresentanti governativi e del settore privato sul tema bioenergetico, e per trasformare i loro timori in possibilità di sviluppo. Ovviamente sostenibile».

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un messaggio qui, dai libertà alle tue opinioni!
No SPAM/SCAN