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04/11/11

Rigenerare i computer, le nuove frontiere green dell'elettronica:


corriere.it

La nuova professione che si è inventato il 39enne milanese Marco Gialdi

MILANO - Rigenerare computer per dargli una seconda vita sul mercato, cambiando pezzi di hardware, estetica e sistemi operativi. È questa la professione di Marco Gialdi, 39enne imprenditore milanese che, grazie alla sua visionaria idea di «rigenerazione informatica», in soli tre anni è riuscito con le sue macchine, anagraficamente vecchie ma totalmente rinnovate, a sbaragliare il campo del pc usato. Vendendo computer rigenerati, operativamente come nuovi, a partire da 100 euro. E, conquistandosi una fetta di mercato, quella dei prodotti elettronici riutilizzati, ancora di nicchia nel nostro Paese.
MESTIERE NUOVO - Un mestiere inventato quasi da zero, a parte la formazione da perito elettronico informatico e, come racconta lo stesso Gialdi, «nato per caso nel 2007 davanti a una birra». Una scommessa al buio che, in una manciata di anni, è riuscita a rigenerare anche la stessa sua azienda. Aprendo anche una nuova speranza per l'Italia sul tema del riutilizzo elettronico, una pratica, secondo le direttive europee, ancora più importante del riciclo. La forza dei sogni e l'etica imprenditoriale - Un’impresa famigliare, la Fastinking di Gialdi, che negli anni Novanta riciclava toner e nastri per stampanti, fiorente e con un trend di crescita del 40% fino al 2004, ma che rischiava di chiudere i battenti e di diventare una delle vittime del Sud-est asiatico e dei loro prezzi concorrenziali. Per poi tornare, nel 2008, sulla cresta dell’onda grazie alla rigenerazione dei pc. Con l'apertura di un nuovo ramo aziendale, chiamato appunto Rigeneriamoci, cominciato con il passaparola, tra amici e conoscenti, per poi allargare il giro alle compagnie di assicurazione, alle banche e alle multinazionali. E che, a oggi, ha fatturato quasi 300 mila euro. Rendendo Gialdi un temibile competitor sia per i broker europei a caccia di tecnologia usata da rivendere e spedire nei Paesi emergenti, sia per le organizzazioni malavitose che operano nell'esportazione illegale dei rifiuti elettronici.
RACCOLTA E RICICLO - «In Italia, soprattutto per quello che riguarda il business dei computer usati», afferma Danilo Bonato, presidente del centro di coordinamento Raee, ossia dei consorzi che in Italia si occupano della raccolta dei prodotti elettronici, «la situazione, purtroppo, è ancora troppo poco trasparente. Ben vengano, quindi, imprese pulite come quella di Gialdi che certificano la tecnologia ritirata. La speculazione sulle materie prime», puntualizza Bonato, «ad esempio il rame delle schede madri, è un pericolo insidioso perché genera il traffico malavitoso e incontrollabile dei rifiuti elettronici. Infatti, sono ancora troppi quelli esportati illegalmente, con il rischio anche di drammatiche conseguenze ambientali, visto che la maggior parte finisce in Paesi sottosviluppati come il Ghana e in alcune zone dell'India e della Cina».
RIGENERAZIONE TECNOLOGICA - «Far rivivere qualcosa», afferma Gialdi, «in questo caso i prodotti informatici, è un concetto molto lontano da quello del riciclo. Che prevede principalmente la trasformazione di un oggetto non più usufruibile al suo stato originale in un altro completamente nuovo. Ad esempio», spiega il rigeneratore, «riciclare è convertire una bottiglietta di plastica in una borsetta all’ultima moda. Invece la rigenerazione – puntualizza Gialdi– è qualcosa di totalmente diverso. Perché far rivivere con la stessa funzione una macchina considerata terminale, vuol dire allungarle la vita con la stessa funzione d’origine». E di vite tecnologiche, il dottore dei computer, in questi ultimi anni, è riuscito ad allungarne veramente tante. Visto che si possono contare più di mille macchine rigenerate. Che, tra cambio di processori, ram e schede video hanno avuto l’opportunità di una seconda vita.
DOCTOR PC - «I vecchi terminali», spiega Gialdi, «dopo un’accurata pulizia che prevede, oltre al ricambio delle componenti interne, il ripristino delle configurazioni e anche l’eliminazione dei graffi in superficie, possono tornare perfettamente funzionali». Spesso, grazie anche all’installazione di sistemi operativi open source, come Linux, che consentono ai vecchi computer con potenzialità di base limitate di appoggiarsi a server esterni per continuare a fare il loro lavoro. «Questa opzione», conclude Gialdi, «è molto richiesta dalle aziende che hanno basato i loro processi e gli impianti industriali su terminali molto vecchi, magari degli anni Ottanta, e che, con questa sistema possono continuare a fare le stesse operazioni senza essere costrette, ogni volta, a rinnovare il parco macchine».
RIFIUTI ELETTRONICI – Una nuova vita per i prodotti tecnologici che, come auspica Danilo Bonato, in futuro potrebbe alleggerire anche il lavoro svolto dal Raee. Attualmente impegnato sul territorio italiano con 3.100 isole di raccolta ecologiche per lo smaltimento dei rifiuti elettronici. «Purtroppo», dice Bonato, «per la raccolta c'è ancora un grande divario tra il nord e il sud Italia. Anche se negli ultimi due anni abbiamo raddoppiato il nostro di smaltimento elettronico, innalzandolo da 2 a 4 chilogrami a persona. Con picchi di 7 chili al nord. Ancora poco», conclude Bonato, «se si pensa ai 16 kg prodotti per ogni abitante nei Paesi del Nord Europa, ma un cambio di marcia significativo soprattutto, dopo la recente modifica della direttiva Ue». Infatti, la proposta appena presentata dalla commissione Ambiente del Parlamento Europeo, prevede un impegno ancora maggiore sul riciclo dei rifiuti elettronici da parte degli Stati membri. La direttiva, già approvata in seconda lettura e che, a gennaio 2012, sarà votata in sessione plenaria per aprire il negoziato con il Consiglio Europeo, vede infatti tra i nuovi obiettivi oltre al recupero delle materie prime preziose anche la contabilizzazione dei rifiuti elettronici. Da farsi con una raccolta strategica, del 85% entro il 2016 per quelli realmente prodotti, e del 65%, tra il 2020 e il 2022, basata su quelli messi in vendita.

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